Al momento di chiudere questo articolo, la notizia che segue era ancora soltanto un’indiscrezione, ma di quelle degne di scatenare timori per l’apertura di contrattazioni di stamattina e per la tenuta stessa del sistema europeo. Moody’s potrebbe aver tagliato il rating di alcune banche britanniche ieri sera, dopo la chiusura di Wall Street. Lo ha annunciato Sky, spiegando che la decisione potrebbe emergere da un più ampio rapporto sull’industria finanziaria mondiale che include, fra gli altri istituti, Hsbc, Barclays, JpMorgan e Royal Bank of Scotland, ma anche alcune big Usa come Bank of America e Citigroup. Il taglio – sempre stando alle indiscrezioni – avrebbe raggiunto in alcuni casi i tre notches.

Al netto della veridicità di quanto riportato da Sky, solitamente ben informata, un dato è chiaro: a una settimana dal vertice Ue chiamato, questa volta veramente, a trovare risposte immediate per salvare l’euro, è guerra aperta tra Stati Uniti, forti del prolungamento dell’Operazione Twist annunciato mercoledì dalla Fed – operazioni di acquisto sui titoli di Stato per altri 670 miliardi di dollari – e del ruolo di guastatore delle agenzie di rating (i downgrade su soggetti “interni” statunitensi non hanno mai gli effetti devastanti che si registrano in Europa, anche perché è Wall Street a mettere in pratica i consigli delle “tre sorelle” su chi punire) ed Europa, divisa tra rigoristi ciechi e keynesiani fuori tempo massimo.

A occhio e croce, purtroppo, gli Usa partono con parecchie spanne di vantaggio. Nel giorno in cui la Spagna rendeva note le reali necessità di ricapitalizzazione delle sue banche, il Tesoro madrileno tornava a collocare debito sul mercato primario delle aste ed era un nuovo bagno di sangue: la Spagna ha infatti venduto bond a scadenza 2014, 2015 e 2017 per 2,22 miliardi, più del target massimo di 2 miliardi, a fronte sì di una buona domanda (normale visto il basso ammontare da collocare), ma ha dovuto offrire tassi più alti. Il rendimento medio del biennale è balzato al 4,706% dal 2,069% di marzo, quello del quinquennale al 6,072% dal 4,96% di maggio e quello del triennale al 5,547% dal 4,876%. No, dico, il quinquennale paga un rendimento sopra al 6%, siamo a tassi greci! Certo, l’aver ecceduto lo stock di debito da collocare significa che la Spagna ha ancora accesso ai mercati di finanziamento, ma per quanto a questi tassi, visto che da qui a fine luglio tornerà a piazzare debito per altre cinque volte tra brevi e medio-lunghe scadenze? Insomma, Madrid è in pieno nel mirino dei mercati.

E non stupisce, visto quanto reso noto dalle autorità rispetto allo stato di salute reale del sistema bancario a mercati chiusi ieri pomeriggio. Ecco il lancio d’agenzia delle 17.54: «Gli stress test compilati dai revisori internazionali Oliver Wyman e Roland Berger sul sistema bancario spagnolo non indicano nomi di singole banche e le necessità di capitale individuali. È quanto annunciato dal segretario di Stato dell’Economia, Fernando Jimenez Latorre, presentando i dati». Poi, la perla: «Le banche spagnole necessitano di capitali fino a un massimo di 62 miliardi di euro. È la cifra emersa dagli stress test resi noti oggi dal governo di Madrid». Ma vi rendete conto? Prima fanno gli stress test, ma non danno nomi, né cifre, poi danno la cifra totale delle necessità di ricapitalizzazione e sparano una balla di dimensioni epocali: se oggi i mercati massacreranno i Bonos, nessuno si stupisca per favore o gridi contro la speculazione brutta e cattiva.

Il perché di questa farsa è chiaro: le banche spagnole fino a oggi hanno mentito spudoratamente sul loro stato patrimoniale, mantenendo attivi a bilancio al valore facciale e non al mark-to-market e stimando al ribasso sia l’esposizione, sia il numero di prestiti tossici verso il settore immobiliare. Come vi ho detto nell’articolo di ieri, si va dai 300 ai 500 miliardi di euro, altro che i 100 messi a disposizione dall’Ue o peggio i 62 ammessi da Madrid (con 400 miliardi di prestiti al settore immobiliare, 150 dei quali già dichiarati tossici da tutti gli analisti, come si fa a ricapitalizzarsi con 62 miliardi?)!

Sta per esplodere la grande bolla, oltre che la grande balla. Sarà per questo che, con una mossa a sorpresa che tradisce la gravità estrema della situazione, il board della Bce – con la solita, netta opposizione dei membri della Bundesbank – sta pensando a una mossa senza precedenti: ovvero, sospendere a medio termine la valutazione sui rating sovrani assegnate dalle “tre sorelle” e usare criteri propri per l’accettazione di collaterale a fronte di finanziamento. Insomma, sarà la Bce a decidere se le banche spagnole possono depositare presso i suoi caveau figurine Panini o carta igienica e ricevere in cambio denaro per restare in vita. Una mossa disperata, visto che non solo stravolge i criteri valutativi del mercato finora utilizzati – in primis il concetto stesso di investment grade – ma manda un chiaro segnale a pescecani e locuste varie: siamo davvero sull’orlo del baratro, qualsiasi porcheria le banche spagnole hanno in pancia a noi va bene come garanzia.

Occorre dirlo chiaramente, una mossa del genere significherebbe eliminare il concetto stesso di credibilità di mercato e il fatto che a compierla sia di fatto l’istituzione che garantisce e funge sa backstopper per circa 3 triliardi di depositi, non depone a favore di una reazione positiva dei mercati, soprattutto dopo la decisione in sede Ue di ridurre – e non di poco – il potere e l’importanza dei giudizi forniti dalle agenzie di rating. Nei fatti, così facendo la Bce istituzionalizza e completa lo schema Ponzi globale che ha avviato con i finanziamenti allegri e reso veicolante attraverso le due aste Ltro, cui come ricorderete hanno partecipato anche le finanziarie di primarie aziende come Bmw, Peugeot e Citroen.

Un azzardo, perché quello che nelle intenzioni sarebbe un argine alla fuga di capitali e alle potenziali bank run, potrebbe tramutarsi nella loro dinamo, nel fattore precipitante. Oltre ad ampliare ulteriormente lo stato patrimoniale dell’Eurotower, già superiore a quello della Fed e la sua percentuale di asset tossici detenuti, vista l’intenzione di accettare come collaterale quelli che di fatto sono junk bonds. Come la prenderà la Germania? sarà un caso, ma nel primo pomeriggio di ieri, considerate le cause giuridiche per presunta incostituzionalità annunciate dalla sinistra radicale in Germania, la Corte costituzionale ha chiesto al presidente delle Repubblica, Joachim Gauck, di attendere prima di firmare la ratifica di Esm e Fiscal compact – prevista per il prossimo 29 giugno -, per dare tempo ai giudici di analizzare la materia. E nel tardo pomeriggio, Gauck ha comunicato la sua decisione di ritardare l’approvazione, accettando i rilievi della Corte.

Quindi, nonostante l’accordo raggiunto proprio ieri mattina da maggioranza e opposizione sul tema, l’entrata in vigore dell’Esm resta a rischio. Così come, formalmente, il piano di aiuti per il settore bancario spagnolo. E tanto per non farci mancare nulla, ecco le prime tre richieste formali avanzate dal neo-insediato governo greco alla troika: nessun taglio occupazionale nel settore pubblico, nessun taglio sul salario minimo come invece già concordato e nessun ulteriore taglio salariale nel biennio 2013-2014. Risposta a stretto giro di posta di Jan De Jager, ministro delle Finanze olandese: «Non ci sarà nessun ammorbidimento delle condizioni per la Grecia». Un bel viatico, in vista del summit del prossimo fine settimana.