L’attuale situazione greca – e più in generale dell’eurozona – si presta facilmente a condanne morali e ghigliottine mediatiche, una sorta di spartiacque chirurgico che divide il mondo in probi (le banche, gli Stati, la Bce, i media) e indegni (cittadini e politici greci, fautori del default e sistema finanziario in generale).



Prima di scagliare la proverbiale prima pietra, però, vi invito a riflettere su un dato, ponendo in comparazione due risvolti della crisi greca apparentemente inconciliabili tra loro. Partiamo con il primo. Si è conclusa ieri, nel Principato di Monaco, la diciassettesima edizione del Gaim, la convention annuale di fondi speculativi e di investimento alternativo. Di cosa si è parlato? Ovviamente della situazione globale, dei mercati emergenti, della crisi del debito Usa e delle prossime mosse della Fed, dei prezzi delle commodities alimentari e della corsa dei metalli preziosi, ma soprattutto di Grecia.



Qualche soluzione geniale per uscire dal caos? No, quali opportunità cogliere per fare soldi in questa situazione di pre-bancarotta. Gran cerimoniere è stato Robert Marquardt, fondatore del super-fondo Signet, secondo cui «quanto sta accadendo rappresenta una grande opportunità per fare soldi, visto che nonostante il rischio politico sia alto, la prospettiva a cui dobbiamo fare affidamento è quella della dinamica e del rapido cambiamento. Con una parte del debito greco trattata a 40 centesimi sul dollaro, possiamo dedurre che il recupero di valore in uno o due anni sarà decisamente più grande. Per difendersi da questa posizione di rischio, si può, ad esempio, posizionarsi short su Spagna o Portogallo. Oppure acquistare debito greco a un anno ponendosi contemporaneamente short su quello a tre o cinque anni, oppure ancora shortare l’euro contro real brasiliano o won coreano».



Geniale, no? Ma c’è di più. Per il presidente della Better Capital, Jon Moulton, l’attuale crisi greca rappresenta una grande opportunità sia per i fondi speculativi che per il settore del private equity. Come? «Se la Grecia va in default, non importa se ora o tra un anno, si aprirà un periodo caotico e verranno a galla opportunità alle quali nemmeno avevamo pensato. Molto plausibilmente, molte istituzioni finanziarie si ritroveranno a corto di capitale, quindi si troveranno sul mercato assets che cercano di essere venduti in fretta per fare cassa: a quel punto il privaty equity avrà il capitale per gettarsi nella mischia mentre molti altri soggetti no. Stessa logica per gli hedge funds, visto che le banche dovranno “strizzare” il loro stato patrimoniale nella corsa per rimpiazzare il capitale che hanno utilizzato per operare sul debito greco».

Indegne locuste, non vi pare? Gente senza scrupoli pronta a far soldi sulle disgrazie altrui, senza contribuire minimamente alla risoluzione del problema. La pensate così, vero? Immagino di sì e, a livello morale, potete non avere tutti i torti (anche se vi invito a leggere La borsa e la vita di Jacques Le Goff prima di dirvi certi del vostro giudizio aprioristico). Peccato che senza i soldi dei fondi le Borse sono illiquide (la Fed non può stampare dollari in cantina per sempre), migliaia e migliaia di persone perdono il posto di lavoro e, soprattutto, i governi tipo quello greco posso continuare allegramente a truccare i conti visto che la politica, leggi l’Ue che garantì 10 miliardi di euro a debito alla Grecia per le Olimpiadi del 2004 senza nemmeno dare un’occhiata ai conti del Paese (denuncia dell’edizione weekend del Financial Times), è nella migliore delle ipotesi miope e nella peggiore – ma non più peregrina – complice.

Esattamente come certa stampa che oggi pontifica e punta il dito accusatore contro la speculazione brutta e cattiva, ergendosi a baluardo del salvataggio senza fine con soldi dei contribuenti e tacciando di complottare con il demonio chiunque pronunci la parola ristrutturazione. Qualche esempio? Il mondo è pieno di questi fenomeni che soltanto un anno fa abbindolarono piccoli investitori invitandoli a comprare bonds greci, un consiglio che ha fruttato ai suddetti ingenui cittadini perdite pari al 40% in un anno (e parliamo di un investimento a reddito fisso, non un asset speculativo): tutti licenziati o esposti al pubblico ludibrio? No, tutti al loro posto, come fa notare ZeroHedge. Cominciamo da Handelsblatt, insopportabile giornale economico-finanziario tedesco che il 3 maggio del 2010 – pochi giorni dal primo salvataggio greco – pubblicava un articolo dal titolo “Noi stiamo comprando bond governitivi greci”, di fatto un appello ai lettori e ai cittadini affinché comprassero obbligazioni greche.

A capo di questa geniale operazione c’era il direttore del giornale, Gabor Steingart, che la presentava con queste parole: «Come principale quotidiano finanziario europeo (sempre modesti i crucchi, ndr), Handelsblatt vuole essere una voce di ragione in questi tempi turbolenti. I greci sono peccatori, peccatori seriali. E il pacchetto di salvataggio posto in atto dalla comunità internazionale tiene conto di questo. Detto questo, i governi da soli non possono salvare la Grecia. Una stabilizzazione potrà essere ottenuta soltanto se la Grecia potrà avere accesso ai mercati. Ciò di cui abbiamo bisogno è un contributo da parte delle banche principali, ma anche di un segno di fiducia da parte dei cittadini europei. Questo è lo scopo della nostra operazione chiamata “Noi stiamo comprando bond governativi greci”. Lo scorso venerdì, come segno di responsabilità, io ho ordinato 5mila euro di bonds governativi greci».

Complimenti, verrebbe da dire alla luce degli avvenimenti attuali! Ma del fatto che il buon Steingart abbia perso dei soldi (pochi, non aveva poi tanto a cuore il destino greco), visti quanti ne guadagna, non mi frega granché: mi interessa che casalinghe, pensionati, impiegati e la cosiddetta “main street” abbiano seguito quell’appello, vedendo i loro sudati guadagni e risparmi andati in fumo mentre Deutsche Bank e Hypo Real Estate facevano lo stesso, ma avendo da un lato la garanzia di essere salvate da governo e Bce e dall’altro riempiendosi la pancia di credit default swaps sul debito greco per coprirsi dall’eventualità di bancarotta. Ma la cosa più grave è che al delirante appello di Handelsblatt, risposero in tanti. E tutti con nomi roboanti.

Che dire di Hans Eichel, ex ministro delle Finanze tedesco, che trionfalmente dichiarava al giornale: «Per la prima volta in vita mia sto comprando bonds governativi, per l’esattezza bonds governativi greci. Questo perché dobbiamo tenere insieme l’eurozona. Il popolo greco deve fare grandi sacrifici, non c’è modo per loro di evitarlo. Ma noi dovremmo mostrare la nostra solidarietà». In rovina loro, in rovina chi ha seguito il consiglio di Handesblatt: strano concetto di solidarietà hanno i tedeschi. Ma tant’è. L’esempio di Eichel è stato seguito da Bert Ruerup, ex consigliere governativo, il quale dichiarò: «Ho comprato bonds governativi greci all’inizio dell’anno e sto continuando a farlo». Ma anche da Gustav Horn, direttore dell’IMK Institute for Macro-economic Research, acquirente di bonds greci «perché non possiamo lasciare il destino della nostra moneta nelle mani degli speculatori» e Wolfgang Kirsch, amministratore delegato di DZ Bank, fiero di dichiarare che «detengo bonds governativi greci perché credo nell’idea di Europa unita».

Ancora migliore la giustificazione offerta da Manfred Lahnstein, ex ministro delle Finanze: «Sono pronto ad acquistare una ragionevole quantità di bonds governativi greci. Lo sto facendo perché ho fiducia nella solvibilità della Grecia e nella forza delle garanzie europee e internazionali. Ma lo sto facendo anche per dare un piccolo segnale contro l’arroganza e la mancanza di pensiero con cui parte della politica e della stampa sta trattando i nostri partner greci». Avrà avuto modo di addolcire l’amara pillola delle perdite Werner Bahlsens, amministratore delegato del gigante dolciario tedesco Bahlsen, il quale «per non lasciare la Grecia nella mani degli speculatori» ha buttato nel gabinetto 100mila euro in bonds governativi greci. Ancora peggio il consiglio del vice-direttore di Handesblatt, Peter Brors, il quale invitava a gettarsi sul mercato obbligazionario ellenico proprio la clientela retail, i piccoli risparmiatori: «Bonds governativi greci per te, investitore individuale? Si, certamente! Duemilacinquecento euro per Atene e un rendimento da prima classe per me». Meriterebbe delle bastonate, ma basterebbe la radiazione dall’Ordine dei giornalisti, ammesso che in Germania esista.

Unica voce fuori dal coro e per questo crocifissa da Handesblatt e dai suoi leccapiedi, il capo dell’IFO Institure for Economic Research, Hans-Werner Sinn, il quale rispose così all’appello del giornale: «È giusto essere parziali a favore della Grecia, ma non posso raccomandare, in coscienza, l’acquisto di bonds governativi greci. In alternativa, vi raccomando di andare in vacanza in Grecia. In quel modo, almeno, avrete qualcosa in cambio del vostro denaro». A definire in maniera puntuale e precisa la situazione ci ha pensato poi Alex Gloy della Lighthouse Investment Management: «Non sto trattenendo il respiro nell’attesa che Handelsblatt faccia ammenda per la sua dimostrazione di leccaggio di piedi verso i suoi inserzionisti (banche, compagnie assicurative e di consulting). In compenso, vorrei far notare che normalmente le pubblicità sono segnalate come tali. Le compagnie produttrici di sigarette mettono chiari avvertimenti sui pacchetti, del tipo “Il fumo uccide”. Beh, spero che la prossima volta Handelsblatt metta in evidenza questa scritta in ogni pagina: “Seguire il consiglio di investimento di questi politici e banchieri potrebbe uccidere le tue finanze”».

Ma c’è di peggio. Ad esempio, il Sovereign Wealth Fund norvegese, il quale ha stoccato debito greco, spagnolo, italiano e portoghese per miliardi, poiché «la prospettiva di lungo termine del nostro investimento ci proteggerà dalle perdite. Si può dire che stiamo investendo per l’infinito», come poeticamente dichiarò il 27 agosto dello scorso anno Sigbjoern Johnsen, ministro delle Finanze di Oslo. Un infinito molto breve, quello nordico, visto che il 20 maggio di quest’anno, dopo perdite annualizzate pari al 36 per cento, la Norvegia, per bocca del suo ministro degli Esteri, ha dichiarato al giornale svizzero NZZ che «sospenderà il pagamento degli aiuti alla Grecia, poiché quest’ultima non ha ottemperato ai suoi obblighi».

La lista, come ben potete immaginare, potrebbe andare avanti quasi all’infinito, questa volta sul serio. Chi è peggio, quindi? Chi fa il suo lavoro, senza nascondersi dietro altre mission e cerca modi per sfruttare la crisi greca a vantaggio suo e dei suoi clienti o chi si veste di buoni propositi, sparando idiozie che fanno perdere soldi a piccoli investitori solo per ingraziarsi ancora di più inserzionisti del mondo finanziario? Oppure quei precisini di norvegesi, che scottatisi con un investimento da kamikaze se la prendono con la Grecia e non con il loro moral hazard con soldi pubblici degno, questo sì, di un hedge fund?

So già cosa starà pensando qualcuno di voi: se andassimo a rileggere gli oltre 300 articoli scritti da Mauro Bottarelli per questo giornale, chissà quante previsioni sbagliate troveremmo. Certo, peccato che nessuno abbia perso soldi per quegli eventuali errori (pochi, a dire il vero), visto che il sottoscritto ha più volte sottolineato come non sia compito del giornalista finanziario suggerire investimenti, ma dei promotori, degli investment bankers o del vostro amico al bar. Il giornalista fa informazione, più o meno bene, ma non il piazzista. Non so voi, ma ritengo molto peggiore il modus operandi di Handelsblatt o della Norvegia che dei partecipanti al Gaim, i quali dicono chiaro e tondo ai loro clienti – tutti abbienti – che gli investimenti con grossi ritorni potenziali hanno anche grossi rischi potenziali. Piano, quindi, con i giudizi trancianti in questi giorni alla “muoia Sansone con tutti i filistei”.