Non è ancora arrivata sul tavolo di Palazzo Chigi, eppure la bozza Orlando-Todde sul Decreto Delocalizzazioni potrebbe già essere modificata/stralciata: l’impianto dell’intervengo ideato dal Ministro del Lavoro (Pd) e dalla sottosegretaria al MISE (M5s) non pare affatto piaciuto al titolare dello Sviluppo Economico e n.2 della Lega, intenzionato a far cambiare il testo del decreto o comunque modificarlo sensibilmente.



Dopo la bocciatura pubblica giunta dal Presidente di Confindustria Carlo Bonomi al Meeting di Rimini, oggi su “La Stampa” si citano fonti vicine a Giancarlo Giorgetti per ribadire l’irritazione per un decreto al momento visto solo da Orlando e Todde. «Non esiste», avrebbe ribadito il Ministro dello Sviluppo Economico in riferimento alla norma che cercherebbe di impedire la localizzazione all’estero delle imprese italiane. Un’altra fonte a “La Stampa” rivela come «Giorgetti non è stato minimamente coinvolto in questa operazione». Insomma, è uscita prima sui giornali che sul tavolo del MISE o di Palazzo Chigi, elemento che avrebbe fatto irrigidire e non poco l’importante uomo diplomatico in seno al Governo e nel Centrodestra, per il momento ancora in modalità “no comment” in attesa di capire come risolvere l’intricata matassa sull’asse M5s-Pd contro Lega-FI-Iv (per quanto riguarda le tematiche su lavoro e licenziamenti).



COSA PREVEDE IL DL DELOCALIZZAZIONI E PERCHÈ GIORGETTI NON LO CONDIVIDE

Sono in tutto 5 gli articoli che compongono il Decreto Delocalizzazioni preparato da Orlando e Todde: in buona sostanza, la norma obbligherebbe le imprese con almeno 250 dipendenti di prevedere un piano di mitigazione dell’impatto occupazionale prima della chiusura. Come ha spiegato Bonomi nel suo intervento al Meeting molto duro contro la norma Orlando, con questo decreto si impone a chiunque voglia spostare la propria azienda all’estero l’obbligo di comunicazione per tempo alle istituzioni locali, al Governo e ai sindacati. «Le aziende che violano le norme finiscono in una black list e non potranno avere accesso a contributi e finanziamenti pubblici per cinque anni», si legge nelle anticipazioni finora emerse, ma non solo: la bozza del Dl aumenta di 10 volte il contenuto di licenziamento e fissa una multa del 2% del fatturato per le multinazionali che violeranno la regola. Giorgetti però, già tempo prima l’intemerata di Bonomi contro il Ministro del Lavoro, aveva già espresso il suo criterio inderogabile in materia: «qualsiasi misura introdotta non debba essere punitiva. Altrimenti si corre il rischio di bloccare le imprese straniere che vogliono investire in Italia». Secondo il n.2 della Lega piuttosto che penalizzare le aziende, occorre in periodi di crisi come questi supportare il più possibile gli imprenditori, premiando chi punta i propri investimenti nelle aree di crisi e chi si impegna a formare i disoccupati: no atteggiamenti sanzionatori, ma meccanismi di incentivi per le azioni “virtuose” nel vasto mondo dell’imprenditoria.

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