Il cancelliere tedesco Angela Merkel ha definito il vertice del G20 a Pittsburgh che si è aperto ieri «una pietra miliare» sulla strada di una maggiore regolamentazione dei mercati finanziari mondiali. «La comunità internazionale non deve rilassarsi ma trarre insegnamenti dalla crisi finanziaria mondiale e assicurare che non si ripeta», ha affermato la Merkel in una conferenza stampa prima di partire per gli Stati Uniti.

La Merkel ha poi affermato che il «tema centrale dei colloqui sarà la stabilizzazione dei mercati finanziari. Altri temi, come gli squilibri nel commercio mondiale e tassi di cambio, non dovrebbero distrarre i leader dal loro obiettivo», ha aggiunto. Il cancelliere ha anche sottolineato che uno degli obiettivi della Germania a Pittsburgh è quello di garantire che la lobby bancaria non vanifichi gli sforzi per una maggiore regolamentazione delle istituzioni finanziarie: «I politici devono avere un certo coraggio di adottare le misure che non sono immediatamente accolte dalle banche internazionali», ha spiegato.

Merkel ha affermato che si sta lavorando a una limitazione dei bonus pagati ai banchieri, considerando che alcuni hanno favorito l’assunzione di rischi che poi hanno innescato la crisi finanziaria. Ha ribadito infine la sua richiesta che «ogni prodotto finanziario, ogni istituzione finanziaria e ogni centro finanziario dovrebbero essere soggetti a regolamentazione». Bene, brava, bis.

Il problema è che questo fine settimana non si svolgerà soltanto il G20 negli Stati Uniti ma anche la tornata elettorale politica proprio in Germania, con la Cdu di Angela Merkel speranzosa di non dover ripetere l’esperimento della coalizione con la Spd e intenzionata a dar vita a un governo nero-giallo con i Liberali. Lo speriamo vivamente, anche perché un governo senza stabilità rallenterebbe l’operazione di ripulitura dei bilanci delle banche tedesche da quelle centinaia di miliardi di euro di bad assets che vi gravano e favorirebbe lo scoppio della bolla destinata a travolgere buona parte dell’Europa continentale. Serve, subito, la “bad bank” altrimenti il rischio che il banco salti è molto alto.

Detto questo, non bisogna farsi abbindolare dalle parole di buon senso della signora Merkel poiché nelle stesse ore, attraverso un’intervista allo Stern, il suo ministro delle Finanze, il non sempre equilibratissimo Peer Steinbruck, ha dichiarato una vera e propria guerra economica all’interno dell’Ue, minacciando la distruzione del modello anglosassone con toni degni di una birreria di Monaco e non di un uomo che parla, di fatto, a nome del governo tedesco. Steinbruck ha attaccato «la lobby della City che sta difendendo i suoi privilegi e i suoi vantaggi competitivi», ha adombrato «forze oscure al lavoro a Londra» e ha accusato il governo Brown di «boicottaggio in sede del G20 di ogni tentativo di regolamentazione del mercato finanziario».

«Noi, invece, cambieremo le regole dei mercati finanziari, poiché la politica è come una locomotiva che parte piano e arriva a piena velocità. Il settore finanziario incide per il 15% del Pil in Gran Bretagna, solo per il 6 in Germania. È ora di porre fine a questo squilibrio». Anche a questo delirio, verrebbe da dire. Perché se il pregiudizio anti-britannico e anti-liberista è connaturato alla natura renana, meno comprensibile – soprattutto da parte di un ministro delle Finanze – è l’ignoranza tout court sui numeri, come denunciato da Ambrose Evans-Pritchard.

Primo, non esiste alcun tentativo da parte di Londra di boicottare il dibattito sulla regolamentazione dei mercati. Anzi, il primo a proporre tetti ai bonus, agli stipendi e contratti legati a progetti di lungo termine e non a performance speculative nel breve è stato proprio Gordon Brown. E non da ieri. Secondo, la caccia alle streghe contro gli hedge funds è patetica e controproducente visto che ben due commissioni d’inchiesta, il Turner Report e il Lasoriere Report dell’Ue, hanno incontrovertibilmente dimostrato che il loro ruolo nella crisi è stato a dir poco marginale. I due documenti sono facilmente reperibili su Internet, Steinbruck farebbe bene a leggerli prima di parlare. Inoltre, gli hedge funds britannici sono regolati dalla Fsa, a differenza di quelli newyorchesi che non sono affatto regolati e la regolamentazione inglese viene generalmente presa a modello di efficienza. Ma Steinbruck non lo sa. Terzo, il settore finanziario incide sul Pil britannico per il 7-8%, non per il 15.

 

Quarto, se c’è qualcuno che dovrebbe rendere conto a livello di scarsa o nulla regolamentazione è proprio la Germania, BaFin e Bundesbank in testa, visto che le Landensbanken e creditori vari hanno bellamente speculato per trarre extra-profitti utilizzando strumenti come i Siv irlandesi e derivati vari in operazioni tutte off-balance sheets. Ma anche questo Steinbruck non lo sa. Quinto, fu proprio Steinbruck a dire no alle richieste di Commissione Europea e Fondo Monetario Internazionale affinché si tenessero stress test per le banche tedesche: strano atteggiamento per un Catone dei costumi altrui come Steinbruck. Sesto, la Gran Bretagna – proprio a causa della crisi finanziaria – ha visto il deficit di budget schizzare al 13% sul Pil, visto che dalla City non arrivano più le rimesse di un tempo: dove sarebbe l’enorme beneficio non si capisce visto che Londra sta già pagando un prezzo molto salato.

 

Settimo, quale sia la differenza di ruolo tra la City e l’industria automobilistica resta da capire: sono entrambi pilastri delle rispettive nazioni e mi pare che in difesa dei propri produttori il governo tedesco abbia messo sul tavolo tutte le armi possibili, convenzionali e anche no. Il problema, però, non è che Steinbruck abbia perso una buona occasione per tacere, ma che un’intervista del genere alla vigilia del G20 sottende altro, essendo stata rilasciata dal ministro delle Finanze e non ha un oscuro portavoce: la Germania è pronta a tutto per non pagare un ulteriore prezzo alla crisi e al proprio disfunzionale sistema bancario. Quindi, attacca prima di essere attaccata.

 

Speriamo che domenica le urne parlino di una maggioranza nero-gialla non solo possibile ma anche solida nei numeri. Altrimenti i guai dei Catoni renani ricadranno – e anche pesantemente – su di noi: mentre Londra, dopo un attacco simile e con la prospettiva di un addio degli hedge funds verso Ginevra, potrebbe accelerare il da noi già prospettato sganciamento dalle Ue – un graduale opt out che la veda con mano libera su tematiche come immigrazione, sicurezza e ovviamente economia – e l’approdo in tempi non troppo lunghi all’Efta.

 

Ma in Italia di questi problemi, serissimi, di equilibri futuri all’interno dell’Unione non si accenna nemmeno: ci ammorberanno con la scelta irlandese su Lisbona e orchestreranno qualche pantomima per dimostrare che l’Italia è come la Corea in fatto di libertà di stampa. Nel frattempo i valorosi spernacchiatori del nostro paese creano le basi per la loro salvezza. A spese nostre. Complimenti e buon G20.