Nell’articolo di ieri vi spiegavo quali sono le ragioni per cui, a mio avviso, il vertice di questa sera non risolverà proprio nulla, poiché quella che stiamo vivendo in questi giorni, lungi dall’essere una crisi del debito sovrano, è una crisi completamente bancaria e il livello di azzardo morale posto in essere dopo il crollo di Lehman Brothers fa assolutamente impallidire. Non è con il cambio dei Trattati che si calmano i mercati, i quali temono non tanto il crollo dell’eurozona, quanto il crollo del sistema bancario globale. O, quantomeno, quello europeo, britannico e canadese insieme a fabbriche delle leva made in Usa come Jefferies e soci.
Già, perché la chiave di tutto non sta nelle scelte della Bce, né tantomeno in quelle dei governi o nelle macchine vendi-sogni come il Fondo salva-Stati: per capire quanto sta accadendo, la fretta e il timore, occorre far riferimento a un solo nome, Mf Global, il broker Usa andato a gambe all’aria qualche settimana fa per scommesse sul debito europeo. Ieri vi davo conto del fatto che l’autorità che vigila sul mercato statunitense di futures e derivati ha vietato agli operatori Usa di acquistare, per conto dei loro clienti, prodotti legati al debito dell’eurozona.
Beh, un motivo c’è e non risiede nella divisione totale che pervade gli Stati dell’Ue. Sta tutto in un concetto chiave, quello della re-hypothecation e nel cosiddetto “shadow banking system”, ovvero un sistema bancario ombra che campa di operazioni fuori-bilancio in grado, in caso di esplosione, di mettere ko non un banca o due, ma l’intero sistema ufficiale, tanto che la Bundesbank sta lavorando a un piano B per evitare un completo congelamento della liquidità interbancaria (ha voglia Draghi ad abbassare il costo del denaro di un quarto di punto, come ha fatto ieri o prolungare i prestiti…).
Torniamo indietro di tre anni: ricordate Aig, il gigante Usa salvato per il rotto della cuffia dal governo statunitense? Come arrivò a vendere 2,7 triliardi di cds nozionali con margine virtualmente zero? Semplice, operando su leva nel sistema bancario ombra, dove non esistono assets reali sufficienti per sottendere la mole di debito creata a monte. Esattamente come fece Aig, anche Mf Global non utilizzava gli Stati Uniti come base operativa bensì Londra, piazza nella quale era più facile vendere quintali e quintali di cds lontano dagli occhi indiscreti dei regolatori Usa. E perché vendere così tanti cds? Semplice, in un mondo di assets reali limitati, l’unico modo per generare un cash flow praticamente illimitato è vendere assicurazioni sintetiche su un ammontare virtualmente infinito di sottostanti sintetici. Ecco come Aig andò a zampe all’aria, vendendo derivati sul niente che creavano però debito e liquidità ingestibile.
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Bene, ora prima di concentrarci su Mf Global, diamo un senso al concetto di re-hypothecation, ovvero quando colui che ha preso a prestito offre in garanzia il collaterale per assicurare un debito, mantenendo sì la proprietà del collaterale, il quale però è ipoteticamente controllato dal creditore, che ha il diritto di prendere possesso se il prestatore fa in default. Un caso semplice di re-hypothecation è il mutuo, dove il mutuatario è legalmente proprietario di casa, ma la banca ha il diritto di pignorare l’abitazione in caso questi divenisse insolvente. La re-hypothecation accade quando un banca o un broker riutilizzano il collaterale allocato dal cliente, come un fondo speculativo, per garantire le proprie scommesse o prestiti. Questa pratica, perfettamente legale, smuove triliardi e triliardi.
Per la legge statunitense, il broker primario può operare re-hypothecation su assets pari al valore del 140% dell’obbligo del cliente verso lo stesso (un cliente deposita 500 euro in securities e ha un deficit di debito di 200 euro, quindi ha un’equity netta di 300 euro. In questo caso il broker può operare re-hypothecation per 280 euro, ovvero il 140 per cento di 200 euro). Peccato che nel Regno Unito non esistano invece limiti statutari e legali riguardo l’ammontare che può essere soggetto a questa operazione, quindi si opera come se il collaterale fosse infinito, il cosiddetto “collaterale sintetico”.
Insomma, le banche sono diventate mostri basati sulla leva di una riserva frazionaria del sistema bancario ombra: delle bombe atomiche pronte a scoppiare per un ammontare di centinaia di triliardi! Il perché è semplice: per evitare le regolamentazioni Usa più stringenti, i prime-brokers (coloro che davvero godono della torta) operano in modo che gli accordi prevedano che gli assets di un cliente statunitense o canadese vengano trasferiti alla sussidiaria del prime-broker nel Regno Unito: insomma, siamo di fronte alla magia di assets che scompaiono dagli Usa per riapparire magicamente a Londra.
Fece così Aig, fece così Lehman Brothers con la sussidiaria londinese, così ha fatto Mf Global. Capite ora come fu possibile per molti clienti trovarsi costretti ad ammettere che i loro assets erano semplicemente spariti? I soldi venivano spostati nel Regno Unito dove subivano per centinaia di volte la pratica della re-hypothecation, fino a quando il giocattolo si rompe (vedi Lehman che fallisce) e il gruzzolo scompare. E tanto per gradire, le transazioni re-hypotechation sono fuori bilancio e non subiscono restrizioni dai controlli sullo stato patrimoniale. Stando alle stime del Fmi, il collaterale globale è stato re-hypothechated per un fattore di quattro volte, portando quindi la copertura delle banche rispetto a queste operazioni a un misero 25% del totale: insomma, enormi quantitativi di liquidità sono stati creati senza che vi fossero assets reali a garanzia, se non per un quarto (ma a me la percentuale appare terribilmente ottimistica). La sola Jefferies, ha operato re-hypothecation per 22,3 miliardi di assets nel 2011, incluso debito governativo, asset-backed securities, derivati e corporate equity, a fronte di assets totali per 37 miliardi.
E gli altri grandi players? Eccoli: Goldman Sachs ha operato in tal senso per 28,17 miliardi nel 2011, Canadian Imperial Bank of Commerce per 72 miliardi, Royal Bank of Canada per 53,8 miliardi, Oppenheimer Holdings per 15,3 miliardi, Credit Suisse per 332 miliardi di franchi, Knight Capital Group per 1,17 miliardi, Interactive Brokers per 14,5 miliardi, Wells Fargo per 19,6 miliardi, JP Morgan per 546,2 miliardi e Morgan Stanley per 410 miliardi. Signore e signori, la più enorme bolla del credito mai vista è servita e pronta a fare boom!
Insomma, viene da pensare che l’attuale crisi di liquidità che stanno vivendo le banche possa essere stata innescata dal volume e dal livello delle transazioni di re-hypothecation e che, guarda caso, la scorsa settimana regolatori e banche centrali abbiano sentito il bisogno di intervenire sui mercati nel disperato tentativo di sgorgare l’arteria ostruita dell’interbancario reale. Capite perché, in tutta onestà, di quanto decideranno stasera a Bruxelles non mi interessa davvero nulla?
La crisi è bancaria e di liquidità, lasciamo stare pareggi di bilancio e sanzioni per chi sfora i conti. Il 2008 non ci ha insegnato niente, anzi.
Lo ha confermato l’Eba, l’Autorità bancaria europea, che ieri ha reso note le necessità di ricapitalizzazione delle banche europee, quantificate in 114,7 miliardi di euro e così ripartite: Grecia 30 miliardi, Italia 15,4 miliardi, Germania 13,1 miliardi, Spagna 26,2 miliardi, Portogallo 7 miliardi, Francia 7,3 miliardi, Austria 3,9 miliardi e Belgio 6,3 miliardi. Le banche avranno tempo fino al 20 gennaio per presentare i loro piani di ricapitalizzazione e fino a fine giugno per rispettare i nuovi requisiti di capitale, un qualcosa che ha ulteriormente mandato in cantina gli indici azionari europei ieri, Piazza Affari in testa: troppo denaro da trovare su un mercato asfittico, basti vedere le difficoltà di Commerzbank. E il dato maggiormente preoccupante è che i crolli delle Borse e la rinnovata corsa dello spread sia stata innescata dalla scelta della Bce di abbassare i tassi, ma, soprattutto, di lanciare una nuova serie di operazioni non standard proprio per favorire la circolazione della liquidità.
L’Eurotower ha infatti deciso di lanciare due operazioni di rifinanziamento a tre anni (finora il termine massimo era biennale) e la prima avverrà il 21 dicembre. Inoltre, ha allentato le maglia sui collaterali (ah, che dolore dopo la nostra discussione sulla re-hypothecation!), accettando come garanzie sui prestiti anche strumenti finanziari con rating A e abbassando l’obbligo delle riserve dal 2% all’1%. Nonostante questo, spread Btp-Bund di nuovo in area 450 punti base e soprattutto Milano che chiude al -4,29%, peggior piazza europea, affossata proprio dalle banche, le quali avrebbero dovuto festeggiare le mosse della Bce. Peccato che quelle misure non bastino, servivano rassicurazioni su acquisti illimitati di bonds (in pancia agli istituti di credito che vendono a perdita, quando riescono) che non sono arrivate e, soprattutto, un bazooka sblocca-liquidità che potesse creare un minimo di firewall rispetto al disastro che vi ho rappresentato nell’articolo. Salvo miracoli, da lunedì si balla davvero.