Come volevasi dimostrare, il rimbalzo del gatto morto di mercoledì si è rivelato tale e ieri è stato profondo rosso. Anzi, peggio: è stato un bagno di sangue in Borsa. Ma tra le mille parole che si possono dire al riguardo, è soltanto una la cosa che conta: la Fed ha volutamente innescato il tonfo. Mercoledì, infatti, Janet Yellen ha parlato di fronte al Comitato per la stabilità finanziaria del Congresso, un’audizione semestrale assolutamente di rito, dove però ha pronunciato due frasi che hanno fatto impazzire gli algoritmi, gli stessi che ieri hanno dato vita al crollo generalizzato, spedendo le quotazioni dell’oro alle stelle. La prima è questa: «Nonostante le turbolenze di mercato, non mi aspetto che il Fomc sarà presto nella situazione in cui sarà chiamato a tagliare i tassi». La seconda, questa: «Ci sono dispute all’interno della Fed riguardo la liceità legale di tassi di interesse negativi, visto che nella discussione del 2010 non si è giunti a una conclusione al riguardo». Boom! Lasciate stare Deutsche Bank, lasciate stare le banche italiane, il debito pubblico, la Grecia di nuovo in crisi, il Portogallo nel mirino delle scommesse di Commerzbank, il petrolio ai minimi storici o le materie prime esportate col badile dalla Cina: è tutto legato alla Fed e ai tassi di interesse.
Al netto degli indici in picchiata, ieri la notizia veramente importante è stata una sola: poco prima che Wall Street aprisse, i futures sui tassi di interessi Usa segnalavano implicitamente con il loro trading che la Fed non alzerà di nuovi i tassi prima del 2018. Sono due anni pieni, qualcosa di fuori dal mondo, soprattutto a 24 ore dall’audizione della Yellen: la quale, per l’ennesima volta, è stata quindi totalmente sconfessata dal mercato. Non solo serve tagliare, ma se non si vuole scatenare un 2008 al cubo occorre andare in negativo e ben al di sotto di 0,25-0,50%. Ma la Yellen è stata chiara: manca la copertura legale a una scelta del genere da parte della Fed. Vedrete che la troveranno e in fretta, quella copertura.
Il perché è semplice: è già stato deciso che si farà così, è già stato deciso a tavolino che il mondo conoscerà un nuovo ordine di tassi negativi globali. Dove è stato deciso? A Davos, poche settimane fa. E a confermarlo ci ha pensato mercoledì pomeriggio Huw van Steenis, capo del centro ricerche equity per i mercati emergenti di Morgan Stanley, il quale è stato così poco accorto da presentare nel suo report il grafico che trovate a fondo pagina, il quale ci dice che occorre limitare al massimo l’utilizzo e la circolazione del contante, proprio per poter andare pesantemente in negativo con i tassi. E guardate la scritta in azzurro: «Ciò che ho imparato a Davos». Insomma, serve una cashless society a livello globale. Non vi pare che, alla luce di questo, la scelta in seno all’Ue di voler ritirare le banconote da 500 euro, ufficialmente perché le preferite dai terroristi per finanziarsi, abbia un senso?
Huw van Steenis non si è fermato alla presentazione del grafico, però, è andato oltre: «Uno dei più sorprendenti commenti di quest’anno è arrivato da una sessione a porte chiuse dedicata alla tecnologia finanziaria, dove io sedevo accanto a qualcuno molto ben inserito nei circoli politici, il quale ha dichiarato che dovremmo muoverci velocemente verso un’economia senza contante in modo tale da poter introdurre tassi di interesse negativi ben al di sotto dell’1%. Questo perché alcuni di quei circoli politici erano molto preoccupati dal fatto che la stagnazione secolare prevista da Larry Summers fosse già nelle carte e che l’Europa resterà bloccata con tassi negativi per una decade. Il problema è che con tassi negativi, i depositari comincerebbero ad ammassare banconote e questo porterebbe a maggiori complessità nella politica monetaria».
Il tutto discusso e, di fatto, deciso in un simposio privato nelle alpi svizzere. E il problema che ciò che Huw van Steenis ha sentito spiegare con tanta chiarezza e schiettezza dall’uomo dei circoli politici è reale e ha molto a che fare con la seconda frase pronunciata dalla Yellen. Ma si sa, anche l’articolo 123 dei Trattati europei vietava la monetizzazione del debito alla Bce, ma poi i giudici costituzionali hanno dato via libera e l’Eurotower ha potuto annunciare il Qe a fine 2014. La Fed farò lo stesso?
Statene certi. Recentemente è stato infatti declassificato e reso pubblico il memo di quella riunione della Fed del 2010 citata dalla Yellen di fronte al Congresso, il cui titolo era Reducing the IOER Rate: An Analysis of Options e dal quale si evince una conclusione: «La Fed potrebbe non avere l’autorità legale di porre in essere tassi di interesse negativi negli Stato Uniti». Ma cosa c’era scritto di altro e di più interessante in quel memorandum? «Il sistema di computer della Federal Rserve utilizzato per calcolare e gestire l’interesse sulle riserve attualmente non permette la possibilità di tassi negativi, anche se questo stesso sistema potrebbe essere modificato nel tempo, se necessario». È necessario, ora. Ma il meglio deve ancora venire: «Con tassi di interesse sufficientemente negativi, si potrebbe optare per spostare una quantità significativa di riserve in valuta. Le attuali scorte di valuta della Fed, circa 200 miliardi di dollari, non sarebbero adeguate per una conversione su larga scala di circa 1 triliardo di dollari di riserve in banconote». Già, nel 2010 le riserve erano a 1 triliardo di dollari, mentre oggi sono a 2,5 triliardi di dollari, valore che implica una scarsità di contante che sarebbe 2.5x volte peggiore di cinque anni fa.
Ecco il problema, la radice di ogni crollo di questi giorni: se la Fed va in negativo, come dovrebbe per evitare l’apocalisse finanziaria, il Bureau of Engraving and Printing del Dipartimento del Tesoro statunitense sarebbe chiamato a stampare moltissima più valuta, visto che privati cittadini e piccole imprese sostituirebbero parte dei propri conti correnti con valuta contante e fisica. Caso strano, all’inizio del 2015 la Fed di New York pubblicò un report di studio dal titolo If Interest Rates Go Negative . . . Or, Be Careful What You Wish For. Parliamo di un anno fa e già all’interno della Banca centrale Usa si era convinti che l’unico sbocco possibile alla follia monetarista messa in atto fossero tassi negativi, con ovvie implicazioni e conseguenze.
Come fare? Beh, certamente un bando totale del contante è impossibile, ma un progressivo e netto disincentivo del suo utilizzo per le transazioni potrebbe essere fattibile, tanto più che l’emergenza terrorismo fornisce una giustificazione a ombrello per qualsiasi nefandezza legislativa si voglia compiere. Magari creando una blockchain, ovvero un registro pubblico e condiviso sul quale si basa l’intera rete di transazione, esattamente come quella utilizzata da Bitcoin, ma in questo caso non libera e privata bensì interamente controllata da Banche centrali e private che agiranno come primary dealers.
Qual è il problema, in fondo? La gente che controlla la Fed è la stessa che controlla le branche legislativa, giudiziaria ed esecutiva del governo Usa, soltanto una rivolta popolare potrebbe fermare un progetto simile. Ma voi ve la figurate un’insurrezione in nome del contante in un momento simile in Usa, dove il vuoto di potere in attesa dell’elezioni di novembre permette ai potenti corpi intermedi del Deep State e alle lobbies di fare il bello e cattivo tempo? Prepariamoci a mosse epocali, viviamo tempi terribili, ma che finiranno con certezza nei libri di storia, più che di economia.
P.S.: «L’ipotesi di tassi negativi non è da escludere», così disse ieri nel tardo pomeriggio Janet Yellen, parlando al Senato Usa nel secondo e ultimo giorno della sua audizione semestrale. Si comincia, magari adesso il rimbalzo diventerà più solido. E il gatto meno morto.