Non starò a tediarvi con i pomposi proclami di ieri della Bce visto che oggi li leggerete su tutti i giornali. Riassumendo, la recessione è ormai passata e il Pil di Francia e Germania è tornato sorprendentemente a salire. Al Bagaglino non sanno fare di meglio, c’è da ammetterlo.

La Germania non ha elementi macro che presentino fondamentali a supporto di questa tesi e le sue banche giacciono su una bomba ad orologeria di qualche centinaia di miliardi di euro di titoli tossici da scaricare, lo dice la BaFin, ente regolatore dei mercati, non il sottoscritto. Berlino sarà quindi costretta a dar vita, finalmente, alla bad bank per convogliare l’immondizia che giace negli assets bancari e certamente non al mark-to-market: con un esborso del genere, destinato a mettere i pattini al debito pubblico, come si possa essere ottimisti lo sa solo Trichet. Il quale, ormai, si occupa unicamente dell’esistente: di quello che accadrà domani se ne lava le mani.

La Francia, poi, sta spacciando per investimento un mega-bond da 80 miliardi di euro che altro non è se non uno stimolo fiscale che infrange le regole europee e il patto di stabilità: siamo capaci tutti di batterci contro Tyson se questo è legato mani e piedi a una sedia, anche se la Lagarde è più affascinante di Tremonti questo non le permette di giocare al di fuori delle regole.

Ma eurofrescacce a parte, alcune indicazioni offerte dagli analisti ai grossi investitori sul mercato londinese ci danno l’esatta proporzione di quanto ci attende. Bob Janjuah di Royal Bank of Scotland sta avvertendo tutti di lanciarsi sulle prese di profitto sull’equity globale e sulle commodities in attesa che l’autunno ci regali un altro orso, questa volta un Grizzlie però. Di più, dopo aver scaricato l’opzione consigliata sono bond tedeschi a 10 anni da acquistare tra la fine di agosto e gli inizi di settembre: questo significa che la bad bank si farà e il prezzo verrà spalmato con la benedizione della Bce, Berlino vedrà i conti peggiorare ma non andrà in default.

Forse Trichet parla più con i trader che con gli analisti, non male per chi guida la Banca che dovrebbe fare gli interessi di tutti gli europei. Ma la previsione si fa più fosca quando si parla di Usa e Regno Unito, ovvero i due mercati che per incidenza posso trascinare nel peggiore dei ritracciamenti tutti i mercati: «Chiedetevi questo: chi salverà i governi quando questi avranno speso tutto per salvare il salvabile?». Non fate una domanda simile a Francoforte perché potrebbero offendersi. Anche perché, guardando le cifre al netto dell’entusiasmo da rally per i green shots, i profitti di Borsa sono giù del 20% nel secondo trimestre di quest’anno rispetto a un anno fa: è la manna degli spazzasoldi, veri protagonisti di ogni crisi che si rispetti.

In compenso, mentre il mondo sembra alla deriva senza una guida certa, apprendiamo che Ubs, il gigante bancario svizzero che è il secondo operatore al mondo nel campo della gestione dei patrimoni, fornirà al governo di Washington i nomi di migliaia di suoi clienti americani che hanno depositato una parte della loro ricchezza presso l’istituto: soldi materialmente versati nella Confederazione elvetica o gestiti da società basate in altri “paradisi fiscali”. E sui quali sarebbero stati evasi gli obblighi fiscali.

L’accordo, preannunciato nei giorni scorsi dai governi dei due Paesi, è stato ufficialmente confermato ieri dagli avvocati del ministero della Giustizia statunitense al giudice distrettuale di Miami, Alan Gold, che si sarebbe dovuto pronunciare sulla denuncia contro l’UBS presentata proprio dal governo Usa nel febbraio scorso. È la prima volta che il governo di Berna accetta di far cadere, anche se solo in parte, il velo del segreto bancario.

La trattativa è stata lunga e molto elaborata proprio perché la Svizzera ha difeso fino in fondo il principio della confidenzialità del rapporto tra istituti di credito e clienti: Berna ha tenuto duro anche quando (il 18 febbraio scorso) l’Ubs – trascinata in tribunale e con alcuni suoi dirigenti già perseguiti negli Usa – ha deciso di consegnare alle autorità americane un primo elenco di 250 clienti, ha pagato una multa di 780 milioni di dollari e ha iniziato a negoziare un accordo generale. Il governo, in quella circostanza, ha avvertito la banca che non avrebbe tollerato violazioni della legge sul segreto bancario, ma, al tempo stesso, si è reso conto che un processo pubblico negli Stati Uniti col principale gruppo bancario svizzero come imputato, avrebbe avuto pesanti conseguenze politiche e di immagine. Avete capito adesso che begli intrecci sono in ballo mentre la gente perde il lavoro e fatica a tirare avanti? No? Ma come, è quasi un sillogismo. Va beh, scommettiamo che la prossima settimana o comunque a breve avremo brillanti novità per Fiat che giungono da Oltreoceano, uno sblocco della trattativa o un ritorno in grande stile su Opel con Washington che molla vigorose pacche sulle spalle?

D’altronde, basta vedere i nomi dell’organigramma di management di Ubs per non avere dubbi. Così gira il mondo. E non solo perché, come sembra, in casa Fiat di soldi esentasse in Svizzera se ne intendono parecchio…