Et voilà, la terza – e probabilmente definitiva – ondata di crisi del debito europeo si è materializzata nell’arco di due giorni. Prima il picco dei rendimenti dei bonds irlandesi dovuto alla diffusione di una falsa notizia riguardo il default su un cedola di Allied Irish Bank, poi lo showdown al Parlamento portoghese che ha visto l’opposizione mandare sotto il governo di minoranza sul pacchetto di austerity concordato con Ue e Fmi e costretto il premier José Socratos alle dimissioni proprio alla vigilia del vertice europeo apertosi ieri e destinato al raggiungimento di un accordo sul fondo salva-Stati.
E proprio il patatrac di Lisbona potrebbe compromettere non poco l’accordo sul pagamento da parte dei paesi membri, con la Germania intenzionata a chiedere una dilazione su cinque anni dei 22 miliardi che è chiamata a devolvere, per evitare scossoni alle prossime elezioni regionali e ora costretta a fare i conti con un potenziale default lusitano che innescherebbe un domino mortale per il sistema bancario. A Bruxelles hanno già fatto i conti, tanto che due funzionari dell’Ue interpellati dal Financial Times quantificavano in 70 miliardi di euro i contributi necessari al Portogallo per superare la crisi, mentre Royal Bank of Scotland alza il conto di 10 miliardi a quota 80: per Jacques Cailloux, economista di Rbs a Londra, «un salvataggio portoghese è pressoché inevitabile a questo punto. Il mercato, infatti, si deteriorerà in assenza di misure che tamponino la situazione; c’è poi un ovvio rischio di ulteriori downgrades, i quali saranno anticipati dai mercati e si trasformeranno in una profezia auto-generante».
Anche perché, realisticamente, a Lisbona non potranno tenersi elezioni anticipare prima di maggio e in assenza di un supporto europeo per calmare i mercati, gli investitori difficilmente garantiranno un mese e mezzo di pace al Paese. Basti guardare i valori dei rendimenti obbligazionari che ieri prezzavano la crisi politica: il bond biennale pagava uno yield del 6,914%, il quinquennale dell’8,3485 e il decennale al livello record del 7,912%. Tanto più che in Portogallo, al netto della bocciatura parlamentare di mercoledì sera, sono già in atto innalzamenti delle aliquote fiscali e la politica di tagli alla spesa pubblica più draconiana da trent’anni a questa parte senza che questo abbia minimamente calmato i mercati negli ultimi tre mesi.
Lo spread tra i decennali portoghesi e il Bund tedesco è salito di 15 punti base a quota 439, molto vicino alla quota record di 444 punti base raggiunto lo scorso 11 novembre. «Questa crisi è comparsa nel peggiore dei momenti possibili per il Portogallo», ha dichiarato il dimissionario José Socrates. «Il problema principale nel breve termine è che in Portogallo non c’è nessuno con l’autorità politica per trattare un piano di salvataggio, questo rende incerto qualsiasi tipo di negoziato e deluderà le attese dei mercati per una soluzione già nel corso di questo weekend», conferma Paul Donovan, economista alla Ubs.
Nei fatti, le dichiarazioni del presidente portoghese, Anibal Cavaco Silva, hanno fatto intendere a Nicola Mai di JP Morgan Chase che «Socrates, in realtà, è ancora al potere visto che presenzia al vertice europeo in corso». Insomma, confusione totale. Per Mai, «Socrates potrebbe accelerare i tempi cercando un accordo per un pacchetto di salvataggio internazionale oppure negoziare con Cavaco Silva un governo di coalizione d’emergenza o un governo tecnico che piloti la crisi»: le consultazioni del presidente con i vari partiti cominceranno già questa mattina.
Per Pedro Passos Coelho, leader dei Socialdemocratici portoghesi, «il nostro Paese ha già affrontato momenti difficili in passato e li ha sempre superati», ma il timing della crisi appare di quelli pericolosissimi: il Portogallo in aprile e giugno affronterà le prime maturazioni di bond dell’anno, per un totale sulle due scadenze pari a 9 miliardi di euro. Altre maturazioni ci saranno in luglio, agosto, ottobre e novembre in base al piano annuale di collocamento di almeno 20 miliardi di bond per finanziare il budget e coprire le maturazioni del debito. Non a caso il 15 marzo scorso Moody’s ha tagliato il rating di credito portoghese di due notch a livello A3, quattro notch dallo status di “junk” e con outlook negativo.
Ora occorrerà vedere come e se la Bce intenderà nuovamente scendere in campo per tagliare i rendimenti stellari che Lisbona si trova a dover corrispondere per collocare il suo debito: dallo scorso maggio, Francoforte ha già acquistato bonds lusitani per 20 miliardi di euro sul mercato secondario e Gilles Moec, economista alla Deutsche Bank a Londra, si dice certo che «l’intervento della Bce sarà ovviamente richiesto per evitare un aggravamento a breve della crisi». E nonostante Angela Merkel, giungendo al vertice europeo, abbia definito «deplorevole» il fatto che il parlamento portoghese non abbia approvato il pacchetto di austerity, la Cancelliera sa che dovrà cedere ancora – ed entro pochi giorni – poiché il default lusitano farebbe molto più male alle banche tedesche che una sconfitta elettorale alle regionali al suo governo. Per Par Magnusson di Rbs Global Banking, «il salvataggio del Portogallo sarà tra i temi principali del vertice europeo e penso che riusciranno a ottenere un prestito molto in fretta. Ovviamente, ora che la Grecia è andata, l’Irlanda è andata e il Portogallo è andato, la prossima vittima in attesa sulla linea è la Spagna. E questo penso che preoccuperà parecchio molta gente».
Tanto più che proprio ieri Moody’s ha tagliato il rating sul debito senior e sui depositi di trenta piccole banche spagnole, nonostante gli sforzi del governo per mantenere solvibili le cajas, le casse di risparmio divenute potenziali focolai di una nuova crisi subprime, soprattutto in caso di rialzo dei tassi da parte della Bce visto che l’80% dei mutui da esse erogati sono variabili. Ma l’agenzia di rating ha reso inoltre noto, attraverso Alastair Wilson, che a breve porrà in essere «una serie di revisioni nazione per nazione del sistema bancario», senza voler però citare quali saranno i paesi interessati. Confermati i rating Aa2 a Banco Santander e Bbbva, oltre che a La Caixa, tutti però con outlook negativi. I mercati hanno reagito vendendo, con l’indice Ibex interessato da cessioni sui titoli bancari, nonostante il fatto che, «pur essendo innegabile che alcuni istituti spagnoli abbiano problemi, nella nostra opinione oltre il 70% del sistema bancario spagnolo è altamente solvibile», stando alle dichiarazioni di Pablo Garcia, capo dell’equities alla Oddo Sociedad de Valores a Madrid.
Lo scorso 10 marzo, poi, la stessa Moody’s aveva tagliato il rating del credito nazionale ad Aa2, proprio nella previsione che i costi per stabilizzare il sistema bancario supereranno le stime del governo: per la società di rating, gli istituti spagnoli necessitano di almeno 50 miliardi di euro di ricapitalizzazione, un dato non poco discordante da quello della Banca di Spagna che parla di 15,2 miliardi di euro per i dodici principali istituti. Stranamente, il cds sovrano spagnolo si è mosso pochissimo al rialzo, toccando i 222,5 punti base a fronte del record di 368 punti base registrato da Cma lo scorso 30 novembre. Qualcuno pensa che Moody’s sia intervenuta non tanto per la contemporaneità del vertice europeo ma per “spronare” gli istituti spagnoli a dire la verità, visto che le banche a corto di liquidità hanno fino al 28 marzo per presentare i propri piani di ricapitalizzazione alla Banca di Spagna, la quale avrà fino al 14 aprile per valutarli e approvarli o cassarli.
Per Inigo Lecubarri, gestore di un portafoglio da 200 milioni di dollari all’Abaco Financial Funds di Londra, «l’operato di Moody’s è la diretta conseguenza del downgrade sovrano ed è normale»: certo, un po’ di ottimismo in giorni simili non può che fare bene, ma personalmente preferisco essere realista e guardare in faccia la realtà. Esattamente come Warren Buffett, il guru di Omaha, secondo cui, «per moltissima gente il collasso dell’euro è qualcosa di impensabile. Beh, io penso che sia tutt’altro che impensabile». E la Germania, prima con lo stop al nucleare poi con il “nein” alla missione in Libia, ha già inviato chiari segnali di distanziamento dall’Unione europea: vedremo come agirà Angela Merkel durante questo vertice su Portogallo e fondo salva-Stati. E, forse, capiremo quanto è distante o vicino il giorno del possibile collasso.