Ricordate gli strepiti tedeschi quando Silvio Berlusconi decise di ridiscendere in campo in prima persona e disse le cose come stavano riguardo l’atteggiamento e gli interessi occulti della Germania nella crisi del debito? Si arrivò addirittura a una dichiarazione ufficiale del portavoce del governo, il quale mise in guardia tutti dal trascinare Berlino nella competizione elettorale italiana, improntandola su toni da anti-germanesimo. Può starci, anche se tanta suscettibilità a mio modo di vedere nascondeva fin da principio una notevole coda di paglia.

Non dimentichiamoci però che, seppur con qualche mese di ritardo, anche la Germania quest’anno andrà alle urne e vi assicuro che anche lassù la campagna elettorale è iniziata e i bersagli sono extra-nazionali, nella fattispecie la Bce al fine di far credere ai cittadini-contribuenti che non un solo altro marco – ops, scusate, euro – uscirà dalle loro tasche per finire nelle casse di governi disfunzionali del sud Europa e nei “bilanci opachi” dei loro istituti di credito. Domenica scorsa Die Welt am Sonntag ha lanciato l’ultimo siluro: la Banca centrale francese avrebbe fornito 550 milioni di euro in più rispetto al collaterale postato da sei banche francesi e italiane, tra cui Societe Generale e la nostra Unicredit (aprire i rubinetti a famiglie e imprese a fronte del bel regalino, no?), nel suo programma di finanziamento a breve termine. Per il giornale tedesco, si è trattato non solo di un errore di valutazione rispetto al collaterale, ma la dimostrazione che le banche centrali accettano garanzie di sempre minore qualità, al netto dell’illiquidità del mercato sottostante e della sparizione di collaterale con alto rating. Risultato finale, la Bce continua ad avere problemi con la gestione del collaterale.

Un bel siluro a Draghi, quindi. O, forse, più un avvertimento: attento a cosa fai, scudo anti-spread in testa, oppure un bel metodo Boffo potrebbe essere il tuo destino da qui a settembre. La cifra in sé, d’altronde, non giustifica allarmismi e non ha avuto impatto sulle politiche monetarie, come immediatamente sottolineato dall’Eurotower, ma è la frequenza con cui accadono incidenti simili, l’ultimo a novembre, a dare la stura a polemiche. Nel concreto la Banca di Francia ha garantito quel credito eccessivo rispetto al collaterale posto a garanzie da sei banche per un’insufficiente valutazione del rischio sugli sconti, o haircuts, che andavano compiuti sugli assets posti a garanzia del finanziamento, nella fattispecie bonds all’interno del programma Short-Term European Paper (Step). Insomma, a fronte di notes dal valore inferiore a 6,5 miliardi di euro con scadenza fino a un anno emesse dalle sei banche, gli haircuts per la valutazione del rischio sono stati troppo piccoli, garantendo agli istituti 550 milioni di extra-finanziamento non giustificati da collaterale. Ma non è tutto.

A parte il rimpallo di responsabilità tra Banca di Francia e Bce, con la prima che non ha commentato l’accaduto e la seconda che ha subito sottolineato come il segmento di mercato che fa riferimento a Parigi è quello che offre le minori informazioni, il domenicale tedesco ha riferito come la Banca di Francia abbia compiuto errate operazioni di calcolo del rischio sugli sconti da operare sul collaterale in operazioni Step per ben 113 volte, dato che sarebbe stato confermato dalla Bce e quindi smentirebbe l’oscurità per l’Eurotower di quanto accade a Parigi sul finanziamento a breve termine. Morale della favola, per i media tedeschi questi errori sono totalmente ascrivibili alla scelta della Bce di espandere a dismisura la lista di securities accettate come collaterale in operazioni di rifinanziamento.

E a parziale sostegno di questa tesi c’è appunto quanto accaduto lo scorso novembre, quando alcune banche spagnole ottennero denaro direttamente dalla Bce al tasso preferenziale dello 0,5%, anche se il collaterale fornito a garanzia era con rating di credito tale da dover richiedere un tasso del 5,5%. Una violazione delle stesse regole interne all’Eurotower che portò anche a un’indagine, finita in nulla. Degli 80 miliardi di euro circa di titoli posti a garanzia, una parte era completamente ineligibile a collaterale e a garantire il trattamento di favore sarebbe stato un titolo a 18 mesi erroneamente classificato con rating A, mentre era di fatto B sia per Moody’s che per Fitch che per Standard&Poor’s. Ma come è stato possibile che accadesse una cosa simile?

La Banca centrale spagnola si affrettò a rendere noto che a suo modo di vedere la Bce aveva applicato correttamente le regole sul collaterale, poiché la misconosciuta agenzia di rating canadese Dbrs valutava ancora i titoli spagnoli A e il suo parere sul merito di credito deve comunque essere tenuto da conto in ambito di valutazione dell’eligibilità. Il problema, però, è che se un domani Dbrs dovesse operare un downgrade, magari per un salvataggio totale o parziale del Paese, potrebbe innescare un domino spaventoso. Se infatti quei bonds già sospetti dovessero essere ulteriormente abbassati di rating, le banche che li hanno posti a garanzia presso la Bce dovrebbero produrre nuovo collaterale per qualcosa come 16,6 miliardi di euro.

Una situazione a dir poco delicata, visto che più di un hedge fund potrebbe essere tentato di ammassare posizioni short sul debito spagnolo e poi, non appena una delle tre sorelle del rating dovesse fare un fiato negativo sulla Spagna (cosa non peregrina vista l’imminente esplosione della bolla immobiliare sul totale dei bad loans concessi dalle banche negli anni allegri del boom zapateriano), chiamare la Dbrs commissionandole un report sullo stato finanziario sul breve termine di Madrid. Insomma, si rischia e anch’io penso che sarebbe meglio se la Bce smettesse di comportarsi a giorni alterni da hedge fund sottocapitalizzato o da bancomat aperto a tutti senza necessità del codice e dei fondi sul conto corrente. Detto questo, sarebbe carino che la stampa tedesca utilizzasse altrettanto clamore e dovizia investigativa – oltre a vis polemica – per riportare notizie come quella pubblicata ieri dal Wall Street Journal, in base alla quale a partire dall’annus horribilis 2008, Deutsche Bank ha fatto scommesse per cifre esorbitanti sul Libor, il tasso interbancario manipolato proprio da un pool di banche. E sapete per quanto? 68 milioni di euro per ogni punto base di variazione del Libor! E sapete perché? Lo si legge nei documenti dell’indagine in corso sulla manipolazione del tasso, che vede Deutsche Bank, guarda caso, volontariamente tra i testimoni e i delatori per evitare rogne: perché le persone preposte alla valutazione dei rischi di investimento spazzarono via ogni preoccupazione del management dicendo chiaramente loro che le scommesse erano certe, visto che era Deutsche Bank stessa a poter influenzare i movimenti del tasso su cui stava scommettendo! Da quelle scommesse il colosso tedesco guadagnò almeno 650 milioni di dollari, soldi fatti barando nello stesso periodo in cui l’istituto dovette nascondere nei bilanci perdite per 12 miliardi di dollari per evitare un salvataggio statale e la semi-nazionalizzazione.

Ora, cari lettori, al netto della natura opaca del mandato stesso della Bce attuale, vi pare che in Germania possano stracciarsi le vesti per un errore sulla valutazione del collaterale da 550 milioni di euro, a fronte delle straordinarie prestazioni da baro della prima banca del Paese?