La denatalità in Italia diventa un problema sempre più importante e che sembra essere destinato ad allargarsi sempre di più. Nel 2022 i nuovi nati sono stati appena 393mila, toccando il punto più basso dal 1945, con il record raggiunto nel 1946 con 1.036.098 di nascite. Un calo che è iniziato, secondo i dati ufficiali Istat, già 16 anni fa, e che nel 2023 (anche se i conteggi sono ancora in corso) dovrebbe raggiungere un nuovo record, purtroppo negativo.



Per cercare di contrastare la denatalità il governo di Giorgia Meloni ha masso in campo alcune nuove misure, che tuttavia sembrano non essere ancora sufficienti. Nel 2023, infatti, il computo dei nuovi nati dovrebbe toccare e superare di poco i 386mila, ma si dovrà vedere l’effetto delle nuove misure dopo la conclusione del 2024. Secondo dei sondaggi Istat, però, attualmente il 51% degli under 40 non vuole avere figli, mentre un restante 28% li vorrebbe, ma non crede di riuscire a mantenerli. Tornando alle misure inserite in Bilancio, si mirerà soprattutto in tre direzioni, salvo ovviamente nuove introduzioni nel corso dell’anno. La prima delle misure contro la denatalità è il bonus mamme lavoratrici, seguita dal congedo parentale retribuito all’80%bonus asilo nido.



Brini: “Contro la denatalità si guardi a Svezia e Germania”

Ragionando sulla denatalità e, soprattutto, sulle misure messe in campo per combatterla, Adriano Bordignon, presidente del Forum delle associazioni famigliari al Corriere ha sottolineato che “quelli del governo, anche se positivi, sono piccoli passi“, mentre all’Italia servono “grandi balzi coraggiosi”. Le stime, infatti, non sono positive, perché se da un lato il bonus mamme riguarderà appena il 6% delle donne italiane, dall’altro per accedere al congedo all’80% sarà necessario aver terminato quello obbligatorio prima del 31 dicembre 2023. Il bonus nido, infine, riguarderà solo i nati nel 2024, in famiglie con un altro figlio sotto i 10 anni e un Isee inferiore a 40mila euro.



A fronte dei limiti, insomma, sarà più evidente perché le misure non bastano a contrastare la denatalità. “L’assegno unico e svincolato dall’Isee”, sostiene Bordignon, che suggerisce anche di lavorare sulla conciliazione del tempo lavorativo e libero per i genitori, e sugli squilibri nel mondo del lavoro. Più realistico, invece, il suggerimento di Elisa Brini, ricercatrice in demografia all’università di Firenze, che contro la natalità invita a guardare all’esempio di Svezia e Germania. La prima “ha una lunga tradizione di politiche famigliari. Il congedo parentale viene offerto a entrambi i genitori, sono garantiti trasferimenti finanziari e un’ampia copertura ai servizi di assistenza per l’infanzia”, conseguenze anche di “politiche volte a migliorare l’uguaglianza di genere”. La Germania, invece, ha lavorato per “la conciliazione famiglia-lavoro che ha visto, sulla stregua del modello svedese, l’espansione di strutture per i bimbi sotto i tre anni e l’aumento del congedo parentale“.