Oggi è in programma un nuovo Consiglio dei ministri in cui si dovrebbe fare il punto sugli obiettivi da raggiungere quest’anno nell’ambito del Pnrr, oltre che fissare nuove regole sulle quarantene e la Dad nella scuola e sulla durata del green pass.

Draghi, considerando la riunione a palazzo Chigi svoltasi lunedì, sembra voler subito serrare le fila nel Governo dopo che la corsa per il Quirinale, chiusasi con la riconferma di Mattarella, pare aver avuto un effetto terremotante sulle forze politiche parlamentari. «Terremotante – ci dice l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili – mi sembra il termine più adatto, perché si stanno vedendo cumuli di macerie un po’ in tutti gli schieramenti, nel centrodestra in modo forse più evidente.



Le divisioni, infatti, si sono manifestate addirittura quando è stata candidata la Presidente del Senato, esponente di Forza Italia. Oggi in quell’area politica c’è un tessuto connettivo totalmente da ricostruire».

Le cose vanno meglio nel centrosinistra?

Anche se il “vincitore” della partita sul Quirinale sembra essere chi si è esposto meno, chi ha giocato in difesa come Enrico Letta, in realtà il centrosinistra non se la passa bene. Il rapporto tra Pd e M5s alla fine si è rivelato molto precario.



Colpa delle divisioni tra i pentastellati?

Nel Movimento 5 Stelle sono venuti a galla con maggior forza problemi già evidenti nei mesi scorsi e si va verso una sorta di resa dei conti finale tra Di Maio e Conte. Ma c’è un problema anche nel Pd, dove convivono sensibilità e idee diverse. Lo si è visto, per esempio sulla necessità o meno di portare avanti la candidatura di Draghi. Il Premier non è arrivato alla fine al Quirinale come forse sperava, ma nel suo caso non si può parlare certo di una “sconfitta”.

Per Letta è quindi proibitivo ora cercare di creare un’alleanza organica con M5s. Può guardare allora al centro? Si è parlato di una sintonia ritrovata con Renzi…



Sarei molto prudente: una convergenza c’è stata, ma è stata dettata dalla situazione contingente. Non credo che si possa ricostituire un rapporto come se nulla fosse successo negli ultimi anni. Anche perché Letta ha un problema di non poco conto dovuto alla situazione interna al suo partito, dove, per esempio ai vertici ci sono sia Tinagli che Provenzano, i quali su diverse questioni hanno idee completamente agli antipodi. Nel momento in cui il Segretario dovesse avvicinarsi a Renzi, subito si creerebbero tensioni con l’ex ministro per il Sud.

Il Governo, come hanno detto per esempio Letta e Speranza, si è rafforzato, è più coeso dopo l’elezione di Mattarella?

Credo di no. La situazione per Draghi è molto complicata, perché quest’anno, sotto traccia, comincerà una campagna elettorale molto pesante, che si riverbererà sul tavolo del Governo, visto che dai partiti arriveranno nuove richieste di scostamento di bilancio. Essendo però anche l’anno in cui si discuterà la modifica delle regole del Patto di stabilità e crescita, il Premier, che sarà in prima fila nelle trattative, non potrà bruciare la propria credibilità con un eccessivo indebitamento. Dovrà tenere insieme un’unità nazionale in cui un collante importante è stato quello dell’intervento pubblico a sostegno dell’economia. Nel momento in cui questo intervento dovrà venire meno, ci saranno grossi problemi. Senza dimenticare che, nonostante i dati appena diffusi sul Pil che ci vedono primi in Europa e la rassicurazione che la conferma di Mattarella e Draghi dà ai mercati, la situazione economica e finanziaria del Paese non è tutta rose e fiori.

In questo difficile compito il Premier potrà trovare un aiuto all’interno del Governo tra i suoi ministri?

Questo è un Governo con una forte rappresentanza di tecnici e di politici che pesano dietro le quinte. Basta pensare a Franceschini, che ha un ministero importante, anche elettoralmente, ed è uno dei capi riconosciuti all’interno della galassia del Pd. La campagna elettorale varrà anche per lui, così come per Gelmini, Carfagna e Brunetta, l’ala governista di Forza Italia. Quindi, Draghi potrà trovare sì un aiuto, ma fino a un certo punto.

Draghi ha scelto non a caso di ripartire subito dal Pnrr, cercando di ricordare i provvedimenti importanti che vanno presi nei prossimi mesi, spostando più in là le scelte più divisive come quella relativa allo scostamento di bilancio?

Certamente. Draghi deve innanzitutto dettare un ritmo serrato sul Pnrr, che implica il rispetto di date e indicazioni puntuali: su questo non si può sbagliare, altrimenti l’Italia perderà le risorse europee. Inoltre, il Premier deve cercare di ritornare allo spirito iniziale del suo Governo, con provvedimenti tambureggianti, con una certa visione di fondo, che si è perso negli ultimi mesi, al momento dell’iter parlamentare della Legge di bilancio, quando, come lui stesso ha ammesso nella conferenza stampa di fine anno, ha in qualche modo chiuso un occhio, per esempio sul tema del superbonus.

Un rimpasto o quanto meno un “tagliando” per il Governo sono da escludere?

Al momento sì. Dopo che è stata confermata la coppia Mattarella-Draghi, non si può pensare a un rimpasto, che sarebbe una dimostrazione di debolezza del Governo. Non escluderei qualche aggiustamento, una sorta di tagliando politico. Draghi dovrà in qualche modo trovare un equilibrio tra le decisioni che devono essere prese e il gradimento dei partiti in questa fase che sarà comunque di campagna elettorale. Tra un mese circa inizierà la messa a punto del Def e probabilmente capiremo qualcosa di più su come il Premier intende trovare questa sintesi tra decisionismo e necessità di tenere in piedi una maggioranza che comincerà a pensare alle urne.

Si andrà a votare a fine legislatura o ci saranno le elezioni in autunno, una volta che tutti i parlamentari avranno raggiunto i requisiti necessari per la loro pensione?

Sembra impossibile che proprio quest’anno, dopo il passaggio che abbiamo appena vissuto con la riconferma di Mattarella, si possa votare in autunno. Certamente da settembre, quando si entrerà nella stagione di bilancio che prelude alla manovra i cui effetti si vedranno nel 2023, si entrerà in una fase complicata, molto più di quella di fine 2021, ma mi sembra impossibile che si arrivi a una crisi di governo.

Draghi e Franco riusciranno a rinviare il tema dello scostamento di bilancio fino alla definizione del Def?

Temo di no. È da alcune settimane che le forze politiche insistono su questo tema, che è stato messo in stand by per via dell’elezione del capo dello Stato. Credo che nei prossimi giorni tornerà a essere di forte attualità, anche perché tra inflazione e rialzo dei prezzi delle materie prime un intervento appare necessario. Il problema è che le richieste dei partiti sono consistenti: se le mettiamo in fila si arriva facilmente a 40 miliardi, praticamente l’ammontare di una manovra finanziaria.

I partiti tornano a parlare di legge elettorale: è possibile trovare una quadra?

Il tema è diventato di nuovo di grandissima attualità. Non è una novità: ogni volta si cerca di aggiustare i tubi rotti del sistema politico cambiando la legge elettorale. Ora c’è un ritorno di fiamma per il proporzionale, che è specchio della situazione che abbiamo descritto di un sistema politico frammentato. Spinto forse anche dal sogno di ricostruire un centro che in questi giorni è tornato sotto i riflettori, anche per via della candidatura di Casini. Non credo però che questa sia la strada che porta alla soluzione dei problemi, perché se la campagna elettorale diventa dura, e si rafforzano gli schieramenti in campo centrodestra-centrosinistra, il proporzionale regge fino a un certo punto.

In questi giorni si sta parlando di un ruolo del Parlamento ritrovato. Non si rischia, però, che nei prossimi mesi sia marginale visto che l’agenda parlamentare è di fatto già dettata da riforme legate al Pnrr, Def, Nadef, Legge di bilancio ed eventualmente legge elettorale?

Mi sembra che quello di un ruolo ritrovato del Parlamento sia un discorso molto retorico, perché è difficile pensare che l’operazione del Mattarella bis sia nata da una sorta di sollevazione della base parlamentare contro i vertici dei partiti. A me pare che la partita dei prossimi mesi sarà all’interno del Governo più che in un rapporto tra il Governo e il Parlamento. Come detto, prima, per il Premier è importante trova un equilibrio in un momento in cui per i partiti sta già per cominciare la campagna elettorale.

(Lorenzo Torrisi)

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