Sapete chi è Vince Foster? È stato il mentore di Hillary Clinton quando lavoravano insieme presso lo studio legale Rose di Little Rock, in Arkansas. Quando Bill Clinton fu eletto presidente, il 20 gennaio 1993, Foster venne nominato Deputy White House Counsel, insomma un consigliere presidenziale; ma soltanto sei mesi dopo l’ottenimento di quell’incarico così importante fu ritrovato cadavere al Fort Marcy Park, lungo le rive del fiume Potomac, in quello che appariva come un suicidio posto in essere con un colpo di revolver calibro 38.
La cosa interessante è che qualche mese fa, il Daily Mail intercettò i due agenti dell’FBI che seguirono il caso, Coy Copeland e Jim Clemente, i quali in un’intervista dissero che fu proprio Hillary Clinton a “istigare” il suicidio di Foster avendolo umiliato davanti ai suoi colleghi pochi giorni prima della morte. «Hillary lo umiliò pesantemente e questo nel corso di un meeting importante. Gli disse che non aveva visione d’insieme e che restava un avvocatuncolo di una piccola città che non era pronto per le cose serie», dichiarò Copeland. «Foster era profondamente depresso, ma quella lavata di capo da parte di Hillary fu soltanto l’ultima di una serie di umiliazioni pubbliche», ricorda Clemente, a detta del quale «Hillary incolpava Foster per fallite nomine, diceva che non le aveva curate a dovere e, di fronte ai colleghi della Casa Bianca, dichiarò che “Tu non ci stai proteggendo, ci hai deluso”. Quella fu la goccia che fece traboccare il viso».
Dopo quel drammatico meeting alla Casa Bianca, il comportamento di Foster cambiò drammaticamente, confermano gli agenti dell’FBI. Chi lo conosceva diceva che la sua voce era affaticata, appariva preoccupato e il suo proverbiale senso dell’umorismo era sparito. A volte scoppiava a piangere e diceva di sentirsi in trappola. Il 13 luglio del 1993, mentre cenava con la moglie Lisa, crollò ed esplose in un pianto dirotto: disse alla consorte che stava considerando di dimettersi. Era un martedì. Il weekend successivo i due si recarono a trovare un coppia di amici, Michael Cardoza and Webster Hubbell, e trascorsero del tempo con loro e le rispettive mogli a Eastern Shore in Maryland. Foster sembrava stare meglio, giocò a tennis, lesse e parlò con gli amici.
Due giorni dopo, Foster lasciò il parcheggio della Casa Bianca alle 13:10 e andò a uccidersi: non si conosce l’ora precisa del suicidio, perché quando la polizia trovò il corpo avvisò subito il Secret Service. Erano le 20:30. Stando alle dichiarazioni rilasciate agli agenti dell’FBI da dozzine di persone che ebbero contatti con Foster, fu proprio quella sfuriata di Hillary Clinton a far crollare l’ex consigliere, mandandolo fuori di testa. Nessuno, ovviamente, può spiegare in termini del tutto razionali un suicidio, ma l’indagine dei federali concluse che fu proprio l’umiliazione inferta da Hillary a Foster davanti ai suoi colleghi nel corso di quel meeting alla Casa Bianca che innescò e istigò il suicidio compiuto la settimana successiva, così come Copeland and Clemente hanno confermato al Daily Mail.
Bene, ora veniamo ai giorni nostri. Esattamente a martedì, quando lo stesso Daily Mail ha riferito che un’estensiva indagine ha certificato che i reports compilati dai due ex agenti dell’FBI sul caso Foster sono «andati perduti» dal National Archives and Records Service di College Park, in Maryland. Di più, alcuni reporter del quotidiano sono andati due volte al centro di documentazione e archivio è hanno potuto vedere la scatole contenenti le evidenze del caso Foster, dozzina di report dell’FBI che includevano interrogatori di patologi, ufficiali di polizia e personale della Casa Bianca, sentito riguardo l’ufficio di Foster. Cosa mancava, misteriosamente? Il report di Copeland e Clemente.
Ora, io capisco che tenere in ordine tutti i file dell’FBI relativi a indagini passate sulla Clinton è un lavoro improbo, ma non vi pare strano che a sparire sia proprio un report specifico, a tre mesi dalle elezioni? Tu guarda la fortuna, a volte. Ma non basta. Sabato 6 agosto, parlando dello scandalo e-mail, Hillary ha infatti dichiarato che «quanto ho detto al riguardo all’FBI è in linea con quanto ho detto pubblicamente ma potrei aver corto-circuitato la verità». Non una bella dote, per un futuro presidente. Poi, lo stesso giorno, si scopre che Shawn Lucas, un supporter di Bernie Sanders che aveva presentato documenti al Congresso democratico relativi a frodi contro il suo candidato di riferimento, è stato trovato morto il 2 agosto dalla sua fidanzata, la quale lo ha rinvenuto sdraiato sul pavimento del bagno. Direte voi, coincidenza? Certo, peccato che comincino a essere tante.
Sempre all’inizio di agosto si sarebbe ucciso con un colpo di pistola, Victor Thorn, scrittore e accanito militante anti-Clinton. L’8 luglio, invece, è stato il 27enne Seth Conrad Rich a essere ucciso in quella che la polizia di Washington DC ha escluso essere una rapina: lavorava presso lo staff democratico e pare che stesse per parlare con l’FBI. Il 22 giugno, invece, a lasciarci è stato John Ashe, un funzionario dell’Onu che si è fracassato la trachea con un peso, mentre faceva ginnastica. Doveva testimoniare contro i Clinton e contro il Partito democratico. Il 23 giugno, invece, è morto per cause sconosciute a 48 anni Mike Flynn, responsabile del settore “Big government” per Breitbart News. Lo stesso giorno in cui ci ha lasciati, veniva pubblicato il suo ultimo articolo, dal titolo Clinton Cash: Bill, Hillary Created Their Own Chinese Foundation in 2014. Va beh, cinque coincidenze in meno di due mesi, cosa volete che siano? Ora capite però perché la chiamano Killary Clinton?
Ma sempre martedì scorso, la Associated Press ha reso noto che più della metà delle persone, almeno 85 su 154, che ha incontrato o parlato con Hillary Clinton quando era segretario di Stato poi, casualmente, ha compiuto donazioni verso la Clinton Foundation. In totale, quegli 85 donatori hanno contribuito per 156 milioni di dollari: almeno 40 di loro hanno versato più di 100mila dollari a testa e 20 oltre 1 milione. E fermi tutti, il numero 154 non include impiegati federali o rappresentanti di governi esteri: separatamente, Hillary ha incontrato almeno 16 funzionari stranieri che hanno donato almeno 170 milioni di dollari alla charity dei Clinton, ma la Associated Press non li ha inclusi nel calcolo perché tali meeting potrebbero essere presumibilmente parte di doveri diplomatici, anche se si sa che alcuni erano dei veri do tu des, ad esempio per garantire corsie preferenziali alle vendite di armi all’Arabia Saudita.
Tra questi generosi donatori, figura un economista di fama internazionale che ha chiesto l’intervento della Clinton presso il governo del Bangladesh, il quale gli chiedeva di dimettersi dalla banca no-profit che guidava, un dirigente di Wall Street con problemi per alcuni visti e dirigenti della Estee Lauder, i quali hanno incontrato la Clinton proprio mentre il Dipartimento che guidava stava lavorando con la charity dell’azienda di cosmetici in una campagna contro la violenza di genere in Sud Africa.
Questa è la più che probabile futura presidentessa degli Stati Uniti, una in grado di muovere guerra e con a disposizione i codici delle valigette nucleari. Vi sentiti più tranquilli rispetto a quel razzista di Trump? O, forse, il problema sono gli Stati Uniti in sé, la progenia politica di corrotti e guerrafondai che esprimono da decenni? Ah già, dimenticavo, il nostro nemico pubblico numero uno è Vladimir Putin, quello che ha chiamato per primo per esprimere solidarietà per le vittime del terremoto, mettendo a disposizione uomini e mezzi.
Contenti voi, godetevi il politically correct al potere. Per quanto mi riguarda, come ripeto da sempre, le uniche porte di un edificio federale che dovrebbero aprirsi per Hillary Clinton sono quelle di un penitenziario. Per non riaprirsi mai più.