Delitto di Garlasco: tra i reperti potenzialmente utili alla nuova inchiesta in cui è indagato Andrea Sempio (iscritto nuovamente nel registro notizie di reato per l’ipotesi di omicidio in concorso con ignoti o con Alberto Stasi, già processato e in carcere con una pena definitiva di 16 anni di reclusione), c’è anche un frammento del tappeto del bagno imbrattato dall’assassino di Chiara Poggi.
È su quel tappetino che il killer si sarebbe soffermato, forse per guardarsi allo specchio e “ricomporsi” dopo la furia omicida, e avrebbe lasciato le impronte insanguinate dopo aver assassinato brutalmente la 26enne con un’arma mai ritrovata. È su tale reperto, riporta Il Giorno, che la Procura di Pavia ha chiesto al gip di eseguire nuove analisi a caccia di un profilo di Dna dirimente. Un’istanza nella quale, spiega La Provincia Pavese, i pm sottolineano che all’epoca quel frammento di tessuto non aveva dato alcun esito “per problemi di inibizione della reazione di amplificazione“.
Tecnicismi che, in sintesi, dicono una cosa molto semplice: forse oggi, alla luce del progresso in materia di indagini sul materiale genetico, si può trovare un elemento decisivo per spazzare via l’ombra del ragionevole dubbio che, giocoforza, insiste da 18 anni sulla posizione dell’unico condannato.
Delitto di Garlasco, non solo il tappetino: gli altri reperti al centro della nuova inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi
Secondo l’accusa a carico di Alberto Stasi, su quel tappetino del bagno il giovane sostò per lavarsi dopo aver ucciso Chiara Poggi. Ma la presenza dei 4 lunghi capelli scuri individuati sul lavandino (clamorosamente mai analizzati e andati perduti) esclude, a rigor di logica, che l’assassino abbia agito secondo tale ricostruzione.
Più probabile che chi ha ucciso la 26enne si sia semplicemente specchiato per controllare di non avere troppo sangue addosso, senza però aprire il rubinetto. Il ritrovamento del frammento di tappeto tra i reperti scampati alla distruzione in questi 18 anni consentirà di eseguire i nuovi accertamenti genetici chiesti dai consulente della Procura, il genetista Carlo Previderè (lo stesso che, nei mesi scorsi, avrebbe già confermato la presenza del Dna di Andrea Sempio sulle unghie di Chiara Poggi come evidenziato, nel 2016, dalla difesa di Alberto Stasi).
Tra i reperti da analizzare ci sarebbero 27 provette oltre a diversi tamponi della vittima, dei familiari e dello stesso fidanzato, ma non solo: focus anche su un contenitore vuoto di tè, una confezione di plastica vuota di yogurt e una che avrebbe contenuto dei biscotti, e un sacchetto per la spazzatura. Particolare attenzione avrebbe destato la presenza di un tampone orale della vittima prelevato in sede autoptica e mai sottoposto ad esami genetici.