Dunque, ora che a Cipro le banche hanno riaperto – anche se con vincoli di controllo sul capitale in grado di scongiurare una bank-run e con guardie armate a difesa degli sportelli – ci tocca porre un’altra domanda e dare un’altra risposta al giallo di Nicosia: chi sapeva in anticipo che l’Ue avrebbe rotto il tabù della libera circolazione dei capitali e dell’intangibilità bancaria? Chi era a conoscenza del fatto che il “modello Cipro” si sarebbe basato sul bail-in, ovvero far pagare le ristrutturazioni bancarie anche ai correntisti? Qualcuno di certo. Lo prova il grafico a fondo pagina reso noto ieri dalla Bce: nel mese di febbraio, quando quello cipriota continuava a essere un non problema per tutti – Ue, Bce stessa, Fmi, analisti finanziari – e l’indice Dow Jones sfondava record su record, dalle casse delle banche cipriote è stato prelevato e spostato l’ammontare massimo degli ultimi tre anni. Una coincidenza fortuita? Difficile pensarlo, visto poi che l’ammontare è quasi equamente diviso tra componente retail e corporate, ovvero privati cittadini e aziende.
Insomma, a un mese dal golpe della Troika, qualcuno ha drizzato le antenne e pensato bene di mettere in salvo i suoi soldi. Russi? Inglesi? Difficile, viste le reazioni dei rispettivi governi alle decisione dell’haircut e al prelievo di massa della scorsa settimana tramite filiali russe e londinesi. Magari di nazionalità molto familiare con le questioni europee? Ecco, già più probabile. E qui inizia il vero giallo, almeno a mio modo di vedere.
Nel primo pomeriggio di ieri, Twitter era impazzito rilanciando in continuazione la notizia, riportata per prima dalla versione on line del quotidiano tedesco Handelsblatt, in base alla quale la Bundesbank avrebbe fornito liquidità per 5 miliardi alla Banca centrale di Cipro. Immediate sono fiorite le teorie più strampalate, visto che circolava anche una foto notturna di camion in coda, i quali sarebbero stati pieni dei soldi tedeschi per Nicosia. Ma perché mai la Bundesbank, notoriamente “falco” quando si tratta di salvataggi, dovrebbe prestare soldi a Cipro? E in quali termini?
È bastata una mail all’ufficio stampa della Bundesbank per avere la versione reale dei fatti. A mia domanda, infatti, Ute Bremers rispondeva quanto segue: «Vorrei correggere la notizia. I soldi che sono stati forniti alla Banca centrale di Cipro provengono dalle riserve della Bce, erano semplicemente stoccati presso la Bundesbank precedentemente. Per ogni altra domanda riguardante questo argomento, la prego di rivolgersi ai miei colleghi della Bce». Ed è ciò che ho fatto. Alle 17.18 inviavo una mail all’ufficio stampa della Bce, da cui mi giungeva risposta alla 17.38: mi si chiedeva scusa perché tutti gli addetti dell’ufficio erano già andati via (alle 17.38 e in pieno bailamme finanziario? Poi sono gli italiani che lavorano poco e suonano il mandolino) ,ma mi si forniva gentilmente il numero di cellulare di Niels Bunemann, capo del dipartimento stampa.
E qui mi è sorto il primo dubbio. Se la cosa è così normale, operazione di prassi, quell’unico addetto stampa presente e che mi ha risposto, non poteva mandarmi una mail di spiegazioni senza scomodare il grande capo? Tant’è. Ho chiamato Bunemann e tra mille difficoltà telefoniche, alla fine sono riuscito a conversare e ottenere la sua versione. «Il trasferimento non ha avuto nulla a che fare con il programma Ela (quello di emergenza che vede la Bce fornire liquidità alle varie banche centrali dell’eurozona per un certo ammontare, ndr), è un trasferimento di liquidità di routine che la Bce compie normalmente. Una volta visto dove servono risorse aggiuntive, vengono distribuite. In questo caso, Cipro aveva necessità di liquidità aggiuntiva». Ma quanta in più rispetto al solito, visto che si parla di 5 miliardi di euro? «Sull’ammontare non ho nulla da dire».
Insomma, la notizia è che la Banca centrale di Cipro avrebbe ricevuto 5 miliardi cash dalla Bce: a che titolo, però? Chi ha dato il via libera al suo trasferimento? Chi ha sbloccato i fondi così in fretta, quando ancora non si conosce nulla sul piano cipriota per fronteggiare la crisi bancaria? L’Eurogruppo? La Commissione? L’Europarlamento? Il Fmi? Quest’ultimo no di certo, visto che un take della Reuters delle 16 di ieri diceva chiaro e tondo che «un accordo finanziario con Cipro non sarà raggiunto prima di fine aprile, a tal fine Fmi, Bce e Ue sono attualmente a Cipro e stanno lavorando per completare i dettagli tecnici». Sappiamo solo che ora ci venderanno la favola delle banche cipriote aperte, liquide e che tra poco potranno toglieranno le misure restrittive sui capitali. Balle, un trasferimento d’urgenza e di quell’importo vuol dire che russi, inglesi ma anche tedeschi e altri avevano tolto praticamente tutto dai loro conti, qualcuno a febbraio (europei), qualcun’altro la scorsa settimana (russi e qualche inglese) e che le banche sarebbero fallite già nel weekend pasquale.
Tanto più che sempre attraverso la Reuters, ieri pomeriggio il ministro delle Finanze cipriota rendeva noto che «i controlli sui capitali sono eliminati del tutto in circa un mese». Ma come, l’altro ieri una settimana e in 24 ore siamo passati a un mese? Sarà tutta un’enorme coincidenza, ma a Borse europee chiuse, è rimbalzata una nota di Moody’s del 22 marzo con la quale si rendeva noto di aver declassato il rating del debito senior e dei depositi delle banche di Cipro a livello Caa3 da Caa2 con outlook negativo e con possibile nuovo taglio. Ovvero, default. Sarà per questo che la Bce ha dovuto aprire i cordoni e con quell’ammontare, di cui però non si vuol parlare ufficialmente e che si nega sia parte del programma Ela? E se a questo downgrade dovesse seguire quello sovrano?
Se quel trasferimento fosse, come invece penso, frutto di un ampliamento del programma Ela, la Banca centrale greca avrebbe postato collaterale presso la Bce come garanzia, collaterale che potrebbe a breve valere come carta igienica, portando una perdita per la Bce, la quale ha già in pancia 11 miliardi di euro di carta cipriota usata come collaterale finora e tutta con garanzia governativa, compreso il debito senior delle banche già declassate da Moody’s. Capite, rischiamo di perdere come contribuenti italiani ed europei più di quanto la Germania non ha voluto spendere per il salvataggio di Cipro, in più avendo aperto il vaso di Pandora dei controlli sui capitali e del prelievo forzoso. Forse, quindi, quei soldi servono proprio a garantire liquidità alle banche, ristabilire un minimo di calma ed evitare l’innesco di un downgrade sovrano che vorrebbe dire default sul debito e guai davvero seri.
Attendo speranzoso di essere smentito da qualsiasi parte in causa. Una cosa è certa, dopo quanto accaduto, nulla sarà più come prima. L’Ue ha infatti ottenuto un triplice risultato: portare la ratio debito/Pil al 120% in breve termine per ripagare il prestito, eliminare l’intangibilità della libera circolazione dei capitali nell’eurozona e distruggere il concetto di unità monetaria. Già, perché un euro di Cipro non vale come un euro tedesco o francese o anche greco: e non lo dice il sottoscritto ma Martin Wolf, anima e mente del Financial Times. «(Ciò che ci insegna il caso di Cipro è che, ndr) un euro non ha lo stesso valore ovunque. Le banconote sono le stesse ma di fatto quasi tutti gli euro sono passività delle banche. Quello che è successo a Cipro mostra chiaramente che il valore di un euro di passività bancarie dipende dalla solvibilità della banca stessa e dalla solvibilità del governo che sta dietro a quella banca. Se tanto la banca, quanto lo Stato sono insolventi, i prestatori hanno buone probabilità non solo di perdere una grossa fetta dei loro soldi, ma anche di scoprire che il resto è congelato sotto la cappa dei controlli di capitale, introdotti per impedire il collasso del sistema bancario di un Paese».
E, infatti, comincia a circolare la convinzione che presto si tenderà – all’interno dell’Unione – a non accettare banconote cipriote, denominate da una G nel numero seriale. Per Dimitris Drakopoulos di Nomura, «nessuno può sapere cosa succederà o già sta per succedere. L’economia potrebbe andare in caduta libera». Quindi, essendo stato colpito mortalmente il cuore della sua industria, il settore bancario, con cosa Cipro potrà rimpiazzarlo per non cadere nella depressione totale? Il turismo? No, perché l’entrata nell’euro ha reso Limassol e altre mete dell’isola molto care, decisamente più di Croazia, Turchia o Egitto. Chi poteva permettersi Cipro erano i russi: torneranno? Il settore manifatturiero conta solo per il 7% del Pil nazionale e dati recenti del Fmi ci dicono che l’indice sul costo del lavoro a Cipro è cresciuto molto più che in Grecia, Italia o Spagna dalla fine degli anni Novanta a oggi. La storia insegna: l’Islanda – come la Svezia o la Finlandia a inizio anni Novanta – si è salvata dalla disoccupazione di massa dopo il collasso del sistema bancario grazie alla svalutazione della moneta: Cipro non può, nonostante lo stigma che già affligge ogni euro depositato o speso laggiù. Se poi, per caso, Cipro tenterà la strada della svalutazione interna, si ritroverà con un tasso di disoccupazione greco e una contrazione in grado di devastarla.
Tanto più che per Rrbs, «i russi porteranno via da Cipro tutto quanto rimane, non appena saranno tolti i controlli sul capitale». Alla luce di questo, mi piacerebbe chiedere a Christine Lagarde, come pensa che questo accordo possa riportare il debito pubblico cipriota sotto il 100% del Pil nel 2020? Ah già, la Lagarde guida quel branco di irredimibili umoristi del Fmi, gente che parlava in questi termini anche per i due salvataggi greci. Tanto più che, come riportava ieri il Daily Telegraph, i controlli di capitale stanno devastando il poco di economia reale cipriota che resisteva: un commerciante, infatti, ha visto bloccato il suo conto alla Laiki e non ha potuto pagare un fornitore egiziano. Quindi, niente consegna delle scarpe e affare sfumato: quanti di questi mister x ci sono a Cipro? Migliaia.