Dopo l’approvazione del ddl concorrenza, il Governo questa settimana dovrebbe dare il via libera all’Assegno unico per i figli e concentrare la sua azione sui 22 target da raggiungere nell’ambito del Pnrr entro fine anno per non mettere a rischio una parte delle risorse del Recovery fund. Nel frattempo la Legge di bilancio comincerà il suo iter parlamentare e potrebbero non mancare scontri tra i partiti della stessa maggioranza per vedere approvati alcuni emendamenti.
Come evidenzia l’ex direttore del Sole 24 Ore Guido Gentili, «è diventato più complicato per Draghi tenere insieme, com’è riuscito a fare sinora, una maggioranza di unità nazionale dove coesistono programmi, idee e soluzioni diverse per i problemi. Il Premier nei mesi scorsi, anche per via dell’emergenza pandemica ancora battente, è riuscito a dare dei segnali di svolta, ma ora nel sistema politico dei partiti in generale si avverte una certa insofferenza e non aiuta di certo il fatto di essere ormai entrati nella partita del Quirinale».
Una partita che vede coinvolto lo stesso Draghi.
Sì e questo complica la vita al Premier che deve continuamente fare delle mediazioni. Fin qui è comunque riuscito a tenere ferma la barra e l’ha dimostrato anche su temi importanti come le pensioni e il Reddito di cittadinanza.
La Legge di bilancio si può considerare una partita chiusa?
Probabilmente durante l’iter parlamentare ci saranno degli aggiustamenti, ma a disposizione c’è poco più di mezzo miliardo di euro. Le richieste dei partiti andranno sicuramente ben oltre questa cifra. Credo però che il Governo terrà duro. La pressione dei partiti si farà sentire comunque su tutti i fronti. Pensiamo, per esempio, alla delega fiscale, che va riempita ancora di contenuti. Ci sarà inevitabilmente battaglia in Parlamento.
E poi ci sono altri provvedimenti, dall’Assegno unico ai 22 target da raggiungere nell’ambito del Pnrr…
Su quest’ultimo punto Draghi ha chiesto a tutti i ministri di accelerare. Credo che in generale il Premier cercherà di percorrere la “terza via” prospettata con il ddl concorrenza rispetto a quanto messo in campo dai Governi precedenti, ovvero il non fare nulla o il prospettare riforme epocali senza però poi arrivare a nessun risultato concreto. La decisione sulla mappatura delle concessioni, non solo quelle balneari, è funzionale a mettere di fatto sul tavolo dei partiti lo scandalo di queste concessioni (e di renderne consapevole anche l’opinione pubblica) in modo quindi da costringerli a prendere atto di una situazione che giustamente l’Europa ci contesta e agire di conseguenza.
Un portavoce della Commissione europea ha richiamato ancora una volta l’Italia a conformarsi alla legislazione europea in materia. Non è un segnale negativo per il Governo?
Dobbiamo ricordarci che l’esecutivo sta anche attendendo la sentenza del Consiglio di Stato sulla proroga della concessioni balneari al 2034 decisa con la Legge di bilancio del 2019. Bruxelles ha ribadito quindi una posizione già espressa negli anni scorsi. Non credo in ogni caso che Draghi possa mollare su questo punto e non credo che lo farà: dopo la mappatura si agirà.
Il ddl concorrenza ha fatto storcere il naso anche a Confindustria, i sindacati non escludono un futuro sciopero generale: comincia a esserci un problema di consenso sociale per Draghi?
In un Paese dove la cultura di mercato non ha mai brillato, quando si mette mano alle rendite di posizione, agli interessi costituiti, è normale che le varie categorie di volta in volta interessate comincino a insorgere. Questo fa parte delle regole del gioco ed è uno dei motivi per cui abbiamo fatto poche riforme in passato. Ora siamo arrivati al punto in cui o si spinge sul pedale delle riforme o torniamo indietro al solito trantran che abbiamo conosciuto e che ci ha portato a 25 anni di bassa crescita economica.
Questo è un tema che inevitabilmente si intreccia con la partita del Quirinale e alla possibilità che venga eletto Draghi e si vada al voto anticipato. A quel punto sarebbe impossibile “spingere” sulle riforme…
Sì, sono cominciate le grandi manovre per il Quirinale e sappiamo che una delle ipotesi è quella che vede l’elezione di Draghi per lasciare campo libero al ritorno alle urne. Io non credo, però, che alla fine si andrà al voto anticipato.
Perché?
Perché i parlamentari di prima nomina maturano il diritto alla pensione il 24 settembre 2022. Si tratta di 427 deputati (il 68% dei componenti della Camera) e 234 senatori (il 73% dei membri del Senato). Credo che siano numeri importanti e tra questi 661 parlamentari non mancherà chi baderà ai propri interessi nell’elezione del Presidente della Repubblica che avviene a scrutinio segreto. Mi sembra che siamo di fronte a una condizione ostativa oggettivamente molto forte e se la prospettiva non è quella del voto anticipato, anche lo stesso quadro della partita del Quirinale cambia un po’.
Anche perché resterebbe da capire chi andrebbe a palazzo Chigi se Draghi fosse eletto al Quirinale…
A me sembra più facile che rimanga Draghi e che il Parlamento chieda a Mattarella di accettare una rielezione. Anche qualora il capo dello Stato dovesse confermare la volontà già espressa di non volere una riconferma del mandato, se ci fosse una spinta all’unanimità delle Camere non credo che potrebbe tirarsi indietro. Del resto la coppia Draghi-Mattarella ha dimostrato di funzionare bene in questa fase.
Potrebbe essere un fattore “esterno”, come la quarta ondata di contagi in Europa o un rialzo dello spread, che già pochi giorni fa è salito rapidamente dopo l’ultimo board della Bce, ad aiutare il permanere di Draghi a palazzo Chigi e di Mattarella al Quirinale?
Certamente. Se, per esempio, la pandemia dovesse riprendere quota in Europa, e se parzialmente dovesse accadere anche in Italia, dove oggettivamente la situazione sembra più sotto controllo, ciò spingerebbe a evitare bruschi cambiamenti di rotta. Anche perché l’andamento della pandemia è un tema strettamente collegato alla ripresa economica e abbiamo visto nelle ultime settimane come la sensibilità dei mercati sia cresciuta rispetto alle scelte delle Banche centrali riguardo la crescita dell’inflazione, che appare sempre meno transitoria visto che permangono gli alti prezzi delle materie prime e i colli di bottiglia sul lato dell’offerta. Ci sono quindi possibili fattori di instabilità per l’Europa, dove tra l’altro l’Italia ha riconquistato un ruolo importante grazie proprio a Mattarella e a Draghi.
La riconferma di Draghi e Mattarella potrebbe essere anche una soluzione “comoda” per il centrosinistra, visto che al momento non ha nemmeno un candidato di bandiera per il Quirinale?
In effetti si leggono diversi nomi, ma non si vede qualcuno che sia disposto a prestarsi per fare il candidato di bandiera di quel fronte. Il Pd stesso non ha ancora un candidato, anche perché dovrebbe concordarlo con M5s. Al di là di questo, Credo che comunque sarà Draghi stesso a parlare per mettere fine, in un senso o nell’altro, alle speculazioni sul suo nome nel toto-Quirinale.
(Lorenzo Torrisi)
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