È ufficiale: la Germania sta giocando sporco sul futuro dell’eurozona e della stessa moneta unica. L’ennesima reiterazione da parte di Angela Merkel per la creazione di un meccanismo fisso e permanente di salvataggio degli Stati (“ordinato” è la parola per definirlo) e per la condivisione dei costi con gli investitori privati ha agitato ulteriormente i mercati, ma è stata la dichiarazione di Alex Weber, capo della Bundesbank, rispetto al fatto che la facility europea di bail-out da 440 miliardi possa essere ulteriormente finanziata e ampliata (ovvero, la conferma che anche la Spagna dovrà essere aiutata) a scatenare il panico e gli appetiti della speculazione. I cds sui bond spagnoli a 5 anni ieri hanno toccato il record massimo a 312 punti base, mentre quelli portoghesi hanno sfondato quota 510 punti base.
L’indice Markit iTraxx Senior Financial è schizzato a quota 158,5, la più alta dai tempi della prima mini-crisi europea di marzo. «C’è un’enorme paura di contagio nell’eurozona», ha dichiarato Gavan Nolan, capo economista di Markits, secondo cui «se il Portogallo resterà sopra quota 500 per un po’, allora si scatenerà il meccanismo, esattamente come è accaduto per l’Irlanda. Lo scenario prospettato dai tedeschi di condivisione dei costi per i detentori di bond sta spaventando i mercati. Si continuano a cambiare i piani e ad accavallare voci, gli investitori non sanno a chi credere e sono scettici sul fatto che il debito senior non verrà toccato».
Il fatto, poi, che, stando a un memorandum tedesco pubblicato ieri dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, le cosiddette CAC (Collective Action Clauses) – i meccanismi che consentiranno i tagli sui rendimenti obbligazionari per i bond delle nazioni da salvare – saranno introdotte già dal prossimo anno parla chiaramente la lingua di un salvataggio spagnolo dato per certo già entro i prossimi mesi: nel meeting dei leader Ue di ottobre, infatti, la data indicata era il 2013 e già questo aveva agitato non poco i mercati. Ora si spera che una decisione definitiva venga presa al meeting europeo del prossimo dicembre, dove l’Italia rischia di presentarsi con un governo sfiduciato.
Elena Salgado, il ministro delle Finanze spagnolo, ha detto chiaramente che «quest’idea è tutt’altro che appropriata in un momento delicato come questo», pur sottolineando come la situazione iberica è divisa da un abisso rispetto a quella irlandese. Nonostante questo però, i dati iFlow che giungono dalla Bank of New York Mellon dimostrano un grosso e preoccupante ritiro di finanziamenti esteri dal mercato del debito spagnolo, molti dei quali appartenenti ai cosiddetti investitori di “real money”: «I flussi sono molto simili da quelli che abbiamo visto in Grecia», ha dichiarato Neil Mellor, capo stratega del monetario.
A questo, poi, va unita la sempre crescente tensione sociale: l’altro giorno in Portogallo i sindacati hanno proclamato il primo sciopero generale da 22 anni a questa parte: «I sacrifici a carico dei lavoratori non sono la via per uscire dalla crisi», ha dichiarato Manuel Carvalho da Silva, leader del sindacato CGTP, riferendosi ai tagli salariali del 5% per i dipendenti pubblici. Per Jurgen Michels di Citigroup, la proposta tedesca di tagli ai rendimenti renderà più difficile per i paesi del Club Med finanziarsi sui mercati, creando una crisi che si autoalimenta: «Portogallo e Spagna saranno molto probabilmente costrette a ricorrere alla facility europea, la quale vedrà le sue casse prosciugate e necessiterà di altri finanziamenti».
Parliamoci chiaro: le scelte della Merkel stanno facendo la gioia dei fondi speculativi che sono già short sul debito dell’eurozona, mentre puniscono i fondi pensione, le assicurazioni e i risparmiatori (molti dei quali tedeschi) che hanno comprato in buona fede obbligazioni dei Piigs e ora rischiano di perdere tutto o quasi. I mercati, inoltre, scontano la confusione imperante riguardo al trattamento che verrà riservato ai vari tipi di debito: il governo irlandese ha già dato vita a un haircut dell’80% sul debito junior di Anglo Irish bank, ma insiste nel dire che il debito senior è sacrosanto e intoccabile.
Il problema è che questa garanzia è stata offerta da un governo che al 90% perderà le elezioni anticipate il prossimo gennaio e l’opposizione del Fine Gael non ha dato alcuna indicazione su come intenderebbe agire sulla materia. Con una finanziaria di lacrime e sangue da 15 miliardi di euro, poi, sarà dura far accettare ai cittadini irlandesi sacrifici su sacrifici per garantire agli investitori esteri delle banche celtiche di non perdere i loro soldi. Il guaio è che se l’Irlanda salterà sul debito senior, porterà con sé l’Europa.
Per Greg Gibbs di Royal Bank of Scotland, buona parte delle colpe di questa nuova crisi sono imputabili alla Bce e alla sua scelta di drenare liquidità troppo in fretta, giustificando il fatto come la necessità di porre fine alla dipendenza dal denaro a basso costo delle banche irlandesi e del Club Med: «La Bce dovrà rivedere i suoi piani e cominciare a comprare debito dell’eurozona, specialmente spagnolo, partendo da almeno 100 miliardi in bond sovrani e corporate». Ma la Bce ha il mandato legale e la potenza di fuoco per imitare la Fed e la sua politica di acquisti?
Nessuno lo sa, peccato che il tempo stia davvero per finire. E da Londra giungono voci tutt’altro che rassicuranti: la crisi spagnola, purtroppo, potrebbe essere l’ultima del processo di “who’s next”, di domino e vedrebbe l’Italia entrare nel mirino dei mercati in contemporanea con Madrid. Se si entrasse in una crisi politica al buio, sarebbe la fine: l’Europa non avrebbe un governo con cui trattare e scatterebbe davvero il rigorismo sui conti. Attenzione, il futuro del nostro paese potrebbe davvero giocarsi tutto nel voto del 14 dicembre.