Una strana epidemia ha colpito una categoria di comunicatori molto esclusiva: quella dei portavoce dei ministri della Repubblica. Nello stesso giorno sono rimasti afoni Gennaro Sangiuliano, titolare della Cultura, e Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione. Due personaggi dall’intervento facile e dalla polemica tagliente. Qualche settimana prima anche il portavoce del ministro Adolfo Urso aveva rinunciato all’incarico. Per non parlare di Maria Elisabetta Alberti Casellati, che già da presidente del Senato aveva avviato un bel turnover tra i collaboratori chiamati a gestire i rapporti con la stampa e di recente è stata abbandonata dal capo di gabinetto al ministero delle Riforme.
A colpire è il tempismo delle dimissioni: le ultime due sono arrivate lo stesso giorno. Giovanni Sallusti, nipote di Alessandro Sallusti, direttore di Libero, ha addotto motivi familiari: troppo pesanti le lunghe assenze da casa per seguire Valditara. Marina Nalesso invece ha preferito fare ritorno al Tg2, dove conduceva il telegiornale portando un rosario al collo: fino a ottobre Sangiuliano era stato il suo direttore, ma evidentemente fare il giornalista televisivo è un mestiere ben diverso da quello di ufficio stampa. Da parte sua, Gerardo Pelosi, giornalista economico di lungo corso, ha detto addio al ministero delle Imprese e del made in Italy assieme alla segretaria di Urso.
Parallelamente, negli stessi giorni, è invece maturato un ingresso pesante nel Governo, quello di Mario Sechi come nuovo capo ufficio stampa e responsabile delle relazioni con i media di Palazzo Chigi.
Sechi è un giornalista di grande esperienza maturata in molte testate come notista politico e direttore, forte di solidi agganci con il mondo anglosassone e in particolare con i think tank conservatori americani, e fornito anche di un breve passaggio nella politica: nel 2013 si candidò al Parlamento, senza fortuna, con Scelta civica, il partito di Mario Monti. Per prendere in mano la comunicazione della presidenza del Consiglio, Sechi lascia la direzione dell’Agenzia Italia, di proprietà dell’Eni, il che significa anche rapporti privilegiati con il mondo imprenditoriale e conoscenza del comparto energetico.
Difficile che uno come Sechi non voglia estendere la sua influenza anche alla comunicazione dell’intero governo. E potrebbe essere proprio questa una delle cause, se non “la” causa, dell’emorragia di portavoce ministeriali. Il nuovo assetto della comunicazione di Palazzo Chigi, che sarà fortemente accentrato, ha provocato malumori anche tra i collaboratori più stretti della premier Giorgia Meloni. E ha indotto – o richiesto – un passo indietro da parte di chi si sarebbe trovato fortemente condizionato nella propria attività.
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