Mentre il Governo sembra pronto ad accelerare sul Recovery plan, presentando insieme al Pnrr un decreto legge per renderlo subito attuabile, il Decreto sostegno slitta di una settimana. Secondo quanto riportano i principali quotidiani, vi sarebbero infatti alcune divergenze nella maggioranza sull’entità dei ristori, sulla cancellazione delle cartelle esattoriali di importo più basso e sulle possibili deroghe alla proroga del blocco dei licenziamenti fino al 30 giugno. Secondo Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, queste divergenze si potrebbero anche sanare in tempi rapidi “se non ci fosse una crisi evidente di Pd e M5s”.
Vediamo nel dettaglio queste divergenze. La prima sembra essere tra Tesoro e centrodestra riguardo la percentuale delle perdite di fatturato da indennizzare.
Questa divergenza per certi versi non mi stupisce, è “normale” e comprensibile. Credo si troverà un compromesso, l’importante è aver comunque stabilito che si raffronteranno i fatturati del 2020 e del 2019 e che ci sia un indennizzo maggiore per i lavoratori autonomi e le piccole imprese rispetto a quelle grandi. La situazione è certamente diversa e più complicata per quel che concerne gli altri due punti di divergenza.
Il primo è sulle deroghe alla proroga del blocco dei licenziamenti…
Che è anche il punto più delicato. Apparentemente avvantaggia i lavoratori, ma danneggia certamente le imprese, in particolare quelle piccole e medie, impedendo la loro riorganizzazione. Inoltre, è difficile creare nuova occupazione coi blocchi al lavoro a termine e a quello occasionale che sono stati introdotti nel corso degli ultimi anni.
Forse il punto di scontro più “politico” è quello riguardante la cancellazione delle cartelle esattoriali, visto che Pd e LeU ritengono rappresenterebbe una sorta di condono.
La cancellazione delle cartelle esattoriali sotto una certa soglia non sarebbe affatto un condono, ma una misura di buon senso per cercare di ovviare a un problema che ho avuto già modo di esporre in una precedente intervista: abbiamo un sistema di accertamento più induttivo che analitico, vedasi l’utilizzo degli studi di settore, con l’onere della prova che ricade sul contribuente, che se vuole far ricorso deve prima comunque pagare. È chiaro che c’è già chi rinuncia in partenza al contenzioso quando le spese legali superano l’importo della cartella esattoriale.
Come si possono superare queste divergenze?
Occorre un accordo tra le forze politiche della maggioranza. Il problema è che per Pd e M5s mancano gli interlocutori che rappresentino l’intero partito. Chi è oggi il leader dei pentastellati? E chi è il punto di sintesi tra i dem dopo le dimissioni di Zingaretti? Non bisogna dimenticare poi che le difficoltà di questi due partiti hanno un comune denominatore.
Quale?
La nascita del Governo Draghi, che ha richiesto loro un’incredibile inversione a U dopo aver sostenuto la necessità di un Conte-3. Il Pd non poteva però dire no a un esecutivo voluto dal presidente della Repubblica, mentre i 5 Stelle dovevano cercare di non perdere gli ultimi posti di potere passando all’opposizione. Non è dunque l’attuale coalizione a non funzionare, ma alcuni suoi membri. E questo inevitabilmente influisce sulle scelte dell’esecutivo.
Influirà anche sul Recovery plan e sul piano vaccinale, che sono poi i temi cardine del programma di Draghi?
Che il Recovery plan vada riscritto è fuor di dubbio. I partiti non potranno però dire molto al riguardo: di fatto si tratta di un programma che seguiranno in prima persona il premier e il ministro dell’Economia. Draghi dovrà tenere duro sulla questione dei vaccini non tanto per ragioni di rapporti con i partiti, ma perché più i cittadini saranno immunizzati, meno conteranno il Cts e i vari gruppi di tecnici ed esperti cui il precedente Governo ha dato uno spropositato potere. Inoltre, i vaccini rappresentano l’anticamera per una vera ripresa dell’economia, anche per quel che riguarda il commercio mondiale. Draghi deve quindi tenere duro per due-tre mesi su questi due temi, mentre sugli altri non può che scontare i problemi derivanti dalla crisi d’identità di Pd e M5s.
(Lorenzo Torrisi)