OMICIDIO CHIARA POGGI, DAI MISTERI AL SUPER TESTIMONE
Dopo la riapertura del delitto Garlasco, emergono nuovi gialli e misteri che potrebbero cambiare la storia dell’omicidio di Chiara Poggi. In carcere c’è Alberto Stasi, cui però non fanno riferimento i due presunti testimoni oculari che transitavano nelle vicinanze della casa della vittima. Si tratta di uno dei tanti particolari su cui ci si interroga ora, perché appare strano che il tecnico del gas Marco Muschitta abbia visto una ragazza in sella a una bici con un piedistallo in mano, un oggetto coerente con il corpo contundente metallico che avrebbe usato l’assassino per colpire Chiara, ma non abbia fatto alcun riferimento all’allora fidanzato della vittima. Peraltro, si rimangiò tutto in un secondo momento.
Ma a non fare riferimento a Stasi anche un commerciante che raccontò di aver visto un suv guidato da una donna in una strada trasversale alla villa. Stasi non compare neanche nel racconto del super testimone a Le Iene, la cui intervista non è stata mandata in onda, perché la procura di Pavia l’ha acquisita e secretata per convocare l’uomo, un residente dell’uomo che all’epoca del delitto di Garlasco aveva circa 40 anni. “Qui non si parla di errori, ma di volontà. Un mese dopo il delitto io avevo delle cose da dire, ma non c’è stata l’intenzione di ascoltare“, ha dichiarato al programma.
C’è poi il giallo degli strani suicidi, legati a un santuario misterioso finito al centro di una vicenda di ricatti a sfondo sessuale. C’è la strana morte di un anziano che, secondo quanto riportato da Il Tempo, potrebbe aver visto qualcosa di strano. Fu poi trovato morto tra un muro e un palazzo, con polsi e gola tagliati. Per i carabinieri si era suicidato, ma non venne trovato alcun coltello nelle vicinanze e non è mai stato spiegato se si fosse sgozzato prima o dopo il taglio ai polsi.
DELITTO DI GARLASCO, IL GIALLO DELLA NICOTINA
In questi giorni è riemerso anche un altro particolare, quello della nicotina trovata sui capelli di Chiara Poggi, ma Alberto Stasi, l’ultima persona che verosimilmente avrebbe visto la ragazza prima di morire, visto che è stato ritenuto autore del delitto di Garlasco, non fuma. Le tracce emersero dalla perizia tossicologica del 2008: si stabilì che erano frutto di un’esposizione prolungata alle esalazioni passive di sigaretta di chi le stava vicino. Alberto Stasi non fuma, il padre di Chiara Poggi sì, ma era in vacanza con la moglie da una settimana. Inoltre, le tracce sono state individuate nella parte finale e centrale dei capelli, ma soprattutto in quella più vicina al cuoio capelluto, a conferma dell’esposizione prolungata al fumo.
Alcune foto dei carabinieri sul luogo del delitto mostrano un portacenere con segni da cui si evince che sarebbe stato usato, ma senza mozziconi. Sono stati fatti sparire? Sono stati acquisiti prima delle foto? D’altra parte, si ritiene, come evidenziato dall’Adnkronos, che questo particolare possa essere spiegato col fatto che il padre di Chiara Poggi fosse un forte fumatore e che fumasse in cucina, quindi visto che la nicotina resta a lungo nei capelli e sui vestiti di chi a a che fare con i fumatori, potrebbero spiegarsi così quelle tracce, come evidenziato nelle motivazioni della sentenza d’appello bis.
LE PISTE ALTERNATIVE SCARTATE
Ci sono delle piste alternative, però, che sono state già esaminate e scartate. Ad esempio, non è emerso nulla sulla “doppia vita” adombrata dalla difesa: non sono state riscontrate frequentazioni anomale ed è stata smentita l’ipotesi di un secondo cellulare. Le indagini seguirono anche la pista dello sconosciuto, ma anche il particolare dei cassetti di un mobile fu smontato. Per la difesa erano semiaperti, ma dalle foto dei carabinieri di Pavia si evince che erano chiusi, ma non allineati perfettamente alla cornice della cassettiera, come accade spesso nei mobili vecchi.
L’ipotesi del ladro sconosciuto che abbia ucciso Chiara Poggi dopo averla sorpresa in casa e che abbia richiuso i cassetti dopo averli trafugati fu giudicata inverosimile dai giudici. Inoltre, sarebbe subito scappato dopo l’aggressione, anziché attardarsi per nascondere il corpo. Ma l’ipotesi dello sconosciuto aggressore è ritenuta inverosimile anche perché la vittima non si è difesa, quindi si fidava della persona a cui aveva aperto la morta e non si aspettava di essere colpita.