Et voilà, il “taper” è arrivato i mercati festeggiano! Ben Bernanke è riuscito a fare il triplo salto mortale che tutti si attendevano da lui ma che tutti temevano non sarebbe stato possibile: iniziare il “taper”, ovvero la riduzione degli acquisti di asset da parte della Fed, senza affossare le Borse. Un trionfo, visto che dopo l’annuncio a Wall Street il Dow Jones ha chiuso con il nuovo record di tutti i tempi a 16.168 punti (+1,84%), seguito da un nuovo massimo storico anche per lo S&P 500 a 1.810 punti (+1,66%), mentre il Nasdaq ha registrato un rialzo minore dell’1,15% a 4.070 punti. Ieri, prese di beneficio, come normale.

Il Comitato di politica monetaria della Federal Reserve (Fomc) ha quindi deciso di ridurre di 10 miliardi di dollari gli acquisti mensili di asset, abbassandoli da 85 a 75 miliardi a partire da gennaio. Gli acquisti di titoli di Stato Usa saranno ridotti di 5 miliardi, da 45 a 40 miliardi, come pure quelli di bond legati ai mutui, da 40 a 35 miliardi. Il comunicato del Fomc ha spiegato che nelle prossime riunioni ridurrà il ritmo degli acquisti di asset a passi misurati, sottolineando che comunque il percorso del “tapering” non è prestabilito e quindi dipenderà dai dati sull’occupazione e sull’inflazione. Insomma, se la situazione macro dovesse deteriorarsi, quindi, il Fomc non esiterà a bloccare la riduzione degli acquisti.

Il Comitato ha poi ribadito che i tassi di interesse (confermati fra lo 0% e lo 0,25%) resteranno eccezionalmente bassi fino a che il tasso di disoccupazione non scenderà al di sotto del 6,5%. Secondo le nuove stime della Fed, il Pil Usa nel 2013 dovrebbe crescere tra il 2,2% e il 2,3%, più del 2%-2,3% stimato a settembre, e il tasso di disoccupazione dovrebbe attestarsi tra il 7% e il 7,1% (7,1%-7,3% in precedenza). Per quanto riguarda l’inflazione, il dato di quest’anno si dovrebbe attestare tra lo 0,9% e l’1%, contro il range tra l’1,1 e l’1,2% precedente, mentre per la componente “core”, quella epurata dalle componenti più volatili come i prezzi di energia e generi alimentari, le stime sono ora tra l’1,1% e l’1,2%, contro la stima di settembre dell’1,2%-1,3%. Migliorate anche le previsioni per il prossimo anno: il Pil è previsto in crescita tra il 2,8% e il 3,2% (tra il 2,9% e il 3,1% nelle stime di settembre), mentre la disoccupazione è prevista tra il 6,3% e il 6,6% (tra il 6,4% e il 6,8% nelle stime di settembre).

Insomma, il “taper” è partito senza far scoppiare la bolla: il mercato aveva già prezzato la riduzione degli acquisti? Per carità! Ora, dopo avervi dato tutti i particolari del caso, lasciatemi dire una cosa: ma di quale “taper” stiamo parlando? Per quale motivo le Borse avrebbero dovuto spaventarsi, per il fatto che invece di 85 miliardi al mese la Fed comprerà “solo” per 75? Oltretutto con la garanzia che se la situazione dovesse peggiorare si tornerà a 85 miliardi? Inoltre, con la “forward guidance” in base alla quale fino a quando la disoccupazione non scenderà sotto il 6,5% i tassi resteranno a zero? Ma stiamo prendendoci in giro? Basta guardare l’andamento delle Borse dei paesi emergenti, le quali nei mesi scorsi hanno scontato perdite enormi sui timori del “taper”: Jakarta ha chiuso a +1%, mentre New Delhi ha perso solo lo 0,8%. E i Treasuries, i titoli di Stato Usa? Nei mesi scorsi hanno flirtato con quota 3% di rendimento soltanto sul timore del “taper”, mentre mercoledì sono saliti al 2,92%, salvo ritracciare quasi subito al 2,88% e restare in area 2,94% all’apertura di ieri. Non esattamente la fiammata temuta, mi pare.

Per Bill Blain, capo del dipartimento reddito fisso alla Mint Partners, la vera prova del nove sui mercati si avrà solo nel 2015: «Le parole di Bernanke non hanno affatto spaventato i mercati, semplicemente perché per vedere una reazione reale dovremo aspettare il momento in cui questo ciclo di stimolo si tramuterà davvero in “taper” e tassi in rialzo. Da qui al 2015, questa sarà la domanda che diverrà mano a mano più importante sui mercati». Il tonfo del prezzo dell’oro (sotto quota 1200 dollari, minimo da sei mesi), bene rifugio per antonomasia, ci conferma poi che nessuno sta per svendere tutto nel timore della grande correzione. Insomma, quello della Fed è stato più un atto simbolico che operativo. Certo, per qualcuno si è trattato dell’occasione per fare un po’ di soldi facili, visto che, come confermato da Nanex, 50 secondi prima dell’annuncio ufficiale del Fomc in un solo secondo sono stati trattati 3700 contratti eMini Futures: ma si sa, qualcuno sa sempre le cose in anticipo da quelle parti.

Detto questo, ci sono due questioni da tenere di conto. Primo, gli Usa non sono affatto fuori dalla crisi, nonostante il diluvio di liquidità della Fed. Direte voi, la disoccupazione sta calando, c’è ripresa? Che tipo di ripresa, vi chiedo io però, visto che mercoledì è stato comunicato il dato in base al quale il numero di nuovi cantieri è salito al massimo da otto anni, ma ieri un altro dato confermava che la richiesta di mutui immobiliari è ai minimi da 13 anni? Costruiscono per passare il tempo? O comprano tutti cash? E come non leggere un messaggio positivo per la ripresa nel dato delle vendite globali di Caterpillar, direttamente legate al mercato delle costruzioni e delle infrastrutture? In novembre secondo calo di fila, un bel -12%.

Secondo, se veramente quello posto in essere dalla Fed è stato un “taper” credibile ce lo dirà il tempo e non serviranno mesi e mesi. Basti vedere il precedente giapponese. Il 19 marzo del 2001 la Bank of Japan annunciò l’introduzione di un programma di stimolo che durò fino al 9 marzo del 2006 e una volta dato vita al “taper” per un paio di settimane i mercati continuarono a festeggiare: salvo crollare del 24% nei due mesi successivi. Non a caso, per Scott Minerd, economista presso la società Guggenheim Partners, «la creazione di liquidità da parte della Federal Reserve e il miglioramento della redditività delle imprese, stimolato dalla ripresa dell’economia, dovrebbero continuare a far salire i prezzi degli attivi, in particolare le azioni. Chi investe sul lungo termine dovrebbe però ricordare che il margine di sicurezza delle azioni americane si riduce e malgrado i rendimenti a breve termine sembrino essere solidi, è sicuramente meglio investire nelle Borse europee e dei paesi emergenti». Ma come, i paesi emergenti, quelli che sarebbero stati squassati dal “taper” della Fed? Già, il che significa che l’impatto non ci sarà almeno per un anno, per il semplice fatto che non c’è stato un “taper”.

In compenso, attenzione ai titoli azionari Usa, dice Minerd: una conferma di quanto dico da mesi, ovvero l’esistenza di un’enorme bolla creata dalla liquidità della Fed che ha portato a un sovrapprezzo degli assets e al record assoluto del “margin debt” a Wall Street. Quanto durerà il rally? Difficile dirlo, quasi impossibile, visto che la Fed ha offerto talmente tante garanzie al mercato, a fronte di una riduzione non certo drastica degli acquisti, da mettere potenzialmente il turbo agli acquisti ancora per mesi.

D’altronde, siamo in un mercato auto-alimentante, in cui ogni notizia diviene buona o cattiva a scelta dei grandi player. Basti vedere i giudizi espressi ieri sul mercato obbligazionario sovrano del Sud Europa da Peter Chatwell, capo analista di Credit Agricole Corporate and Investment Bank: «Abbiamo evidenze chiare di un buon flusso di investimento che sta tornando verso l’Europa periferica, visto che gli investitori la ritengono ancora un’opportunità di acquisto. I dati della Banca d’Italia dimostrano come le banche italiane, ad esempio, hanno ridotto significativamente le loro detenzioni di titoli di Stato italiani negli ultimi tre mesi ma nonostante questo il rendimento resta basso, come lo spread. A mio avviso questo dimostra che il mercato può reggere l’impatto della riduzione delle detenzioni da parte delle banche».

Per Christian Schulz, capo economista alla Berenberg Bank, «le banche potrebbero vendere e continuare a farlo, visto che nella prospettiva della “Asset quality review” è meglio non avere a bilancio troppa carta sovrana. Al tempo stesso, non penso che svenderanno in una sell-off non coordinata, perché questo deprimerebbe il valore dei titoli che hanno ancora in pancia. Penso che continueranno a testare i mercati e continueranno a vendere fino a quando ci saranno investitori internazionali intenzionati a comprare».

Cosa penso di questo ottimismo? Semplicemente che tutti gli analisti danno per scontata una nuova asta Ltro da parte della Bce in tempi molto brevi, quindi altro metadone a pioggia per i mercati che si unirà a quello di Fed e Bank of Japan. Avanti così, che la bolla continui a crescere. Ma più cresce, più crescono i rischi che esploda, anche soltanto sfiorandola. Ripeto quello che ho già detto: ho enormi timori per noi e per la Spagna nel bimestre febbraio-marzo. Al di là delle mosse della Fed.