Bisognerà attendere probabilmente fino a venerdì per vedere quali saranno le “misure di ampia portata” contro il caro energia annunciate da Mario Draghi la scorsa settimana a Genova. Un messaggio ribadito venerdì, quando il Premier ha spiegato che ridurre il caro-energia è “un’assoluta priorità” per il Governo. Un segnale arrivato nel corso di una conferenza stampa nella quale l’ex Presidente della Bce, come ci spiega l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili, «è apparso piuttosto puntuto.



Mentre prima e durante la partita del Quirinale, specie dopo la conferenza stampa di fine anno in cui ha esternato indirettamente la sua opzione per succedere a Mattarella, Draghi era stato molto cauto e attento a non compromettere i difficili equilibri all’interno della maggioranza, venerdì lo si è visto, evidentemente abbastanza seccato per come si sono mossi i partiti, deciso a riaffermare la propria leadership e a tenere la sua persona, con tutta la credibilità conquistata nel tempo, fuori dall’agone politico e con un atteggiamento teso a riaffermare le sue prerogative come presidente del Consiglio».



Ci saranno quindi meno spazi per i compromessi?

I compromessi dovranno comunque essere fatti perché la maggioranza è ampia e con sensibilità diverse al suo interno. Senza dimenticare che siamo nell’anno che precede le elezioni. Draghi ha fatto però capire di non essere disponibile a mettere la sua firma, la sua faccia, su compromessi eccessivamente al ribasso.

Possiamo prendere come esempio di questo la vicenda del superbonus al 110%?

È proprio l’esempio plastico del cambio di atteggiamento di Draghi. Il Premier aveva già infatti esternato le sue perplessità su questa misura durante l’iter parlamentare della Legge di bilancio. Alla fine, però, il Governo aveva recepito gli emendamenti presentati dai partiti. La questione sembrava chiusa lì, ma ora si è riaperta e, forte anche delle cifre impressionanti sulle frodi, Draghi ha criticato nuovamente la misura e difficilmente stavolta farà marcia indietro.



Qualche cambiamento in questa misura andrà quindi fatto. Questo sarà un problema per M5s e Pd, le due forze principali della maggioranza del Governo Conte-2 che ha approvato il superbonus?

Certamente si apre un problema. Non tanto per le dichiarazioni di Salvini che hanno corretto quelle di Giorgetti, ma perché oggettivamente M5s è il partito che ha più spinto sul superbonus e il Pd gli è andato a ruota, tanto che oggi tra i dem, di fronte alle critiche arrivate, regna un eloquente silenzio. Mi sembra ancora complessa l’opera di ricucitura della maggioranza su questo terreno, perché appunto M5s e Pd marciano abbastanza uniti.

Un po’ com’era stato con il Reddito di cittadinanza…

Sì, anche se questo è un terreno ancora più difficile.

Forse anche perché si parla di truffe per 4 miliardi di euro proprio nel momento in cui si stanno cercando fondi per misure in grado di contrastare il caro energia.

Certo. E non a caso M5s e Pd sono di fatto le due formazioni politiche che mostrano più disponibilità a uno scostamento di bilancio, se sarà necessario. Tuttavia, Draghi e Franco stanno cercando di fare resistenza. Anche su questo terreno rischia di esserci una frizione molto forte nella maggioranza.

Draghi ha annunciato un provvedimento di ampia portata contro il caro energia, ma è possibile senza uno scostamento di bilancio?

Penso che parlando di ampia portata il Premier facesse riferimento al combinato disposto delle norme che riguardano il tamponamento dell’emergenza e le cosiddette misure strutturali, come l’aumento della produzione di gas nazionale. Se andrà bene, sul primo fronte si riusciranno a reperire, scavando anche tra le pieghe del bilancio, tra i 5 e i 7 miliardi di euro. Non si potrà fare di più senza scostamento di bilancio, una strada che Draghi al momento non vuole percorrere, anche perché lo spread in salita può diventare un problema per un Paese con un debito elevato come il nostro. Trovare altre risorse sarebbe possibile solo intervenendo su dossier aperti come le pensioni e il fisco, ma è tutt’altro che semplice farlo in un anno pre-elettorale.

Le risorse sarebbero importanti anche per dare sollievo ai ceti meno abbienti contro il rialzo dell’inflazione, un’altra priorità indicata da Draghi venerdì scorso. Il Premier sta forse sperando che la situazione in qualche modo evolva positivamente, valutando un intervento, uno scostamento di bilancio più avanti nel corso dell’anno?

Per la verità questo era il “piano A” un po’ di tutti i Governi, perché il rialzo dell’inflazione ha cominciato a manifestarsi già l’anno scorso e le Banche centrali ripetevano che il fenomeno era transitorio. Abbiamo poi verificato che il problema è più profondo, tanto che la stessa Fed ha cambiato rotta. La Bce, con messaggi altalenanti, sta cercando di tenere una posizione di cauto attendismo. Dunque, il piano A continua a esserci ed è quello che certamente creerebbe meno problemi al Governo. Se però le cose andranno diversamente rispetto a quanto auspicato si porrà un problema serio.

Di fatto le priorità indicate da Draghi sono temi economici su cui ha competenze, ma ha ben poche leve a disposizione per intervenire…

Sì, perché molto dipende anche dall’evoluzione del quadro internazionale. Certamente sul tema del sostegno all’economia nessuno può dire nulla su quello che Draghi ha fatto. Non possiamo però dimenticare che l’Italia, dall’inizio della pandemia, ha fatto scostamenti di bilancio per un ammontare di circa 185 miliardi di euro. Gestire il rientro è ovviamente molto più complicato che gestire il sostegno.

Parafrasando quello che il Premier ha detto qualche mese fa, resta vero che in questo momento i soldi non si chiedono, tuttavia darli è molto più difficile di allora.

Verrebbe da dire che resta vero che i soldi non si chiedono, ma vanno almeno corrette alcune storture, com’è stato fatto limando il Reddito di cittadinanza e come appare ancora più necessario ora con il superbonus.

C’è il rischio che il Governo si trovi stretto tra le richieste delle imprese, soprattutto sul fronte del caro energia, e quelle dei sindacati che chiedono di adeguare i salari all’inflazione?

Sì, la situazione appare complicata. È vero che sarebbe dannoso se si mettesse in moto la spirale prezzi-salari, ma è altrettanto vero che i livelli salariali italiani sono tra i più bassi in Europa. Dunque, nel momento in cui c’è una fiammata inflattiva è naturale che i sindacati portino avanti il tema della difesa del potere d’acquisto. Il Governo rischia di trovarsi in una strettoia da cui dovrà in qualche modo divincolarsi. Non è però facile arrivare a un patto sociale simile a quello di Ciampi del ’93, perché occorrerebbe un’unanime condivisione sul fatto che l’inflazione è un problema serio da abbattere. E sul tema ci sono anche visioni diverse tra Banche centrali.

Draghi riuscirà comunque a tenere botta di fronte a queste difficoltà?

Secondo me sì. Immaginiamoci cosa succederebbe se Draghi dovesse buttare le carte all’aria e decidesse di lasciare la guida del Governo: per il Paese si creerebbe un problema enorme da gestire in termini di credibilità, di spread, con tutto quello che ne consegue. Il buon senso dovrebbe suggerire a tutti di tenere un comportamento che non arrivi a indurre a strappi di questo genere. Certo però Draghi, dopo la partita del Quirinale, è in una condizione in cui può porre dei limiti molto fermi oltre i quali non andare nell’interesse del Paese.

(Lorenzo Torrisi)

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