IL GIALLO DEL DELITTO DI COGNE: LA FRANZONI E QUEL MISTERO DIETRO L’UCCISIONE DI SAMUELE LORENZI
Il delitto di Cogne sarà al centro della nuova puntata di “Ossi di Seppia – Il rumore della memoria”. E’ il 30 gennaio 2002 quando la cronaca nera nazionale sarà sconvolta da uno dei casi più drammatici di sempre: l’omicidio del piccolo Samuele Lorenzi. Il caso che sconvolse l’Italia intera ebbe una enorme rilevanza sul piano mediatico e divise sin da subito l’opinione pubblica. Tutto ebbe inizio con una telefonata partita alle ore 8.28 dall’abitazione di Montroz, frazione di Cogne, al 118. A chiedere aiuto era Annamaria Franzoni, la quale invocava l’intervento dei soccorritori dopo aver trovato il figlioletto di appena tre anni mentre “vomitava sangue” nel proprio lettino. La mamma, disperata, aveva contattato anche la dottoressa Satragni, medico di famiglia, che accorsa sul posto fu la prima ad eseguire una ricostruzione dei fatti parlando sin da subito di morte naturale per aneurisma cerebrale.
Secondo la sua tesi il piccolo Samuele, dopo accortosi di essere da solo in casa, avrebbe avuto un pianto disperato tale da provocargli “l’apertura della testa”. A smentire questa prima tesi furono però i soccorritori e successivamente l’autopsia. Le ferite rinvenute sul corpicino della piccola vittima, infatti, erano riconducibili esclusivamente ad un atto violento e l’autopsia, dopo la morte del bambino, stabilì che la causa del decesso era da ricondurre ad almeno 17 colpi sferrati con un corpo contundente, come evidenziato anche dalla presenza di piccole tracce di rame sulla testa di Samuele.
DELITTO DI COGNE: ANNAMARIA FRANZONI E LE ACCUSE A SUO CARICO
Solo dopo 40 giorni dall’omicidio di Cogne la madre Annamaria Franzoni fu indagata per la morte del figlioletto Samuele ed il 14 marzo dello stesso anno arrestata con l’accusa di omicidio volontario aggravato dal vincolo di parentela. La carenza di indizi portarono poco dopo alla sua scarcerazione ma le indagini non si fermarono e sebbene non fu mai trovata l’arma del delitto, tracce di sangue abbondanti furono ritrovate sul pigiama della madre, nascosto tra le coperte. Tra contraddizioni e numerosi dubbi il 28 giugno prese il via il processo a carico della donna, conclusosi il 19 luglio 2014 con la condanna in primo grado a carico di Annamaria Franzoni, con rito abbreviato, alla pena di 30 anni di reclusione. L’iter processuale fu tutt’altro che semplice: la procura di Torino ipotizzò l’inquinamento della scena del delitto dando così inizio al cosiddetto Cogne-bis. L’inchiesta si concluse solo anni dopo con la condanna della sola Franzoni a due anni per calunnia.
ANNAMARIA FRANZONI: I PROCESSI, LA DETENZIONE ED IL RITORNO ALLA LIBERTÀ
Il caso di Cogne ebbe una grandissima esposizione mediatica e per Annamaria Franzoni, accusata di aver ucciso il figlio di appena 3 anni, questo si trasformò in un vero e proprio boomerang. Indimenticabile, ad esempio, l’intervista tv che la vide protagonista, quando dopo aver singhiozzato per l’intera durata ricordando il figlio morto, al termine rivolgendosi al giornalista aveva chiesto, asciugandosi gli occhi: “Ho pianto troppo?”. Il 16 novembre 2005 prese il via il processo d’Appello, terminato con la condanna a carico della donna il 27 aprile del 2007: la pena fu ridotta a 16 anni. La medesima sentenza fu poi confermata in via definitiva dalla Cassazione nel 2008. Per gli ermellini, il piccolo Samuele fu ucciso dalla madre a causa di un capriccio del piccolo. Dopo aver scontato 6 anni di carcere e 5 ai domiciliari la donna ha estinto la pena per buona condotta, godendo anche di tre anni di indulto. L’arma del delitto non fu mai trovata così come i dubbi sul movente non furono mai del tutto chiariti. Nonostante questo per i giudici della Cassazione, alla luce del quadro indiziario, fu lei l’unica colpevole della morte del bambino. A fine 2018, dopo aver scontato definitivamente la sua condanna, Annamaria Franzoni è considerata una donna a tutti gli effetti libera. La notizia divenne di pubblico dominio solo nel febbraio del 2019 ed ancora una volta divise l’opinione pubblica, così come era accaduto quasi un ventennio prima.