È sempre sgradevole doverlo constatare, ma in Italia l’idea di Europa appare un concetto astratto ad uso e consumo di logiche politiche interne. Finita la conta dei voti, nessuno più si preoccupa di quale sia la reale portata dello scontro in atto a Bruxelles: a destra come a sinistra ci si limita a starnazzare su chi ha vinto e chi ha perso. Per come stanno andando le cose, stiamo perdendo tutti.
Grazie al cielo, dall’altro ieri a prendere la guida dell’Ue attraverso il meccanismo della presidenza a rotazione è stata la Svezia la quale, attraverso il proprio ministro per i mercati finanziari Mats Odell, ha detto chiaro e tondo a Germania e Francia che la loro volontà punitiva verso i settori di private equity e investimento speculativo, i famigerati hedge funds, è eccessiva e controproducente visto che non sono certo stati gli operatori di quelle branche del mercato a generare la crisi, ma le banche istituzionali che la Bce sta salvando con iniezioni di denaro degne dell’Unione Sovietica.
Ma si sa, l’Europa è un concetto astratto, non ci interessa nonostante l’80% delle leggi nazionali siano ormai decise da Bruxelles. Con la solita protervia tutta teutonica – nulla come i nobili decaduti fa tristezza e ci rimanda alla figura paradossale del conte Mascetti di “Amici miei” – il ministro delle Finanze Tedesco, Peter Steinbruck ha tuonato da Berlino contro la volontà di Londra di tutelare la City come primario centro finanziario europeo e di non voler procedere verso necessarie misure regolatorie.
Qualcuno dovrebbe avere il coraggio di alzarsi e dire al buon Steinbruck che da regolare – e con durezza – sarebbero le disfunzionali banche tedesche, zombie pronti a esplodere con leva di leverage da far spavento e capaci di innescare un domino devastante in tutta Europa. Gli hedge funds non rovinano proprio nessuno, hanno inciso per meno del 5% nella crisi e invece creano ricchezza e cash flow per gli esangui mercati azionari. Ne sa qualcosa la tedeschissima Porsche che, dopo aver dato vita a un’operazione di aggiotaggio informativo da far spavento, grazie agli hedge funds ha fatto una montagna di soldi costringendo i fondi a chiudere le loro posizioni short a qualsiasi prezzo per onorare gli acquisti al ribasso su Volkswagen. Ma si sa, meglio parlare di prostitute prezzolate e idiozie simili piuttosto che del nostro futuro. Il quale, se non viene fermato il progetto egemonico franco-tedesco, sarà di sudditi.
La vicenda della candidatura dell’onorevole Mario Mauro a presidente del Parlamento Europeo è esemplificativa di quanto stia accadendo: i tedeschi, per continuare a fare i comodi loro sottobanco con la Russia, vogliono ammansire i polacchi garantendo loro questa carica. E l’Italia cosa fa? Tace e lascia Mario Mauro a combattere da solo una battaglia che è di tutti noi: se il Parlamento fosse una multinazionale basata sul merito andrebbe chiusa domani mattina. Tutti, nessuno escluso, a partire dagli esponenti del PdL che dovrebbero essere sulle barricate in questa battaglia e invece fanno a gara a chi dice la cosa meno intelligente (sport in cui spesso eccellono).
Se passa l’idea di Europa che vogliono Parigi e Berlino, Londra lentamente si sgancerà dall’Ue per approdare all’Efta e noi saremo ridotti al ruolo di parenti poveri: la discussione sulla ratifica del Trattato di Lisbona o le discussioni sul Budget non sono materie per addetti ai lavori, dovrebbero essere il pane quotidiano dei nostri politici. I quali, invece, a stento sanno dove sia Bruxelles. L’Olanda è pronta prendere posizione contro l’asse renano, la Svezia presidente di turno – che quindi menerà le danze quando si dovrà decidere sulla regolamentazione dei mercati finanziari – anche, la stessa Polonia è “corrompibile” se si gioca la carta dei sussidi agricoli da vergogna sovietica di cui godono Francia e Germania. Perché l’Italia dorme? Perché non prende posizione avendo un candidato di altissimo livello capace di spezzare finalmente l’egemonia di Berlino, partendo anche dal presupposto che la Germania è ormai un paese in declino e certe manie di protagonismo appaiono come le ansie di piacere di certe donne di mezza età che non accettano il passare degli anni?
Un primo passo? Pestiamo i piedi a Berlino, visto come si comportò all’epoca della battaglia per il riconoscimento del vino Tocai: in questi giorni in sede europea si sta dirimendo la disputa sulla birra olandese Bavaria che i produttori bavaresi vorrebbero fosse costretta a cambiare nome poiché induce in errore chi la beve pensando che sia tedesca. Berlino chiede lo stesso status del prosciutto di Parma o della Feta greca per la birra bavarese: schieriamoci con l’Olanda e vediamo cosa succede. Insomma, alziamo la testa e non lasciamo Mario Mauro da solo a compiere questo sforzo. Che, giova ricordarlo, è per il bene di tutti, non per ottenere una carica inutile di cui fregiarsi.