Tobias Piller, il corrispondente a Roma del quotidiano tedesco Faz, mi è simpatico. Ha lo sguardo sveglio e vispo, il pragmatismo teutonico e una buona dose di malcelata superiorità morale nei nostri confronti. Bene, martedì sera a Porta a porta ha dovuto per la prima volta pagare pegno. Bruno Vespa, non quindi un giornalista euroscettico con i canini sfoderati, lo ha inchiodato con due tabelle semplici, semplici: se i tedeschi, mediamente, hanno meno soldi degli italiani è perché li spendono invece di risparmiare, ma la Germania, intesa come nazione, non è più povera di Italia, Cipro e Grecia. Delle idiozie profuse allo Spiegel da due dei cosiddetti “cinque saggi” della Merkel abbiamo parlato martedì, ora però la storia dei Paesi periferici che sono più ricchi della Germania e quindi devono finanziarsi da soli gli eventuali salvataggi – leggi prelievi forzosi, patrimoniali, vendita di assets e magari di oro, come Cipro – deve finire una volta per tutte, perché è una balla mostruosa.

I cittadini tedeschi non sono più poveri di quelli italiani o spagnoli o ciprioti, semplicemente perché basta guardarle tutte le tabelle pubblicate dalla Bce per capire che la Germania è più ricca, solo sconta una diseguaglianza di distribuzione del reddito da far impallidire un campione mondiale del genere come Singapore. Certo, se si prendono le tabelle spiattellate dai media tedeschi, ovvero quelle riguardo la ricchezza media netta e la proprietà di un immobile abitativo (le prime due riportate a fondo pagina), sembrerebbe davvero così, verrebbe da inserire il tedesco medio nei programmi di aiuto di ActionAid e mandargli qualcosa ogni mese per una ciotola di riso e dell’acqua potabile, ma siccome io di farmi prendere in giro da chi ha sfruttato l’euro per il proprio interesse, devastando l’altra metà del continente prima con l’aumento del gap di produttività e poi con la mancata trasmissione del credito, sono stufo: rispondo con i dati.

Raramente nella storia, infatti, statistiche come quelle pubblicate dalla Bce sono state distorte e sfruttate per uso politico come oggi, stranamente a cinque mesi dalle elezioni politiche in Germania. Certo, se prendete la prima tabella non solo i cittadini tedeschi appaiono quelli più poveri, ma saltano subito all’occhio anche le enormi discrepanze all’interno dell’eurozona, un quadro ribaltato rispetto alla percezione. Non a caso, Wall Street Journal, Financial Times e proprio la Frankfurter Allgemeine Zeitung di Piller, hanno caricato i cannoni e sparato in difesa dei poveri tedeschi.

Peccato che la Bce abbia pubblicato anche altre statistiche, ad esempio quella della ricchezza media (mean wealth) dei cittadini dell’eurozona, comparata al dato di ricchezza netta e anche quella della comparazione tra la ricchezza detenuta dal 20% più ricco della popolazione contro quella del 20% più povere nei vari Paesi dell’eurozona (la terza e la quarta tabella qui sotto).

Sorprendentemente, questi numeri non hanno affatto attirato l’attenzione dei media, soprattutto tedeschi, nonostante la comparazione di questi numeri con i precedenti due tanto sbandierati ci offra un quadro un pochino differente rispetto alla distribuzione della ricchezza. La Germania, come vi dicevo, è come Singapore, Paese dove la mean wealth è altissima, pari a 255,488 dollari, ma la median wealth è invece un nono, 30,092 per ogni adulto. La ricchezza median, infatti, si riferisce alla ricchezza per la metà della popolazione adulta distribuita nel Paese, la mean wealth è la media. Basta quindi fare una semplice comparazione tra median e mean wealth per capire molto della distribuzione della ricchezza all’interno di una nazione: più grande è la differenza tra i due dati, più è grande la diseguaglianza nella ripartizione della ricchezza. Stando a quanto ci dice la tabella 3, la mean wealth in Germania è quattro volte la median, mentre nella maggior parte delle nazioni dell’eurozona la ratio sta nel range tra 1,5 e 2. Quindi, la ricchezza privata in Germania è concentrata in poche mani. Basti guardare la tabella 4, per scoprire che la ricchezza del 20% più ricco dei tedeschi è 149 volte superiore a quella del 20% più povero della cittadinanza: la Germania, quindi, non è povera, è campione di diseguaglianza nella distribuzione della ricchezza. Che, a casa mia, è cosa differente.

Inoltre, occorre domandarsi quanto la ricchezza dei cittadini sia davvero un buon indicatore della ricchezza di una nazione, visto che una parte significativa di ricchezza può essere tranquillamente detenuta dal settore corporate o istituzionale, più che dai cittadini. Per capire quanto una nazione è davvero ricca si potrebbero usare altri indicatori, ad esempio lo stock totale di capitale, ovvero la capacità di una nazione di generare – insieme con il capitale umano – un flusso di entrata. Ci sono due definizioni, lo stock di capitale interno pro capite e la somma dello stock di capitale interno rapportata alla posizione netta di investimenti internazionali rispetto al resto del mondo. Basta prendere dati dell’Ocse del 2012 al riguardo e si scopre che i Paesi del Nord Europa sono i più ricchi dell’eurozona, con la Germania in un caso terza e in uno seconda in classifica, con una ricchezza pro capite più che doppia rispetto a Paesi come Portogallo e Grecia.

 

Quindi, la Germania non ha un problema di povertà che la esenterebbe moralmente e materialmente dal salvare con i suoi soldi paesi del Sud più ricchi ma spendaccioni e indebitati, ha un problema interno di disuguaglianza della distribuzione della ricchezza, concentrata in gran parte nella parte alta della curva sociale. Inoltre, la Germania detiene molta della sua ricchezza nel settore istituzionale-governativo e corporate, più che nella cittadinanza. Il problema vero, quindi, appare quello che alla politica e al 20% di cittadinanza che detiene la maggior parte della ricchezza appare un comodo alibi additare i paesi dell’eurozona del Sud come i responsabili della povertà di larga fascia della cittadinanza tedesca, caricando di toni populisti una questione tutta interna. La Germania è una delle nazioni più ricche dell’intera area euro, peccato che la disuguaglianza interna nella distribuzione crei una percezione di povertà accentuata nella fasce più deboli e renda l’arma dei salvataggi ingiusti un grimaldello politico e sociale perfetto.

D’altronde, da un Paese che calcola i mini-jobs per abbassare i tasso di disoccupazione ufficiale, salva le banche con soldi pubblici ma vieta agli altri di farlo e non contabilizza nel bilancio statale la sua Cassa depositi e prestiti per evitare di rovinare la ratio debito/Pil, cosa vi aspettate? Per essere così amanti del rigore, mi ricordano molto la finanza creativa di Flavio Tonna… Provaci ancora, Piller.

 

P.S.: Parlando nella mattinata di ieri al Bundestag, dove è stato approvato il pacchetto di aiuti da 10 miliardi per Cipro, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schauble, ha detto che «un’insolvenza di Nicosia metterebbe a rischio anche paesi come Spagna e Italia. Per questo motivo, Bce, Commissione europea e Fmi hanno ritenuto la sorte di Nicosia rilevante per l’Eurozona». Replica del ministro Corrado Passera, a stretto giro di posta, dai microfoni di Radio24: «Ma no, no, diamo il senso della misura alle cose: già ci siamo fatti mettere nell’angolo da un Paese che rappresenta il 2% dell’Europa e siamo riusciti a fare un casino del diavolo non avendolo affrontato nel modo giusto, adesso non rifacciamolo con un micro-problema come quello di Cipro». La Germania ci ha messo nel mirino: fallito il blitz bufala sui tedeschi poveri, ecco che parte la ritorsione e ci addita ai mercati. Occorrerebbe reagire, con durezza. Ma un Paese dove, in un momento simile, gente eletta per governare e legiferare ha voglia di scherzare e vota alla prima chiama per il Presidente della Repubblica il Conte Mascetti o Valeria Marini forse merita di fallire ed essere fagocitato.