Mi sono preso un giorno in più per rileggere la famosa “road map” anti-crisi, presentata mercoledì dal presidente della Commissione Ue, José Manuel Barroso. Cosa ne penso? Impraticabile, ma, soprattutto, in alcune parti, sostanziali, tagliata a misura per le mire di salvataggio a costo zero contenuto nella proposta del gigante assicurativo tedesco Allianz, presentata nel mio articolo di ieri su ilsussidiario.net. E, infatti, ieri con un’agenzia Ansa delle 13:23 è arrivata la conferma di quanto vi avevo detto. Eccone il testo: «I ministri dell’Economia dell’Eurozona stanno lavorando all’ipotesi di utilizzare il fondo Efsf come assicurazione per le perdite sui bond, aumentandone la potenza di fuoco: è quanto si apprende da fonti a Bruxelles».

D’altronde, cosa c’era da aspettarsi? Barroso, nella sua criptolingua burocratica, era stato molto chiaro, bastava come al solito saper leggere tra le righe. Cosa aveva detto il buon Barroso? Che il fondo salva-Stati «deve essere potenziato per essere più di uno scudo, deve avere un vera e propria potenza di fuoco» e che «i paesi membri dovrebbero ad anticipare dal 2013 al 2012 l’approvazione del Fondo europeo di stabilità (Esm) che sostituirà l’Efsf». Barroso ha anche detto che è necessario un approccio coordinato in Europa per rafforzare il sistema bancario: la prima opzione «è utilizzare capitali privati, solo se necessario i governi nazionali potranno fornire sostegno. E se questo sostegno non può essere garantito, la ricapitalizzazione dovrà essere assicurata attraverso prestiti concessi dall’Efsf».

In questo caso, però, le banche dovrebbero sospendere la distribuzione di dividendi e la concessione di bonus. L’intervento sulle banche europee va comunque condotto tenendo conto della necessità di prevedere «un ratio di capitale significativamente più elevato e della più alta qualità». In sostanza, la Commissione si schiera a favore di un aumento del Core Tier 1, definito “significativo” da fonti comunitarie: il 9%? Il 10%? Il 7% attuale? Non si sa. Perché sono quindi così poco ottimista rispetto alla fattibilità di questa “road map”? Ve lo spiego subito, in attesa che l’iceberg liberatore colpisca il Titanic e volgendo lo sguardo a un qualcosa che non solo vi farà tremare le vene ai polsi pensando al costo che potrebbe assumere la “ricetta Barroso”, ma che dovrebbe mettere a tacere per i prossimi trecento anni la supposta superiorità austro-tedesca. In Europa, infatti, non c’è solo Dexia a far paura con i suoi conti traballanti, ma anche Erste, la mega-banca austriaca, che lunedì ha annunciato perdite legate ai rami ungherese e romeno pari al 14% o 1,1 miliardi di euro. Nulla che ci sconvolga, l’esposizione in franchi del mercato ungherese da almeno un anno fa prospettare per Budapest una traiettoria in stile Pigs.

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Qualcos’altro, invece, fa davvero rabbrividire. Nell’atto di rendere note perdite ed esposizioni, Erste è stata infatti così gentile da rendere note al pubblico anche le perdite spaventose sul suo portafoglio cds da 5,2 miliardi di euro, di cui 2,4 consistenti in esposizioni a istituzioni finanziarie e 2,8 miliardi relativi a esposizioni sovrane! Avete capito bene!? Sembrano i numeri di Pimco o di un hedge fund! Ma al di là del livello di leva e di moral hazard ai derivati dei simpatici austriaci, la cosa allucinante è che stando ai dati della European banking authority (Eba) relativi agli stress tests dello scorso luglio, l’esposizione a cds sovrani di Erste era pari a ZERO, contro gli attuali 2,8 miliardi! Ma come ha fatto Erste a nascondere tutto questo, violando una dozzina di leggi, sia bancarie che di accountability?

Semplice: i regolatori e i controllori glielo hanno lasciato fare. L’Eba, infatti, richiede alle banche di rendere note solo le esposizioni ai cds nei trading book, mentre Erste le deteneva come “surrogati di credito”: insomma, a luglio, prima degli stress tests, Erste ha cambiato la loro classificazione a seguito di una nota dell’Iasb. Siamo al gioco delle tre carte, ormai: peccato si scommetta con soldi degli altri.

Ora, al di là della sconvolgente realtà di Erste, due domande sorgono spontanee: quante altre banche hanno utilizzato trucchetti contabili-nominalistici del genere? E per quali ammontare? L’approccio alla contabilità di Erste, infatti, a vostro modo di vedere è un copyright unico dell’istituto austriaco?

D’altronde, quei geni dell’Eba avevano studiato un metodo di valutazione delle posizioni sui cds che era un invito all’inganno: negli stress tests, infatti, venivano presentati il netto dei valori positivi e negativi di mercato, ma non il dato del valore nozionale delle posizioni! Quindi, stando agli stringenti e accuratissimi stress tests dell’Eba, i valori di mercato delle esposizioni bancarie a derivati sui paesi periferici andavano dal massimo di 1,5 miliardi di Bnp Paribas agli 800 milioni di Lbbw! E questa gente fa comunella con i Barroso, con gli Juncker, con i Trichet: sono parte del grande meccanismo europeo, sono ingranaggio dell’enorme macchina del consenso che ora vorrebbe risolvere un problema che si trascina da tre anni con la “road map” (to disaster).

La European banking authority non è un’agenzia privata come lo sono quelle di rating tanto vituperate (a ragione), è un organismo in tutto e per tutto dell’Unione europea, attivo dal 1° gennaio di quest’anno e con sede a Londra. E chi ha voluto l’Eba? Nel 2008, il presidente della Commissione Ue, proprio quel José Manuel Barroso autore della “road map”, istituì un gruppo indipendente di esperti guidato da Jacques de Larosière, che nel febbraio del 2009 presentò un rapporto alla Commissione con alcune raccomandazioni per rafforzare la sorveglianza sul sistema finanziario europeo. Le raccomandazioni del Rapporto de Larosière vennero ovviamente accolte dagli organi comunitari, tanto che il Consiglio dell’Ue nella riunione del 18 e 19 luglio 2009 approvò la creazione di un “Comitato europeo per il rischio sistemico” e la contestuale istituzione di tre nuove autorità europee all’interno di un nuovo “Sistema europeo di vigilanza finanziaria”.

Una di queste era la European banking authority, il cui obiettivo è «proteggere l’interesse pubblico contribuendo alla stabilità e all’efficacia a breve, medio e lungo termine del sistema finanziario, a beneficio dell’economia dell’Unione, dei suoi cittadini e delle sue imprese». Insomma, una delle creature nate dalla lungimiranza di Barroso ha dato vita nel luglio scorso a uno stress test degno di un bambino dell’asilo, senza che lo stesso presidente della Commissione abbia mai sentito la necessità di prenderli e ribaltarli come qualsiasi amministratore delegato d’azienda farebbe con suoi dirigenti incapaci.

Quante Erste ci sono in Europa, ancora oggi, ticchettanti e pronte a esplodere, magari in contemporanea? Stando all’Eba e ai suoi test, pochissime. Forse nessuna. Voi ci credete, dopo quello che avete letto prima sulle performance da hedge fund sottocapitalizzato della megabanca austriaca? Di quanti soldi avrà bisogno allora l’Efsf per salvare gli istituti, stante la poca disponibilità dei mercati a finanziare le banche e le indicazioni della “road map”? È un caso che Allianz parli di garanzie fino a 3 triliardi di euro, a fronte dell’utilizzo immediato di tutti i 780 miliardi di euro per coprire il 20% delle perdite sull’obbligazionario? Di che cifra parla, invece, Barroso? Mai che questi euroburocrati facciano due più due, dando delle cifre chiare: parole, parole, parole. E il mercato dei derivati, di cui Erste ci ha dato splendido esempio a livello di esposizione occulta, ma con perdite potenziali reali? Quanto ci costerà tamponarlo? A quanto ammonta il nozionale nell’Eurozona? Chi ha cosa?

Vi fidate delle ricette di chi o non si accorge di cosa gli accade sotto il naso o, peggio, fa in modo che questo possa accadere, come ha fatto l’Eba con i suoi criteri da barzelletta che hanno promosso, non a caso, banche greche dipinte come solidi istituti svizzeri solo quattro mesi fa e Dexia come un esempio di accountability? Nella terra di Von Mises e Von Hayek, il capitalismo e il libero mercato hanno dato un pessimo esempio, ma qualcuno, tra Londra e Bruxelles, o dormiva o faceva finta di niente. Chi sia peggio dei due, a mio modo di vedere, è difficile da dirsi. Una cosa è certa: vogliono farci pagare ancora una volta per banche e assicurazioni, tedesche e francesi in particolare. Io non ci sto alla truffa dell’Efsf. E voi?