Un vecchio adagio inglese recita: «Quando non puoi agire, parli». E ieri Mario Draghi ha parlato, eccome se ha parlato. Ecco cosa ha detto, in punti: 1) «L’euro è irreversibile e la Bce è pronta a fare tutto il necessario per salvare la moneta unica»; 2) «L’area euro è più forte di quanto non le venga riconosciuto»; 3) «Non è possibile immaginare la possibilità che un Paese possa uscire dall’eurozona»; 4) «Negli ultimi sei mesi l’area euro ha mostrato progressi straordinari»; 5) «I firewall sono pronti a funzionare meglio che in passato»; 6) «L’Eurozona ha bisogno di più unione, si arriverà alla condivisione della sovranità nazionale Ue».
Detto fatto, spread a picco e Borsa in rally: altro che gatto morto, il soriano liberato da Draghi ieri era vivo e vegetissimo. Il problema è: per quanto lo resterà? Già, perché il raffreddamento dei differenziali e il recupero degli indici si è basato unicamente su “parole”, se a queste non seguiranno a brevissimo i fatti – ovvero acquisti da parte della Bce, o attraverso il programma Spm o il fondo Efsf, di debito spagnolo per chiudere nell’angolo la speculazione – il tonfo sarà ancora peggiore, perché si cadrà dai massimi che si creeranno in questi giorni di euforia.
Un azzardo pesante quello preso ieri da Draghi, quasi certamente necessario e quasi certamente frutto del fatto che – senza una mossa che garantisse qualche giorno di tregua – già nel weekend la Spagna si sarebbe arresa e avrebbe chiesto un salvataggio su larga scala sotto l’egida della troika, innescando una carneficina sui mercati e spedendo l’Italia dritta dritta nel mirino in giorni di emissioni, previste per oggi (Bot semestrali) e lunedì (Btp a 5 e 10 anni).
Con tutto il rispetto, Draghi ieri non ha detto assolutamente nulla, non perché parli a vuoto, ma perché non ha la possibilità di mettere in pratica quasi nulla di ciò che vorrebbe e servirebbe per sopravvivere a questo agosto da tregenda. E non perché non sia un uomo potente e capace, ma perché per i prossimi 48 giorni ancora, il destino dell’Europa è nella mani della Corte Costituzionale tedesca chiamata a decidere sulla liceità del fondo Esm, ovvero il salva-Stati permanente che doveva nascere già lo scorso 1 luglio dalle ceneri dell’Efsf e che invece, se tutto andrà bene, vedrà la luce con l’arrivo dell’autunno.
La Germania, infatti, non ha detto una parola rispetto alle intenzioni di Draghi e difficilmente lo farà fino a che non sarà emessa la sentenza. Anzi no, qualcosa lo ha detto: ha fatto filtrare da ambienti governativi il fatto che i bonds spagnoli non sono elegibili per acquisti da parte del fondo Efsf. Quindi, da qui a settembre, o Draghi sfiderà apertamente la Germania e si metterà ad agire sul mercato secondario – in attesa dell’Esm che lui vorrebbe con licenza bancaria – oppure ogni singolo evento sarà sufficiente per scatenare le vendite, in base alla sacrosanta legge del “buy the rumors (le parole di Draghi), sell the news (qualsiasi cosa vada in direzione opposta a esse)”. Ripeto, Draghi ha sfruttato l’emergenza e forse il clima vacanziero per parlare, sperando che la Germania non rendesse noto da subito, con una posizione ufficiale, quali siano le limitazioni strutturali, dovute ai Trattati, dell’operatività reale di Draghi e della Bce. Secondo voi, alla Germania che resta in piedi con l’export, fa più comodo un euro debole o forte?
Non è un caso che a meno di due ore dalle parole di Draghi, Peter Chatwell, analista del reddito fisso a Credit Agricole (non un cattivissimo hedge fund londinese), emetteva la seguente condanna di morte delle parole di Draghi, sottoforma di analisi per i clienti. La domanda era chiara: cosa può fare realmente Draghi? La risposta: niente. Primo, gli analisti non hanno riscontrato nulla di strutturale nel movimento dello spread dopo le parole di Draghi. Secondo, anche se una svendita di Bunds potrebbe estendersi ulteriormente, a oggi appare solo una correzione di ciò che è un rally di avversione del rischio ben consolidato. Terzo, siamo ancora e restiamo, come sentiment, in un regime di elevati rendimenti periferici. Quarto, ciò che Draghi ha detto è deliberatamente ambiguo, una mera risposta alla volatilità e allo stress dei mercati. Quinto, essendo stato così ambiguo, ha lasciato spazio a interpretazioni delle sue intenzioni che possono essere tutt’altro che tranquillizzanti per gli investitori, visto che possono innescare reazioni di vario genere sul mercato.
Il quale, nei primi periodi di “effetto placebo”, potrebbe posizionarsi in hedging temendo un nuovo taglio dei tassi, una terza asta Ltro e qualcosa di più netto. Oppure, nulla. Se il governo tedesco o anche solo un membro autorevole dell’opposizione, ieri all’ora di pranzo, avesse emesso un comunicato sterile e piatto, nel quale ci si limitava a ricordare quali fossero il mandato e le prerogative della Bce, lo spread sarebbe immediatamente rischizzato oltre quota 500 e le Borse avrebbero bruciato in mezz’ora tutti i guadagni, statene certi.
La Germania non lo ha fatto, non perché intenda cedere alle pressioni di Bce, Italia, Francia e Spagna, ma perché sa che queste parole sono un brodino a costo zero, sono parole senza conseguenze, sono – come dicono gli inglesi – un free lunch, un pranzo gratis per i mercati periferici. Almeno finché durerà l’effetto sbronza e non tornerà la lucidità. Cosa che, con un weekend di fronte a noi, potrebbe accadere già con un lunedì nero, quando il Tesoro italiano emetterà debito a medio termine. Sperando di fare del bene all’eurozona, Draghi ieri potrebbe averla invece condannata a morte.
Spero di sbagliarmi, ma se non agirà, in fretta e con i pochissimi mezzi che ha (acquisti con l’Smp sul secondario, i quali però hanno l’effetto collaterale di una quasi certa vendita di titoli spagnoli da parte dei manager di portafoglio, spaventati dalla subordinazione verso la Bce), il governatore della Bce potrebbe aver dato il via, involontariamente, al grande attacco d’agosto. Anche perché ieri l’Ocse ha messo in guardia dal fatto che la recessione in Portogallo rischia di essere più grave di quanto il governo di Lisbona aveva previsto. Nel suo rapporto dedicato alla situazione economica lusitana, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha invitato il Paese a moltiplicare gli sforzi per soddisfare gli obiettivi di riduzione di bilancio. Secondo l’Ocse, l’economia portoghese dovrebbe avere una contrazione del Pil del 3,2% per l’anno in corso e dello 0,9% per il 2013. E le banche spagnole sono esposte per 78 miliardi al Portogallo: se sarà ristrutturazione, nemmeno il fondo Esm potrà fare nulla.
P.S. Non intendo entrare direttamente nella vicenda che vede coinvolto il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, il quale ha già più volte dimostrato di sapersi benissimo difendere da solo. Solo una sottolineatura: visti i titoli d’apertura a nove colonne con cui i quotidiani del gruppo Caltagirone ieri hanno relazionato i propri lettori rispetto all’avviso di garanzia giunto al Pirellone (a fronte di notizie-bazzecole come lo spread e le Borse), temo che qualcosa si stia agitando al centro della politica italiana. Forse PierCalta Casini ritiene il governatore lombardo l’unico ostacolo credibile al suo sogno di nuova egemonia centrista post-berlusconiana? Buon fine settimana a tutti.