Il dato forse più significativo dell’atteso voto di midterm è quello relativo all’affluenza, in un Paese dove da decenni si vota sempre di meno: è stata la seconda più alta registrata in 50 anni, inferiore soltanto al dato del 2018. Si è recato alle urne poco meno del 50% degli aventi diritto. In questo dato, come ci ha spiegato in questa intervista Andrew Spannaus, giornalista americano, fondatore di Transatlantico.info e autore del nuovo podcast House of Spannaus, sta anche il segreto del risultato positivo del Partito democratico.
I dem infatti hanno smentito i sondaggi che davano in arrivo “l’onda rossa” (repubblicana): “I democratici hanno contrattaccato in modo efficace su aborto e pericolo per la democrazia, ma sono riusciti anche a sfidare la narrazione repubblicana sull’economia. Nelle ultime settimane hanno ammonito che i repubblicani dell’establishment vogliono tagliare pensioni e sanità”.
Ma soprattutto esce male dal voto Trump, che ha visto quasi tutti i suoi candidati perdenti: “Questo è un segnale forte di un percorso che il Partito Repubblicano ha già intrapreso, staccarsi dal tycoon e cominciare una fase post Trump in vista delle prossime elezioni presidenziali”.
Si aspettava l’onda rossa che non c’è stata: perché?
Le previsioni dei vari istituti di sondaggi sono state confermate: i repubblicani hanno preso la Camera mentre il Senato è in bilico, e solo dopo il 6 dicembre quando ci saranno i ballottaggi in stati come la Georgia sapremo se riusciranno a prendere anche il Senato. Però la vittoria alla Camera ha avuto un distacco minore di quello previsto. I democratici hanno limitato i danni molto meglio di quanto succede tradizionalmente al voto di midterm quando il partito al governo perde in maniera più evidente.
Come si spiega la loro tenuta?
I democratici si sono avvantaggiati di diversi temi, ad esempio l’aborto e la preoccupazione per un possibile ritorno di Trump sulla scena. Entrambi i fattori hanno portato a votare molta gente che non lo faceva, si tratta della seconda più alta affluenza in 50 anni dopo quella del 2018. In più sono riusciti a rispondere sui temi economici: nelle ultime settimane hanno ammonito che i repubblicani dell’establishment vogliono tagliare pensioni e sanità. Così li hanno costretti non solo a criticare, ma a dire cosa vogliono fare.
Trump esce con le ossa rotte. I candidati dell’ex presidente hanno incassato sonore sconfitte o quantomeno faticato. Questo risultato mette in dubbio la sua candidatura alle presidenziali del 2024?
Sicuramente sì. Trump ha avuto un ruolo forte nell’appoggiare alcuni candidati considerati più outsider, persone con poca esperienza politica e incapacità di parlare all’elettorato moderato. Di questi solo uno rimane in corsa, Herschel Walker in Georgia. Questo risultato riduce la necessità del Partito repubblicano di ricorrere a lui e dimostra che il suo metodo non necessariamente fa bene. Ora il Gop può privarsene e cominciare una fase post Trump in vista del 2024. Lui ovviamente non l’ha presa bene e c’è da aspettarsi un’aspra lotta interna.
È andata invece benissimo in Florida, dove il governatore repubblicano uscente Ron DeSantis e il candidato al Senato Marco Rubio hanno stravinto. Potrebbe essere proprio DeSantis l’uomo nuovo dei repubblicani per la corsa alla Casa Bianca?
DeSantis è in ottima posizione per le primarie repubblicane. È un personaggio molto spregiudicato politicamente, capace di unire politiche di vecchio stampo anche anacronistiche con una sensibilità che parla all’elettorato influenzato dal populismo.
Siamo in grado di giudicare i flussi di voto interni ai due partiti? Chi ha determinato i risultati?
Ci vorrà tempo per esaminarli bene. Sicuramente per i democratici è stato significativo l’apporto delle donne e dei giovani. C’è da sottolineare un fenomeno interessante, la separazione del voti.
Cioè?
Gli elettori votato maggiormente per i candidati piuttosto che per il loro partito. Ad esempio Brian Kemp, candidato repubblicano al ruolo di governatore, ha ottenuto un risultato migliore di quello di Walker del suo stesso partito, grazie alla sua capacità di rivolgersi ai moderati. La qualità dei candidati ha contato molto, insieme all’incapacità dei repubblicani di definire meglio quello che vogliono fare.
Oggettivamente però i democratici hanno perso la Camera. Quali saranno le conseguenze?
Il programma era già fermo, lo stallo legislativo era già iniziato dopo i numerosi pacchetti economici già varati. Ci sarà un clima di scontro forte al Congresso e l’amministrazione Biden si concentrerà su politica estera e azioni politiche amministrative. Servirà uno sguardo più a lungo termine, per capire come affrontare l’inflazione ma soprattutto quali sono le sue cause, e quale direzione dare al Paese.
Biden come esce da questo voto? La sua ricandidatura si indebolisce?
Biden ha battuto la consuetudine storica di queste elezioni, tuttavia farebbe bene ad aprire i giochi per far sì che il suo partito trovi un nuovo candidato più forte e più giovane.
(Paolo Vites)
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