Signore e signori, il Re è nudo. Basta guardare il grafico a fondo pagina per capire come il mercato abbia reagito al nulla che ancora una volta Mario Draghi ha regalato al termine dell’ennesimo board della Bce: evito, per carità di patria, di pubblicare il grafico della reazione della Borsa, ma soprattutto vi faccio notare una cosa. Dopo quel salto al rialzo, lo spread ha cominciato a scendere ancora: cosa significa? Che la Bce ha comprato, direttamente o attraverso lo schema di back-door funding per le banche, sintomo che il padrone tedesco ha messo dei vincoli molto chiari al mandato del governatore, blandendolo però con la possibilità di proseguire il proprio gioco di specchi sui differenziali utilizzando la sua “mano invisibile” per simulare una calma che non c’è. Nessun trader, infatti, si metterebbe mai contro la Bce, a meno che la sell-off non sia generalizzata e c’è ancora troppa gente convinta che alla fine, magari a gennaio o a febbraio, la Bce agirà.



Balle, una montagna di balle. Ma partiamo dall’ufficialità, per onore di cronaca. La crescita dell’Eurozona si è indebolita, in un contesto caratterizzato da una bassa inflazione e da una disoccupazione elevata, per quanto sia confermata l’aspettativa di una modesta ripresa: così il presidente della Bce, Mario Draghi, in conferenza stampa dopo che il Consiglio direttivo ha lasciato invariato il costo del denaro al minimo storico dello 0,05%. Un consiglio che «resta unanime sul ricorso a ulteriori misure non convenzionali nel caso di un prolungarsi dei rischi di un’inflazione troppo bassa», ha ribadito il numero uno dell’Eurotower, annunciando che il prossimo anno verranno valutati gli stimoli attuati, le prospettive sulla stabilità dei prezzi e le dimensioni del bilancio. Sulla base di questa valutazione verrà poi decisa l’eventuale adozione di nuove misure.



A tale proposito, lo staff della Bce sta già lavorando a progetti tecnici in maniera tale da poter attuare tali misure, ad esempio, il possibile acquisto di titoli di Stato, in maniera «tempestiva, se necessario». Peraltro l’Istituto centrale ha già avviato una serie di misure, ha ricordato, ovvero l’acquisto di asset backed securities e covered bond, che «durerà almeno due anni» e il piano di prestiti alle banche condizionati, Tltro, la cui seconda asta si svolgerà oggi per essere seguita da altre cinque operazioni entro giugno 2016.

Draghi ha chiarito che le condizioni della nuova Tltro saranno uguali a quelle della precedente e ha ripetuto che tali misure avranno un “impatto consistente” sul bilancio della Bce, «destinato a tornare alle dimensioni che aveva all’inizio del 2012», cioè intorno ai mille miliardi. Allo stato attuale è comunque presto per un programma di alleggerimento quantitativo che preveda l’acquisto di titoli di Stato, opzione discussa ieri dal consiglio direttivo che però è giunto alla conclusione che «serve ancora lavoro», ha rivelato.



Nel frattempo, lo staff della Bce ha ridotto le proprie stime sul Pil dell’Eurozona rispetto alle previsioni di giugno: l’economia dell’area ora è vista in crescita dello 0,8% quest’anno dallo 0,9% di settembre. Nel 2015 il Pil è stimato a +1% dal +1,6% e nel 2016 a +1,5% dal +1,9% di settembre. Di più, la Bce ha rivisto al ribasso anche le stime sulla crescita dell’inflazione: nel 2014 passa da una crescita dello 0,6% prevista a settembre a una crescita dello 0,5%. Nel 2015 l’Eurotower prevede un’inflazione a +0,7% dal +1,1% inizialmente stimato e nel 2015 i prezzi al consumo sono stimati in rialzo dell’1,3% dall’1,4% precedentemente previsto.

La Bce, ha avvertito Draghi, «non tollererà prolungate deviazioni dalla stabilità dei prezzi, che potrebbero a sua volta alimentare aspettative di inflazione» e vigilerà con particolare attenzione sull’andamento del prezzo del petrolio, crollato tra giugno e oggi del 30% in termini di euro e monitorerà le sue conseguenze sulle aspettative di inflazione. Il numero uno della Bce ha definito «ambiguamente positivi» gli effetti, sia indiretti che diretti, del crollo del prezzo del petrolio: se da una parte «cresce il potere d’acquisto delle famiglie», dall’altra, nel caso di una stabilizzazione delle quotazioni verso il basso, si rischiano ripercussioni negative sulle retribuzioni e sull’inflazione core. E questo non è certo positivo visto che i rischi per le prospettive economiche dell’Eurozona «restano al ribasso» e in particolare il debole ritmo di crescita dell’Eurozona e gli elevati rischi geopolitici potrebbero minare la fiducia e soprattutto gli investimenti privati.

Ora veniamo alla realtà. Primo, il programma di acquisto di Abs e covered bonds sta proseguendo a un ritmo ridicolo, incapace di incidere minimamente sul sentiment del mercato e sulle necessità di finanziamento degli istituti. Secondo, come molti temevano il crollo del prezzo del petrolio ha garantito gioco facile al presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, per imporre la propria linea: ovvero, il greggio così al ribasso garantisce copertura sufficiente alla politica monetaria, tale da oscurare lo spettro della deflazione ormai conclamata nell’eurozona. Terzo, di fatto Draghi ha calciato ancora in avanti la lattina, come si dice in gergo, parlando di revisione dell’attuale programma di stimolo nel primo trimestre del 2015, quindi cercando di guadagnare altri tre mesi di calma sui mercati a costo zero: certo, ha venduto ai giornalisti la bufala dei tecnici della Bce che già stanno lavorando sul programma di acquisti e definendo l’intervento sul debito sovrano “tempestivo” se ci sarà necessità, ma non si è sbilanciato assolutamente sulla portata di quell’eventuale bazooka di ultima istanza: quanto comprerà la Bce? Per 500 miliardi, come diceva fosse necessario Royal Bank of Scotland per invertire la tendenza? Non scherziamo, la Bundesbank non lo permetterà mai e poi mai.

Quarto, Draghi ha detto chiaramente che la Bce «potrebbe non decidere in gennaio su nuove misure», quindi spostando già al secondo meeting del 2015 eventuali scelte non convenzionali: come si può mettere così le mani avanti, se poco prima si è parlato di interventi “tempestivi” ancorché necessari? Draghi sa già che non ce ne sarà bisogno in gennaio? Mistero. Quinto, il governatore ha dichiarato che «il linguaggio sulla decisione riguardo il cambiamento dello stato patrimoniale della Bce non è unanime», come dire che la Bundesbank ha detto chiaro e forte il suo “nein”, quindi scordatevi il Qe in stile Fed perché Weidmann e Schauble non accetteranno mai la monetizzazione diretta dell’irresponsabilità fiscale europea.

Sesto, forse avvisato dai suoi collaboratori che il mercato stava schiantandosi a ogni nuova sillaba che stava pronunciando, Draghi ha deciso di vendere la proverbiale pelle dell’orso prima non solo di averlo ucciso ma nemmeno incontrato lungo il sentiero: per il governatore, «il Qe sarebbe una decisione di politica monetaria, un piano di Qe con acquisto bond sovrani ricade nel nostro mandato e non abbiamo bisogno dell’unanimità in Consiglio». Di più, al suo interno sarebbero contemplati acquisti di tutto «tranne l’oro». Magia, le Borse per qualche minuto hanno cominciato a rallentare la caduta come il cane di Pavlov, visto che disperazione del momento è tale che si preferisce credere alle favole che affrontare la realtà, la quale però prima o poi busserà alla porta (o forse la sfonderà senza tanti complimenti).

Settimo, guardate il primo grafico a fondo pagina: nel marzo di quest’anno la Bce ha previsto l’inflazione all’1% con prezzi in aumento all’1,3% nel 2015, peccato che da allora l’unica realtà che abbiamo conosciuto sia stata la deflazione. Insomma, in parole povere in soli nove mesi l’Eurotower ha tagliato della metà le sue previsioni sull’inflazione, passando per il 2015 dall’1,3% allo 0,7%. E nonostante oggi i keynesiani del caso vedano la deflazione come benigna, soprattutto per quanto riguardo il prezzo del petrolio e quindi la cosiddetta bolletta energetica, state tranquilli che questa non è un fase di passaggio, la deflazione sta diventando rapidamente la norma nell’eurozona: di più, gli stress test farsa di ottobre avevano come “worst case scenario” inflattivo l’aumento dei prezzi all’1%, peccato invece che la realtà fosse di molto peggiore e al ribasso. Ma soprattutto, ricordatevi una cosa: quando si parla di inflazione, l’ultima cosa che interessa alla Bce è la classe media e il suo potere d’acquisto, l’unica preoccupazione è riuscire a inflazionare i triliardi di sofferenze bancarie in pancia agli istituti dell’Ue che, quando tutto sarà stato detto e fatto, la Bce non potrà che monetizzare, tramutandosi di fatto in una bad bank, se non in un bad hedge fund.

Ottavo, allo scenario di Borse in calo, spread al rialzo e cross euro/dollaro in salita, ieri l’inazione di Draghi ha reso possibile una nuova catastrofe: ovvero, il cambio dollaro/yen che ha rotto il livello dei 120 per la prima volta dal luglio 2007, come mostra il secondo grafico a fondo pagina. Attenzione, ricordate cosa vi ho detto sul rischio di carenza di liquidità sui mercati dopo il “taper” della Fed: se si rompono supporti fondamentali sui tassi di cambio, la situazione potrebbe davvero andare fuori controllo, al netto del solo Giappone che dà vita a politiche di stimolo ma con acquisti mensili per 13 miliardi di dollari a fronte degli 85 della Fed spariti.

Nono, qualcosa comincia a scricchiolare anche sul mercato azionario Usa, visto che come mostra il terzo grafico a fondo pagina la ratio put/call sull’indice Standard&Poor’s è a 1.80, il livello più alto dal maggio del 2012 e ben al di sopra di 1, segno che ci sono più put che call, ovvero chiaro segnale di attesa ribassista da parte dei traders. E attenzione, perché rispetto al maggio del 2012 c’è una piccolissima differenza attualmente: la Fed ha ritirato il programma di stimolo, quindi molta ma molta meno liquidità.

Decimo, paradossalmente c’è la possibilità che da qui ai primi due mesi del 2015 la situazione resti tale, soprattutto per gli spread sovrani, anzi potrebbe anche migliorare. Non tanto e non solo perché i mercati vogliano a tutti i costi credere alla favoletta del Qe in arrivo, quanto perché qualcuno potrebbe sfruttare questo ambiente ancora da risk-on per scaricare detenzioni di debito periferico che si trova in pancia a un ottimo pezzo di realizzo, prima che il bluff della Bce venga svelato ufficialmente. E siccome siamo in un mercato completamente scollegato dai fondamentali macro, ci sarà la fila del parco buoi per comprare quella carta. Attenti quindi ai segnali che manderanno i mercati nelle prossime settimane, anzi già a partire da questa mattina. Ma di questo decimo punto parleremo più diffusamente domani.