Ormai siamo come alle giostre: altro giro, altro regalo. L’Eurogruppo ha dato il via libera al versamento di 7 miliardi pronta cassa alla Grecia (3,5 dei quali lunedì andranno dritti dritti alla Bce, quindi siamo già a 3,5), mentre la santa alleanza tra Fmi ed Eurotower sulla ristrutturazione del debito greco ci fa capire a che gioco si stia giocando e mette al sicuro il trade dell’anno per Goldman Sachs, ovvero short sull’euro rispetto al dollaro. Siamo al delirio, altri soldi a un Paese che non uscirà mai dalla crisi in cui è precipitato, visto che ha un sistema bancario insolvente che campa con la liquidità Ela, un export totale che è pari a quello della provincia di Reggio Emilia e che continuiamo a finanziare nella speranza che finalmente anche gli armatori greci pagheranno le tasse, bontà loro, perché scritto nel memorandum di governo. Pensate che siano così cretini da non aver già spostato la residenza fiscale nel Regno Unito, in Irlanda, in Svizzera o in Lussemburgo ma aspettino la tagliola fiscale di Tsipras?



Uno schifo, quanto si sta consumando è niente altro che uno schifo e non a caso Wolfgang Schaeuble ha immediatamente rigettato al mittente le aperture di Draghi verso un’ulteriore ristrutturazione del debito greco che si sostanzierebbe in una moratoria di 30 anni! Ma partiamo proprio dal capo dell’Eurotower, visto che ieri si è riunito il Consiglio direttivo. La Bce, infatti, a sorpresa ha alzato il tetto alla liquidità di emergenza per le banche greche senza aspettare che l’Eurogruppo sblocchi i 7 miliardi del prestito ponte per Atene. Una decisione che dovrebbe consentire agli istituti ellenici di riaprire a breve gli sportelli, chiusi da quasi tre settimane e che appena riaperti verranno assaltati da correntisti, quindi prepariamoci a un altro aumento a breve per garantire i prelievi bancomat greci con gli sbilanci su Target2. «Ci sono le condizioni per alzare la liquidità alle banche greche, le cose sono cambiate», ha spiegato il presidente della Bce, dopo il voto della notte al Parlamento greco e l’accordo dei ministri dell’Eurozona per un prestito ponte ad Atene. L’aumento deciso ieri è di 900 milioni, più o meno come richiesto dalla Banca centrale ellenica, ha precisato Draghi. Capito, possono anche scegliere gli ammontare desiderati, in attesa che il terzo salvataggio europeo sblocchi i 25 miliardi necessari alla loro ricapitalizzazione!



Vi prego di non pensare che io ce l’abbia con i greci perché, come nella canzone di Claudio Bisio di qualche anno fa, una mia ex fidanzata sia scappata con un baldo ellenico. È nei fatti una cosa, ovvero che Bce e Fmi stanno usando la Grecia da un lato come laboratorio per il controllo totale degli Stati e dall’altro per garantire gli interessi di grandi banche d’affari, stroncando sul nascere – inoltre – l’evoluzione di altre forme di valute non fiat. Mi spiego, partendo dal primo punto e dai due grafici a fondo pagina.

Il primo ci dice che con il nuovo esborso l’esposizione della Bce verso la Grecia e le sue banche ora è a 130 miliardi di euro, includendo anche i claims da parte dell’Efsf, mentre i depositi bancari greci sono – stando alla stima più ottimistica – 10 miliardi al di sotto, a quota 120 miliardi. Pensate che questo, come vi dicevo l’altro giorno, non porterà al controllo totale di Francoforte e Bruxelles sul sistema bancario greco, quindi sulla possibilità di imporre controlli di capitale, chiudere, vendere o fondere banche? Il secondo grafico, invece, ci dice che l’attuale esposizione della Bce verso la Grecia è di circa 30 miliardi superiore alle intero capitale e alle riserve dell’eurosistema!



Ora veniamo alla seconda parte del mio ragionamento, ovvero il fatto che con il problema Grecia “risolto” per la 1764ma volta grazie al terzo salvataggio, non servono più beni rifugio, hedging o monete alternative come ci mostrano i primi tre grafici a fondo pagina, dai quali desumiamo che grazie alla Bce e all’Eurogruppo il rendimento del Bund è schizzato, mentre oro e Bitcoin si sono schiantati! Che dire, una bella vendetta di Draghi verso la Bundesbank, la quale abbassando la maturity dei Bund che acquista pro quota all’interno del programma di Qe stava mandando fuori strada il piano di stimolo dell’Eurotower, di fatto un fallimento senza precedenti.

C’è poi il quarto grafico che mi fa pensare: l’oro di carta si deprezza, ma quello fisico non si trova, l’argento è ai minimi, ma la zecca Usa ha sospeso le vendite di monete American Eagle 2015 perché manca l’argento. Non è che qualcuno, come ci mostra il grafico, ha esagerato con i derivati sui metalli preziosi e se qualcun’altro non interviene, si fa un gran male? Cosa vi dico da sempre? Nulla è come appare in finanza, tout se tient.

Ma torniamo a Draghi, il quale – sollecitato dai giornalisti – si è soffermato sui recenti, drammatici, sviluppi nell’area euro, con il vertice fiume di Bruxelles e il rischio concreto che Atene uscisse dalla moneta unica: «L’Unione monetaria è imperfetta e fragile, sono necessari progressi». Roba da Nobel, non c’è dubbio alcuno. Poi, l’assist alla Lagarde: «È fuori questione che un alleggerimento del debito per la Grecia sia necessario, ci concentreremo nelle prossime settimane sulle sue modalità». Draghi ha poi, come di consueto, commentato il quadro congiunturale dell’area euro. I segnali dall’economia europea, ha detto, indicano «una ripresa che si sta ampliando nonostante i recenti sviluppi sui mercati, specificando che il Qe procede bene e continuerà fino a quando necessario, cioè almeno fino al settembre 2016. L’inflazione è attesa in rialzo nel 2016 e 2017». L’Eurotower, inoltre, ha confermato i tassi di interesse dell’area euro al minimo storico dello 0,05%, un livello che servirebbe nei miraggi di Draghi a contrastare la persistente bassa inflazione.

Peccato che non serva a nulla, visto che proprio ieri Eurostat ha confermato che a giugno l’indice dei prezzi al consumo ha rallentato allo 0,2% dallo 0,3% di maggio. Viva il Qe, utilissimo, viva la Grecia che campa a sbafo! Ma attenti, perché il laboratorio Grecia presto potrebbe essere applicato al Portogallo e poi a noi e alla Spagna, quest’ultima candidata numero uno al commissariamento se gli agenti segreti del Fmi e di Soros conosciuti come Podemos vinceranno le politiche di quest’inverno.

Vi lascio con qualche dato sul nostro Paese, prima che l’eccessiva attenzione su Atene vi abbia distratto troppo: in Italia il totale dei prestiti in sofferenza ha continuato a crescere. Stando all’Associazione bancaria italiana, le sofferenze erano pari a 193,7 miliardi di euro a maggio, 25,1 miliardi in più rispetto allo stesso mese nel 2014. Si tratta del livello più alto sin dal 1996. I crediti in sofferenza rappresentano il 10,1% di tutti i prestiti concessi dalle banche italiane, come ha ricordato l’Abi martedì. Il rapporto dell’associazione, inoltre, afferma che le piccole e medie imprese continuano a essere pressate dai crediti inesigibili, quindi ci vorrà molto tempo prima che le banche possano vedere uno spiraglio di sole in questa brutta situazione.

 

 

 

 

Le aziende italiane sono attualmente alle prese con gli effetti della lunga crisi economica che si protrae sin dalla Seconda guerra mondiale e spesso non sono in grado di rimborsare i loro prestiti. E mentre le banche italiane stanno annegando nei cosiddetti Npl e più in generale nel debito inesigibile (un mostro il cui nuovo totale è vicino ai 350 miliardi di euro), non scordiamoci i 2200 miliardi di euro di debito pubblico su cui sediamo, visto da mercato come “risk free” solo per la garanzia di Draghi, altrimenti saremmo già con lo spread a 600. Insomma, finché la Bce continuerà a pompare ogni mese 60 miliardi di denaro nel sistema, questi problemi riusciranno in qualche modo a essere tenuti a bada. Tuttavia c’è un prezzo da pagare, poiché lo stimolo monetario distorce i prezzi e falsifica il calcolo economico e, come ci insegna la Scuola austriaca di Economia, questo porta con sé mal-investment e consumo di capitale mascherati da “ripresa economica”. Ma piangete pure guardando la foto del pensionato greco fuori dalla banca, se questo vi serve a far pace con la coscienza e a non pensare che viviamo in un Paese che è una bomba atomica innescata.

 

P.S.: Ultima considerazione. Dalle aree del Veneto colpite dal tornado della scorsa settimana, arrivano denunce da parte di imprenditori che si sono sentiti chiedere dalle banche un tasso del 5,9% per ottenere un prestito finalizzato a rimettere in sesto le loro imprese. Se è vero, devono vergognarsi, visto che si finanziano presso la Bce a zero. Direte voi, troppi incagli e sofferenze, vogliono un premio di rischio. Vero, ma questa cartina, ci dimostra che è altrove dove il rischio insolvenza è più grande, non al Nord. Matteo Renzi, nella sua ontologica inutilità, faccia l’unica cosa seria che può fare: metta da parte il suo ego ipertrofico, smetta di chiamare per nome i leader mondiali e girare per l’Africa e faccia questa benedetta bad bank, altrimenti questo Paese sprofonda. Dopodiché, chi chiederà ancora il 5,9% di interesse sul prestito o non erogherà credito a famiglie e imprese, va in galera. Ma queste cose a Draghi non interessano, lui pensa a far la guerra alla Bundesbank e non far irritare il Fmi.