IL DIALOGO TRA L’ARCIVESCOVO DI MILANO DELPINI E LA SENATRICE A VITA LILIANA SEGRE

I giovani e la passione di educare per costruire il futuro: solo così è possibile comunicare un bene “positivo” alle nuove generazioni. Su “Avvenire” è stato pubblicato un lungo brano dell’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, tratto libro “La memoria che educa al bene” edito da San Paolo. A sua volta, il saggio di Delpini è frutto di un intenso dialogo pubblico a Milano con la senatrice a vita Liliana Segre: un evento dedicato all’impegno di accompagnare i giovani nella crescita, «Senza negare i limiti e gli ostacoli, testimoniamo loro la speranza».



«Non volevamo un esperto, ma una testimone di alto livello di quella “grammatica dell’umano” di cui gli adulti hanno più bisogno oggi», sottolineava l’arcivescovo di Milano invitando Segre a partecipare all’incontro da cui poi è tratto il nuovo libro di Delpini. È un continuo spunto sulla testimonianza dell’educazione in un mondo come quello odierno dove da più parti si reclama la necessità di “educare” senza però spesso comprendere a fondo l’origine del senso educativo e pure l’obiettivo finale verso cui accompagnare i giovani. Spiega mons. Delpini che chiunque di noi si mette a correre solo se ha una meta, cioè se c’è una direzione in cui andare, un obiettivo desiderabile, un futuro che merita di essere vissuto: «se noi adulti procuriamo il necessario, se ci preoccupiamo di creare condizioni di crescita favorevoli, ma non abbiamo una speranza da condividere, come faranno i nostri figli a camminare con convinzione e in pace?», riflette l’arcivescovo nelle pagine anticipate da “Avvenire”. Delpini crede fermamente nel cammino “orientato” di persone continuamente chiamate per nome: «questo richiamo è personale e denso di significato. È Dio che mi dice: “Mario, io ho stima di te e mi aspetto del bene da te”». È in forza di questa vocazione, aggiunge l’arcivescovo, che «nessuno di noi è un numero e nessuno di noi è una presenza qualsiasi». Siamo così autorizzati ad avere stima di noi stessi, se questa vita mi chiama, se questa promessa mi interpella «è perché io non sono uno dei tanti. In questo clima e con questo sguardo, con questa capacità di ascolto di una voce rivolta a me come persona unica e preziosa, scopro di non essere al mondo per farmi servire dagli altri, ma esisto perché ho la responsabilità di mettere a frutto i miei talenti».



MONS. DELPINI: I GIOVANI, L’EDUCAZIONE E LA PASSIONE PER IL FUTURO

«Il futuro non sarà né migliore né peggiore di adesso: sarà come lo faremo»: così ancora l’arcivescovo Delpini nel dialogo proficuo con la senatrice Segre a Milano (qui sotto il video completo dell’iniziativa, ndr). Ecco perché tirar fuori i propri talenti, ecco perché ai giovani e a noi tutti è sempre chiesto il meglio delle nostre possibilità, «ecco per cosa investire le nostre risorse e il nostro tempo. Quando trasmettiamo ai giovani la passione di essere costruttori di futuro, li liberiamo dal timore di essere invece vittime del flusso inesorabile della storia».



Il compito di affrontare l’emergenza educativa comincia sempre di nuovo ogni giorno e in ogni epoca, ma per l’arcivescovo di Milano sono primariamente tre i punti di riferimento da cui partire: in primis, l’essere adulti che non scoraggiano. Scrive Delpini: «Basta lamentarci: piuttosto chiediamo perdono, se ci sono stati degli errori, e da questa richiesta e da questo dono traiamo visione ed energia per andare avanti meglio». In secondo luogo, serve che noi adulti viviamo una speranza che è già la risposta ad una promessa più grande, e quindi «il coltivare e trasmettere ai giovani di chi sa rendere ragione del proprio cammino, senza negarne i limiti, e sa spiegare perché vede un futuro e quale futuro vede». Da ultimo, occorre una consapevolezza «che siamo chiamati per nome e non confusi in una massa e che proprio da ciascuno di noi, autorizzato a credere in se stesso, può nascere un pezzetto del futuro che desideriamo».