L’ARCIVESCOVO DELPINI: “MILANO NON È UN MODELLO, È UN COMPITO”
L’arcivescovo di Milano, Mons. Delpini – o come lui chiede di essere chiamato nelle sue visite pastorali “Don Mario” – ne è certo: «Milano non è un modello, non è Utopia di San Tommaso Moro», ma non è neanche «Babilonia». Nelle settimane dove diversi problemi sono emersi anche nelle cronache nazionali in merito alla città di Milano, tra furti, degrado, caos immigrazione e violenze, l’arcivescovo è stato intervistato da “Il Giorno” per parlare proprio di quei temi che hanno minato l’aurea di “modello” che è sempre stata imputata alla vera metropoli d’Italia.
«Milano non è la città di Utopia. Non è neppure Babilonia la grande, la madre delle prostitute, ubriaca del sangue dei santi, per citare l’Apocalisse», ha spiegato Mons. Delpini riflettendo sugli esempi letterari delle “città ideali”. Più che un modello dunque, Milano «è un compito. L’ambizione di essere un modello è segno di una presunzione. La determinazione a costruire una città abitabile e accogliente, solidale ed esigente è segno di una risposta alla vocazione, è la fierezza di affrontare le proprie responsabilità in modo serio e capace». Il prelato è sempre in visita alle varie realtà pastorali della Diocesi di Milano e critica anche con netta “ferocia” lo schema “centro-periferia” che sta portando sempre più a disparità e disuguaglianze letali: «La visita pastorale che sto compiendo a Milano in questi mesi è motivo di meraviglia e gratitudine. La presenza della comunità cristiana è capillare, le difficoltà della gente hanno impegnato molti a dare vita a forme ammirevoli di solidarietà. I bisogni sono più grandi delle risorse disponibili e della generosità delle persone. Il bisogno più grande e meno avvertito è quello di una speranza che sostenga la sproporzione senza lasciarsi cadere le braccia. Chi ha una speranza da condividere? I cristiani, pur così impegnati come sono, forse sono inclini a una discrezione che sa troppo di timidezza».
FUTURO MILANO, MONS. DELPINI: “RIVOLUZIONE CULTURA È VITA COME VOCAZIONE”
Un’emergenza cronica con più “facce” è quella racconta da Mons. Mario Delpini nell’intervista ai giornali facenti riferimento al QN: «Chi governa la città? Forse il grande capitale che aggredisce la società per spremerne profitto? Forse la malavita organizzata che con soldi che grondano sangue vuole comprare un vestito presentabile? Forse i cittadini che non vanno a votare e si ritagliano un appartamento tranquillo dietro porte corazzate? Forse un individualismo radicale che intende la solitudine come una situazione rassicurante a motivo della persuasione che gli altri siano inaffidabili e che nessun amore è destinato a durare?». L’arcivescovo di Milano auspica per la sua gente quello stesso desiderio di Dio che è testimoniato dal Vangelo di Gesù, ovvero «che nessuno sia solo»; per questo i cristiani, sottolinea ancora Delpini, «si dedicano a promuovere la famiglia, la solidarietà, l’ospitalità. Non hanno la soluzione per tutti i problemi. Non presumono di essere migliori degli altri. Sono uomini e donne di buona volontà e camminano insieme e fiduciosi con tutti gli uomini e le donne di buona volontà».
Tanti i nemici contro i cristiani ma in generale contro l’operosità delle persone per bene a Milano: «La burocrazia, la corruzione, i poteri forti che non abitano da nessuna parte e sono dappertutto. I cristiani non possono però arrendersi: amano il futuro». Mons. Delpini critica l’eccessivo uso di una cronaca “allarmata” per settori che crea delle “mode” nelle allerte e non risolve nulla: «La cronaca seleziona le notizie: vuole indurre a disperare dell’umanità e a irridere le istituzioni. I titoli gridati coprono le parole semplici e buone, la presenza coraggiosa con cui le persone buone, le forze dell’ordine, le associazioni, cercano di contrastare la barbarie, la follia, l’aggressività scatenata. Ogni giorno si combatte la battaglia. Talora tocca riconoscere sconfitte e piangere perché nella gente di Milano il soffrire altrui fa soffrire e anche arrabbiare». Al netto delle enfasi della cronaca, i problemi a Milano ci sono e sono evidenti e così quella rivoluzione “spirituale e culturale” tanto attesa non può dirsi affatto ancora raggiunta: «cosa la frena?», spiega Mons. Delpini, «Chi non ha stima di sé è incline alla rassegnazione: la rivoluzione spirituale rivela che la vita non è una sistemazione rassegnata, ma una vocazione. Chi guarda agli altri con diffidenza e indifferenza è incline all’individualismo: la rivoluzione culturale è la decisione di costruire un’alleanza fondata sulla stima reciproca».