Rimbalzo del gatto morto ieri nelle Borse europee dopo la sell-off di mercoledì, alimentato dal tentativo maldestro della Spagna di forzare ancora più austerity all’interno del Budget 2013 al fine di evitare un salvataggio su larga scala, con le condizionalità che questo impone. Qualcuno riporti Rajoy a più miti consigli, prima che sia davvero troppo tardi. Ma cambiamo argomento. Ieri ci siamo chiesti che fine abbia fatto il bazooka anti-spread di Draghi, al netto del tracollo delle Borse europee e della nuova impennata degli spread. Oggi la stessa domanda la poniamo riguardo il QE3 annunciato nove giorni fa dalla Fed, un programma di acquisto di bonds da 80 miliardi di dollari al mese che nelle intenzioni di Ben Bernanke resterà attivo «fino a quando non migliorerà il dato sull’occupazione». Ma cosa c’entra un’inondazione di soldi alle banche di Wall Street con lo stimolo al mercato del lavoro? Un fico secco, ecco perché anche la Borsa Usa comincia a sgonfiarsi come un sufflè.

E non lo dice il sottoscritto, bensì Charles Plosser, presidente della Federal Reserve di Philadelphia, a detta del quale «il QE3 non ridurrà la disoccupazione, non favorirà la crescita e aumenterà i rischi di inflazione nel lungo termine. Ritengo che incrementare l´allentamento monetario non è né appropriato, né adeguato all´attuale scenario. Il tasso di disoccupazione è elevato a causa di fattori strutturali, contro i quali la politica monetaria è inadatta». Prendiamo, ad esempio, il secondo ciclo di quantitative easing, un programma da 800 miliardi di dollari: a cosa è servito? Alle banche per speculare sulle valute estere e sull’arbitraggio dei tassi d’interesse. Punto.

Gran parte di quel denaro, infatti, fu prestato ai Bric (Brasile, Russia, India, Cina) e fu un gran bel colpo: i soldi, infatti, erano allo 0,25% di interesse e venivano gentilmente prestati ai paesi emergenti all’11%, quindi un carry trade (o arbitraggio) mica da ridere. Di più, arrivarono talmente tanti dollari in Brasile da mandare alle stelle le valutazioni del cruzeiro, in modo tale che le banche ottennero anche un bel profitto sul forex.

Una cosa è certa: nemmeno un dollaro è andato all’economia Usa. La riprova? E’ nelle cifre. Ecco i numeri della cosiddetta ripresa americana: quarto trimestre del 2011, +4,1%; primo trimestre 2012, +2,0%; secondo trimestre 2012, +1,25%, ben al di sotto delle previsioni peggiori uscite da Wall Street, che parlavano alla peggio di un +1,4%. Di più, i consumi personali sono cresciuti solo dell’1,06% dalla seconda rivisitazione di previsione dell’1,20%: alla faccia della ripresa resa possibile dalla valanga di denaro del QE2! E ora dove andranno i soldi del QE3? Al settore immobiliare, un totale non-sense visto che i mutui sono crollati al minimo da 16 anni negli Stati Uniti e le banche stanno rifinanziandone sempre meno.

Insomma, formalmente il QE serve a garantire denaro alle banche affinché rifinanzino il settore real estate per far flettere la bolla e, contemporaneamente, prestare denaro alle piccole e medie imprese. La realtà, però, dice altro: i mutui, così come i prestiti, sono sempre meno e si trasformano in scommesse sull’arbitraggio fra tassi d’interesse e forex. Peggio ancora, quando le piccole e medie imprese vanno a chiedere prestiti si sentono dire dalle banche che il mercato è aperto solo verso grosse compagnie che possono garantire collaterale. E quali garanzie possono invece offrire le Pmi statunitensi? Real estate, lo stesso mercato che nelle intenzioni della Fed, il QE3 dovrebbe rivitalizzare e che invece diviene un alibi per le banche per evitare di garantire denaro all’economia Usa.

Pensate che negli ultimi cinque anni, le banche Usa hanno tagliato del 22% la loro esposizioni alle carte di credito, tanto per farvi capire quale sia il livello di non concessione di credito all’economia reale. Direte voi, la Fed deve gettare fumo negli occhi ai contribuenti perché ha una missione segreta da compiere: ovvero, salvare il sistema bancario dal collasso, un qualcosa che se reso noto en plain air getterebbe la gente nel panico e spingerebbe alla bank run di massa, ovvero corse agli sportelli per ritirare i propri soldi. Balle.

Negli Stati Uniti sono solo cinque le banche a rischio di collasso e sono le prime cinque banche di Wall Street, le stesse che hanno fatto scommesse folli sui derivati: gli altri istituti, quelli che gestiscono risparmio ed erogano credito, non sono affatto a rischio sugli assett assicurati. Negli Usa, l’80% delle scomesse sui derivati è in mano (e nel bilancio) di queste cinque banche e si basano su due certezze: il mercato azionario e quello immobiliare torneranno a crescere.

Peccato che ci sia un colossale conflitto d’interessi, visto che la depressione davanti a noi e la crisi che sta colpendo l’Europa, vedi la Grecia, sono un Eldorado per le stesse banche. L’altro giorno, ad esempio, dalle colonne del Financial Times, il capo dell’unità delle privatizzazioni del governo greco ha invitato i creditori del Paese a comprarsi i diritti sul gas e sul petrolio greco o di lanciarsi nel settore di turismo ed export.

D’altronde, in Grecia la situazione è simile a quella Usa: pensate che i 30 miliardi di euro di nuovi aiuti andrà all’economia ellenica? No, andrà alle banche per aiutarle a scaricare l’equity negativo e i mutui ormai inesigibili. In America, invece, le grandi banche sono strapiene di mutui ormai tossici con cui pensavano di fregare i loro clienti, spezzetando quei contratti e tramutandoli in veicoli finanziari. Insomma, il QE3 scommette sulla capacità delle banche di riuscire a vendere quell’immondizia comprata a piene mani da istituzioni criminali come Contrywide Financial e soci.

Siamo di fronte alla terza ondata di una sorta di autosalvataggio del sistema bancario statunitense a spese dei contribuenti, nella speranza di rianimare artificialmente il settore immobiliare, lo stesso che ha fatto partire il domino della crisi. Prepariamoci quindi a un QE4, QE5 e via stampando moneta per salvare i pescecani di Wall Street e i loro bilanci da bancarotta. Sono esagerato? Sto preparando il mio ingresso nelle fila degli indignados di Zuccotti Park? Forse, certamente sono in buona compagnia.

Nel suo ultimo report-intemerata, Albert Edwards di Societe Generale, avverte il mercato del taglio dell’allocazione equity, scesa al 30% (dal 35%), a fronte dell’aumento del cash, salito dal 15% al 20%. L’ultima volta che Edwards aveva abbassato la sua esposizione equity a questi livelli era l’8 maggio 2008, quando l’indice Standard&Poor’s era ancora a 1400 punti. Cosa sia successo non molto tempo dopo, lo sapete tutti quanti. «Nel 2005 scrissi che Alan Greenspan sarebbe stato ricordato e giudicato dalla storia come un criminale di guerra economica. Bene, le politiche di Ben Bernanke si dimostreranno più rovinose di quelle di Sir Alan. La Fed distruggerà il mondo», il giudizio di Albert Edwards. Non a caso, sul mercato del forex comincia a farsi sentire una certa tensione a causa dell’interventismo della Fed.

I traders di valute stanno infatti rapidamente riallocando i loro assets verso paesi con minore tendenza alla svalutazione della moneta, proprio per il timore che il QE3 scateni una nuova guerra valutaria. I fund managers temono che il programma della Fed porti a un indebolimento del dollaro e a un rapido e netto apprezzamento delle valute dei mercati emergenti, come già avvenuto per il real brasiliano o la corona della Repubblica Ceca ma anche per lo yen giapponese. Largo, quindi, a investimenti in paesi con valute già deprezzate come India e Russia o verso il Messico, la cui Banca centrale non ha una storia di frequente interventismo sul mercato del forex.

Insomma, il QE3, per ora, appare solo una gran iattura. Parafrasando Wilson, ciò che è buono per la Fed può essere buono per Wall Street (non per gli Usa), ma non per il resto del mondo.