Sono appena rientrato a Londra dopo un periodo in Italia e devo ammettere che, con tutta probabilità, ho sbagliato la gran parte delle mie valutazioni. Appena arrivato, un amico che lavora in una investment bank mi ha accolto con un sorriso smagliante annunciandomi il suo prossimo viaggio alle Florida Keys con la famiglia, frutto di un bonus molto generoso.

Sono ovviamente felice per lui, il problema è che questi bonus così generosi non sono figli di un bull market o, meglio ancora, della ripresa, ma sono figli dell’inganno: mentre chiunque avrebbe scelto atteggiamenti hedging per portafogli clienti dai 500mila dollari in su, qui si è giocato a poker con la Borsa. Facendo soldi a palate, mentre il tasso di disoccupazione del Regno Unito è ai livelli pre-Thatcher.

D’altronde, se Goldman Sachs annuncia 16 miliardi di dollari di bonus per il proprio staff, dopo aver fatto gridare allo scandalo per aver ottenuto soldi dai contribuenti, un motivo ci sarà. Si chiama flash trading, si chiama essere controparte dei contratti che vedono piazzati qua e là per il mondo i titoli di debito Usa, si chiama posizione dominante. Il bello è che hanno il coraggio di dire che le paghe e i bonus sono più bassi di quelli del 2008: peccato che, con il mondo in crisi nera, lo stipendio medio di un dipendente sia di 498.246 dollari.

Vi pare poco? Ma vediamo un po’ chi ha fatto soldi oltre ai preveggenti di Goldman. Sicuramente Morgan Stanley con i suoi compensi quadruplicati, certamente chiunque abbia cominciato a rastrellare azioni farmaceutiche lo scorso giugno-luglio vedendo gonfiare a dismisura il loro prezzo grazie all’allarme per l’influenza suina che, soprattutto qui nel Regno Unito, avrebbe dovuto fare una strage: peccato che la strage non ci sia stata, le sopravalutazioni anche del 50% sì.

Beato chi ha advisor così scaltri da dire “compra” e “scarica” al momento giusto. Siamo in un mondo di pazzi. Proviamo a capire perché. In questo momento l’euro è sopravvalutato del 30% e l’Europa commette lo stesso errore degli anni ‘30. Lo segnala il Financial Times, non Mauro Bottarelli. Negli anni ‘30 parecchi Stati europei (Italia, Francia, Belgio, Olanda e Svizzera) tennero la loro valuta agganciata al valore dell’oro. Quando all’inizio della grande depressione, Usa e Gran Bretagna si sganciarono dall’oro lasciando svalutare le loro monete, i Paesi del “blocco aureo” si trovarono con le valute enormemente sopravvalutate: questo stroncò le loro esportazioni e prolungò in quei Paesi la depressione.

Oggi lo stesso sta facendo la Banca Centrale Europea, per volontà della Germania: spiace dirlo, ma le nazioni della zona euro si sono legate insieme con una moneta che è atrocemente sopravvalutata. Il problema è che la Germania sta suicidandosi, portando con sé mezzo continente (visto che l’altra metà e’ già in default tecnico sul debito). La disoccupazione in Germania ha già toccato l’8,1%: le misure stesse che l’hanno resa più competitiva nell’export sono quelle che hanno ridotto la propensione al consumo dei suoi lavoratori. Nel 2009, le esportazioni tedesche sono calate del 15%, gli acquisti di macchine del 20%; il Prodotto interno lordo è calato del -5%.

 

I tedeschi hanno risposto alla crisi da tedeschi, ossia riducendo i consumi. Essenzialmente comprano meno prodotti italiani, spagnoli, greci, portoghesi. Ma quanto può durare tutto questo? Soprattutto quando l’Europa è legata da un vincolo – quello dell’euro – che sembra rispondere alla politica folle del one size fits all, ovvero la stessa ricetta va bene per tutti i malati. E soprattutto essendo la bomba delle banche tedesche ancora innescata e pronta a scoppiare.

 

Ma per capire la gravità e la follia del momento non serve prendere l’esempio delle banche d’affari, meglio restare terra terra. In Inghilterra, appena sbarcato, la notizia che mi ha colpito di più è che l’Oft (Office for Fair Trading) ha aperto un’inchiesta su due offerte televisive di cash for gold poiché, sfruttando la disperazione della gente, compravano oro in cambio di contanti a prezzi vergognosi se paragonati al valore di mercato del metallo prezioso: è il sintomo di un mondo a due facce, dove c’è gente che festeggia bonus speculativi garantiti dal quantitative easing delle banche centrali e dalla loro politica di tassi d’interessi a zero e gente, lavoratori, che fino a poco tempo fa avremmo chiamato benestanti, che vendono la fede nuziale o la collanna della bisnonna per avere un po’ – poco, molto poco – in tasca.

 

Questo succede a Londra, oggi, anno del Signore 2010. Le aziende incriminate sono due, CashmyGold e PostGoldForCash e a scoprire la truffa è stato il settimanale per la difesa dei consumatori Which?: questo si chiama giornalismo d’inchiesta, non Santoro o gli editoriali da mattinale di questura di Marco Travaglio. Il limite, cari lettori, è questo: all’estero succedono cose sgradevoli ma c’è chi le denuncia e organi competenti che le indagano, in Italia ci sono giornalisti che hanno come unica ragione di vita – a detta loro, in difesa del popolo – la scoperta dell’ennesimo, improbabile pentito che ci dica che il premier è un satrapo o, meglio, uno stragista.

 

A vostro modo di vedere, questo modo di fare giornalismo non è la base che garantisce a Goldman profitti d’oro e anche il lusso di spacciarsi per caritatevole, donando le briciole dei suoi bonus a una charity? E Morgan Stanley? E tutte le altre? Chissà come mai, poi, appena arrivato a Paternoster Square, il primo dato che mi è stato passato è quello di un crollo del 12% delle revenues della Borsa di Londra, 155 milioni di charges in meno sulle contrattazione a fronte di 23 miliardi in right issues di cui il mercato ha beneficiato: cosa vuol dire, a vostro modo di vedere?

 

A mio avviso significa che questi benefit, questi profitti, questi rally sono un bluff e che la gente si lancia sull’over-the-counter per spennare il pollo finché è ancora in tempo. Ecco la situazione in cui viviamo: soldi a palate nel mondo virtuale della finanza e famiglie che vendono i propri ricordi alle aste televisive per pochi pounds. Qui non è più questione di previsioni, macro o meno: un mondo così, a prescindere dai bull market garantiti dai governi, è destinato a non reggere a lungo.