Il Parlamento greco ha approvato la scorsa notte il disegno di legge riguardante la seconda serie di cosiddette “azioni prioritarie” richieste dai creditori tra cui le modifiche al codice di procedura civile (giustizia più veloce per favorire gli investimenti esteri) e l’adozione della direttiva Ue sul risanamento e sulla risoluzione delle crisi degli enti creditizi che introduce il bail-in, cioè le potenziali perdite per i creditori privati (anche titolari di depositi ma sopra i 100mila euro) prima di ricorrere all’aiuto di Stato. Il secondo provvedimento di austerità è stato approvato a larga maggioranza, con 230 voti a favore, 63 voti contrari, 5 astenuti e 2 assenti, grazie al voto delle opposizioni di Nea Dimokratia guidata da Meimarakis, i socialisti del Pasok e i liberali di To Potami. I ribelli di Syriza si sono ridotti a 36 tra no e astenuti e l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ha votato a favore dopo aver votato “no” mercoledì scorso. 

«Le forze conservatrici hanno avuto una vittoria di Pirro di fronte al popolo greco, ma hanno perso la sensazione di governare l’Europa», ha detto Tsipras in Parlamento. «L’accordo che domani iniziamo a negoziare contiene l’impegno a ristrutturare il debito e copre i nostri bisogni per i prossimi tre anni con un finanziamento di 82-86 miliardi di euro, la proposta Juncker era di cinque mesi per 7 miliardi», si è difeso il premier. All’appello però mancano ancora la revisione delle baby-pensioni e le modifiche alla tassazione agevolata degli agricoltori (eliminazione delle esenzioni sui carburanti, Iva speciale e restrizione sui requisiti per essere definito coltivatore diretto con l’accesso ai fondi europei) che verranno approvati in seguito a causa di alcune contrarietà di alcuni deputati di Nea Dimokratia, il partito all’opposizione ma i cui voti sono necessari. 

Intanto entro metà agosto dovrebbe arrivare la seconda tranche da 5 miliardi di euro del prestito ponte dopo il via libera alla prima rata da 7,3 miliardi di euro: la Commissione Ue scommette su un accordo con la Grecia sul prestito e il programma entro la seconda metà agosto, data obbligata visto che il 20 agosto il Tesoro ellenico deve rimborsare alla Bce oltre 3 miliardi di euro. Intanto la Grecia ha ridotto il debito pubblico di 8,3 punti, record tra i paesi Ue, nel primo trimestre perché ha restituito aiuti ricevuti a Efsf e Fmi. È il “paradosso” che emerge dai numeri diffusi da Eurostat, in base a cui il debito di Atene è sceso al 168,8% nei primi tre mesi dell’anno. Stando a quanto spiegano gli esperti di Eurostat, la Grecia ha restituito prestiti ricevuti dall’Efsf per la ricapitalizzazione delle banche che non ha utilizzato e ha effettuato un rimborso al Fmi usando la liquidità delle autorità locali e dei fondi pensione. 

Fin qui la cronaca, ora guardate i tre grafici qui sotto, ci mostrano come la strada per la Grecia non sia affatto spianata, nonostante il terzo salvataggio concordato. Stando a un sondaggio condotto da Bloomberg tra 20 economisti di livello mondiale, ci sono infatti almeno tre criticità che gravano sul destino economico a breve del Paese, le stesse che ci mostrano i grafici. La prima, il Pil ellenico si contrarrà dello 0,7% nel 2015, contro il +0,8% dello scorso anno, stando alla media delle previsioni. Insomma, siamo a sette dati di crescita negativi in otto anni e a fronte di un -25% del Pil dall’inizio della recessione, il tutto su una base di appena 200 miliardi. Secondo, il tasso di disoccupazione medio sarà del 26,3% quest’anno, su rispetto alle stime del 25,9% contenuto nel sondaggio Bloomberg precedente e condotto ad aprile. Con una dinamica così e, soprattutto, con un un tasso di disoccupazione giovanile ormai al 50%, le possibilità di ripresa appaiono durissime e il tasso di giovani e brillanti laureati che sta lasciando il Paese sta assumendo le proporzioni di un esodo disperato. Insomma, anche il futuro prossimo appare compromesso. Terzo, gli economisti interpellati vedono il deficit di budget del Paese raggiungere il tetto limite europeo del 3%, con una prima stima dell’1,9% e il preventivato surplus commerciale pari allo 0,6% del Pil si trasformerà in un deficit dello 0,7% del Pil. 

Detto fatto, alla luce di queste previsioni sempre più nere ma anche sempre più condivise, l’armata del taglio del debito greco trova sempre più miliziani a ingrossare le sue fila. L’ultima è stata Citi, il cui analista Guillaume Menuet ha dato vita al report dal titolo “Why Greece’s Third Bailout Will Probably Fail (Eventually.)”, all’interno del quale si spiega il perché senza un haircut sullo stock di debito, Atene è potenzialmente fallita anche con il terzo salvataggio. Il grafico a fondo pagina ci mostra le dinamiche. Basandoci su linee conservative riguardo Pil e inflazione (dando per scontato che non ci sarà Grexit almeno fino al 2022) e dandoci come obiettivo una ratio debito/Pil del 120% entro sette anni, la stima di Citi è che l’upfront richiesto (e da introdursi il prossimo anno) per l’haircut principali sia di 110 miliardi di euro o il 60% del Pil nominale greco dello scorso anno. E qui partono le altre due alternative: uno scenario di haircut a tranche, ovvero 15 miliardi l’anno partendo sempre dal 2016, meno costoso ma meno efficace oppure un cosiddetto backloaded da introdurre nel 2022 che imponga un taglio netto in un’unica soluzione, il cui costo sarebbe però superiore e pari a 130 miliardi o il 72% del Pil nominale greco del 2014. 

Inoltre, il re-profiling del debito (allungamento delle scadenze e riduzione dei coupon) richiederebbe un periodo di grazia che si estenderebbe per parecchie decadi. Insomma, per Citi la Grecia va sussidiata da qui all’eternità e tocca anche rinunciare a oltre metà del debito: niente altro? Ma Citi fa anche di più, oltre ad ammassare scommesse per centinaia di miliardi con derivati su metalli preziosi e dipinge il quadro più fosco possibile per l’economia greca, tanto per dar forza ai propri argomenti precedenti. Le loro più recenti previsioni sulla crescita del Pil ellenico vedono infatti una contrazione annualizzata di almeno il 2,4% nel 2015 (contro il -0,2% previsto a giugno, sono dei maghi!) e con l’economia che resterà in recessione almeno per tutto il primo trimestre 2016. Insomma, con performance così povere difficilmente si potranno centrare gli obiettivi del programma legato al nuovo salvataggio e il re-profiling del debito se, come pare scontato, subirà ritardi o parcellizzazioni, non garantirà al governo quello spazio di operatività fiscale di cui necessiterebbe per aumentare la spesa pubblica o tagliare le tasse. 

Addirittura, Citi prevede un tasso di disoccupazione che quest’anno salirà al 29%, aumentando il rischio di forti tensioni sociali. Inoltre, il governo greco è destinato a dover continuare a fronteggiare la mancanza di contante in cassa, sia perché la liquidità bancaria è destinata a rimanere fortemente ristretta, sia per i mancati pagamenti o i ritardi nei pagamenti delle imposte, sia perché l’assistenza finanziaria resterà al livello minimo (di fatto, la solita partita di giro per le scadenze verso i creditori). 

Insomma, prima che il terzo salvataggio parta, c’è già il rischio di ulteriori tagli alla spesa pubblica e quindi aggravamento della situazione. L’ultimo grafico ci mostra le ultime proiezioni di Citi per la Grecia, sottolineando la dinamica di ratio debito/Pil che nel 2018 si prevede sarà al 238%!

 

Ma non spaventatevi per questo numero, c’è altro che deve farvi paura, ovvero il dato Hicp, niente di più e niente di meno che l’inflazione, la quale per Citi – se Atene resterà nell’eurozona – è prevista entro il 2017 al 22,5%! Iperinflazione in stile Weimar! Peccato che l’argomento principale di chi voleva che Atene restasse nell’euro e non tornasse alla dracma fosse proprio quello della necessità di una valuta stabile per evitare il collasso del Paese nell’abisso dell’iperinflazione! 

Ma tanto per dimostrarvi in che manicomio siamo quando parliamo di Grecia, ecco la perla assoluta della situazione. A meno di voltafaccia dei greci o irrigidimenti dell’Ue dell’ultimo minuto, il terzo salvataggio dovrebbe sostanziarsi in 86 miliardi di euro, una larga parte dei quali arriverà dal Fondo salva-Stati europeo, l’Esm. Martedì scorso proprio l’Esm ha venduto il controvalore di 2 miliardi di bond attraverso il suo gruppo di dealer e fin qui niente di strano, peccato che solo una delle 39 banche-dealer si sia rifiutata di partecipare: la National Bank of Greece! Insomma, i greci hanno rifiutato di aiutare il meccanismo che finanzia il loro salvataggio! La giustificazione è stata trovata addossando la responsabilità del mancato acquisto di bond ai controlli di capitale in atto, ma resta il fatto che essendo parte dei dealers, il diniego non può che aver fatto schizzare gli occhi fuori dalle orbite a Schaeuble e alla Merkel. 

Le banche, denominate “Market Group”, sottoscrivono i bond e li vendono a investitori in un processo conosciuto come “syndication” e per questa operazione ottengono una commissione fissa più ogni margine che riescono a ottenere nel processo. Ebbene, durante la chat online, la National Bank of Greece ha detto no alla partecipazione alla vendita di martedì, lasciando tutti stupiti perché è rarissimo che un dealer declini l’offerta alla partecipazione: in questo periodo, poi. Più facile che la National Bank of Greece abbia fatto il ragionamento più utilitaristico, visto che con i controlli di capitale per i correntisti nessuno avrebbe comprato quei bonds e quindi lei non avrebbe saputo a chi venderli e avrebbe dovuto detenerli. 

Ragioni tecniche a parte, resta l’ironia amara di una situazione che vede da un lato le banche greche rifiutarsi di aiutare a finanziare il meccanismo di salvataggio che verrà usato anche per la loro ricapitalizzazione e dall’altro i controlli sui capitali di fatto imposti dai creditori greci divenire il principale motivo di quel diniego verso l’acquisto. In compenso, mercoledì la Bce ha annunciato di aver alzato nuovamente il tetto dei fondi Ela verso le banche greche di altri 900 milioni di euro, dimostrazione plastica che nei due giorni successivi all’ultimo aumento le banche greche siano tornate insolventi, perché i prelievi sono continuati su volumi massicci. 

Avanti così, manteniamo la Grecia solo per il totem euro ed eurozona. Ve l’ho detto, è la terra dei pazzi.