Perle di saggezza. «Le informazioni giunte nell’ultimo mese hanno confermato le attese della Banca centrale europea sulle prospettive dell’economia dell’area euro: un miglioramento durante il secondo semestre di quest’anno che prelude una “graduale ripresa” nel 2010». Lo ha affermato il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, durante la conferenza stampa a seguito della riunione del Consiglio direttivo nella quale è stato deciso di mantenere all’1% il tasso d’interesse nell’eurozona.

Ma, perché c’è sempre un ma, «molti governi dell’area euro stanno assistendo a forti peggioramenti dei conti pubblici, che se non affrontati con la dovuta energia e credibilità potrebbero minare seriamente la fiducia e la ripresa economica». Inoltre i crescenti deficit di bilancio e debiti pubblici potrebbero compromettere «lo stesso compito della Bce di mantenere la stabilità prezzi», ha aggiunto l’oracolo di Francoforte.

Per questo l’istituzione monetaria chiede ai governi di approntare e comunicare quanto prima “strategie di uscita credibili” dalle misure anti crisi e dalla deriva dei conti pubblici. Ma non solo. Per Trichet «un dollaro forte è nell’interesse degli Stati Uniti. È importante in questa situazione economica attuale». Alla Fed non attendevano altro che questa geniale intuizione, Washington può finalmente respirare.

Ma dopo questa messe di ovvietà, il buon Trichet ha finalmente detto qualcosa di interessante. Ovvero che a dicembre la Banca centrale europea potrebbe decidere se porre termine a una delle sue misure straordinarie sulle liquidità a favore delle banche, la concessione di rifinanziamenti prolungati a tassi fissi su 12 mesi. «Sui rifinanziamenti a un anno vi rinvio al Consiglio del mese prossimo. Il mercato non si attende che proseguiamo e non dirò nulla per cambiare tutto questo».

Prepariamoci, quindi, a un massacro bancario per l’inizio del prossimo anno. Già, perché anche mentre la Bank of England decideva di mantenere i tassi praticamente a zero e ampliava a 200 miliardi di sterline il suo programma di quantitative easing, la seconda banca del Regno Unito – Barclays – rendeva noto che il credito alla persona era sceso del 61%,mentre il ramo trading era raddoppiato.

E, con le dovute proporzioni, tutte le banche stanno facendo lo stesso: riserve, core tier 1 da mettere a posto e via a investire in questo mercato del toro garantito da governi e banche centrali. Chissenefrega di famiglie e piccole medie imprese, l’anno prossimo porterà con sé una gelata degna della campagna di Russia, quindi occorre massimizzare oggi i profitti per non morire a febbraio: quando, tra parentesi, saranno già morte in tutta Europa milioni di aziende che non beneficiano degli ammortizzatori dedicati unicamente alla grande industria quasi fossimo ancora negli anni Cinquanta e Sessanta.

D’altronde è inutile prenderci in giro, ci meritiamo chi ci governa: politicamente ed economicamente. Basti prendere un dato su tutti per capire quanto l’opinione pubblica sia manipolabile: la produttività industriale degli Stati Uniti è cresciuta più del previsto nel terzo trimestre e al ritmo più sostenuto degli ultimi sei anni. Evviva!!

 

Il dato, reso noto dal dipartimento del Lavoro, ha mostrato un aumento del 9,5% su base annuale, molto più alto del 6,4% previsto dagli analisti. Il dipartimento del Lavoro ha comunicato anche che nello stesso periodo di tempo le pressioni inflazionistiche, misurate dai costi unitari del lavoro, sono diminuite del 5,2%. Gli analisti avevano previsto un calo del 4,5%: nel secondo trimestre i costi unitari del lavoro erano calati del 6,1%.

 

Sono cifre che danno alla Federal Reserve un incentivo a mantenere la sua attuale politica monetaria espansiva, ovvero a stampare denaro finto a costo zero, ingrandire la bolla della liquidità e spianare la strada alla super-inflazione. Pazzi, pazzi senza speranza.

 

Anche perché, nonostante Wall Street e l’americano medio brindino a questa notizia, un’alta produttività significa che le aziende sono più efficienti ma questo, in tempi di recessione o all’inizio di una ripresa come vorrebbero farci credere, avviene a spese dei posti di lavoro che vengono eliminati per ridurre i costi. Disoccupati e felici, siamo al paradosso totale nell’epoca dell’inganno.

 

Vi chiederete il perché di questo surplus di pessimismo e vi rispondo subito: ho letto i nuovi documenti resi noto in virtù del Freedom of Information Act riguardo la truffa posta in essere da Bernard Madoff, il moderno Ponzi che ha fregato poveretti e miliardari con la stessa elementare facilità.

 

Bene, stando a quanto richiesto dalla Cnbc in nome del diritto-dovere di cronaca, da ieri sappiamo che quanto fatto dalla Sec, l’autorità di vigilanza dei mercati Usa, dal 1992 al 2006 – questo il margine di tempo durante il quale Madoff è stato controllato – è stata una totale perdite di tempo. Lo stesso finanziere-truffatore, dal carcere, ha reso noto il suo stupore: «Pensavo che mi beccassero molto prima», ha dichiarato. Capito a chi siamo in mano, chi sono i controllori?

 

Di più, stando a quanto emerge nelle menti raffinate degli investigatori della Sec, per anni e anni non si era mai insediato il dubbio che si trattasse di uno schema Ponzi, ovvero di una truffa tra le più semplici al mondo: scandagliavano i flussi in entrata e uscita, ascoltavano le telefonate, passavano al setaccio conti e documenti, ma tutto ciò che facevano era chiedersi come quel diavolo di Madoff riuscisse a fare tanti soldi in tempo di crisi e così velocemente.

 

Povere anime candide, farebbero tenerezza se non fossero chiamati a vigilare sui mercati al fine di evitare colossali fregature di massa come quella perpetrata da Madoff. Il quale, tra parentesi, sta pagando per tutti: lui ha certamente truffato, ma chi gli affidava i soldi credendo alle sue promesse era nelle migliori delle ipotesi un idiota o nella peggiore un avido speculatore che un po’ si è meritato la fregatura, visto che pur di guadagnare non leggeva prospetti e non faceva domande.

 

Verrebbe da chiedersi perché a fare compagnia a Madoff non ci siano qualche centinaio di amministratori delegati di banche sparse per il mondo – visto quanto emerso nel corso di questa crisi – ma si sa che le grisaglie sono più fotogeniche nei convegni che nelle foto segnaletiche. Probabilmente Bertold Brecht aveva anticipato la crisi quando coniò il suo famoso aforisma.

 

Tornando a Madoff, sempre ieri abbiamo scoperto che la Sec aveva imboccato la strada giusta solo nel 2006 e non per merito suo, ma per la collaborazione di un detective privato, Harry Markopolos, che aveva mostrato ai gendarmi della Borsa la luna e non il dito che continuavano ad osservare. Le conclusioni dei documenti presentati ieri da Cnbc sono devastanti: «La Sec e il suo personale certamente indagarono su Madoff ma lo staff si rivelò carente di esperienza, scettico verso le tesi di Markopolos e oberato di lavoro».

 

A conferma di questo c’è una mail del 2004 scritta dall’enforcement attorney della Sec, Jason Gettinger, nella quale l’ufficiale scriveva: «Dobbiamo smetterla di buttare via risorse cercando uno schema Ponzi in questa faccenda». Di più ancora, lo stesso Madoff dal carcere ha fatto sapere che «la mia credibilità come ex capo del Nasdaq era sufficiente affinché nel quartier generale della Sec non si facessero troppo domande». Non so voi ma il mio tasso, già limitato, di ottimismo è svanito. Buon fine settimana, la prossima probabilmente sarà peggio. In attesa della grande bolla del 2010.