Un po’ di coraggio in più passato il Santo Natale è auspicabile, perché nel contesto di un budget francamente limitato, per rafforzare le famiglie serve più welfare e imprese che tengano il passo, perché servono investimenti sull’occupabilità, sui servizi alle famiglie poiché se andiamo avanti così con il calo dei finanziamenti alla sanità, alla Pubblica amministrazione, all’istruzione, il Paese Italia non ha un bell’avvenire.



Bisogna essere onesti: la carta per la spesa seppur dotata di 500 milioni un aiutino ai redditi bassi la offrirà, sappiamo bene che l’aumento di 7 euro e le pensioni minime che saranno portate a 570 euro è pochino, ma concedere finestre per il pensionamento a 62 anni e 41 di contributi gonfia irrimediabilmente di miliardi la spesa previdenziale che arriva a pesare il 40% sulla spesa pubblica, tolta quella sul debito, e sappiamo che l’inflazione che galoppa cannibalizzerà il valore delle linee di bilancio per ora sedate. Sulle pensioni, però, ci chiediamo perché nella manovra, sull’Opzione donna, riconfermata, siano state inserite per il 2023 modifiche: in pensione a 58 anni con due figli o più, a 59 con un figlio, a 60 negli altri casi. E ancora, sempre sulle donne, perché da oltre 10 anni si impone la possibilità di anticipare la pensione solo con il ricalcolo contributivo mentre agli uomini no?



La produttività delle imprese è quella che crea lavoro, reddito, gettito e riduce la povertà: in Italia sono 5,6 milioni le persone che vivono in povertà assoluta. Parliamo del 9,4% della popolazione e si tratta di dati ancora del 2021. Il rischio di povertà o esclusione sociale è rimasto stabile tra il 2020 e il 2021, ma comunque elevato nel confronto europeo, collocando l’Italia agli ultimi posti nella graduatoria dei Paesi dell’Unione. E non è più solo un fatto di numeri. È al contrario un fatto di storie, di persone che non possono essere abbandonate ed emarginate dal sistema Paese. Ogni povertà è quasi sempre multidimensionale e complessa, e ogni povertà è collegata a un’altra: educativa, sanitaria, abitativa, relazionale. Dunque, non basta aumentare l’Assegno unico alle famiglie perché va riformato, non basta abbattere l’Iva sui pannolini, il modesto taglio sul cuneo fiscale di 3 punti sui redditi più bassi e l’allargamento del bonus sociale per l’energia alle famiglie con Isee fino a 15 mila euro rappresentano un altro aiutino, ma è necessario dirottare l’attenzione sulle politiche e le risorse pro crescita, e alla ministra della Famiglia che afferma che sta pensando di aumentare il congedo parentale di un mese suggeriamo di guardare prima di tutto al sistema della bilateralità aziendale che può rappresentare la forma di finanziamento più equilibrata del sistema già operativo contrattualmente dedicando alcune risorse non solo alla formazione ma anche a permessi ulteriori per i propri familiari.



La manovra “catenaccio” è poi quella alla quale aveva dovuto attenersi a palazzo Chigi anche Mario Draghi respingendo le sollecitazioni a fare più debito. Che lui distingueva, e distingue ancora, fra buono e cattivo preferendo naturalmente il primo, più contenuto, al secondo, più pesante e dispendioso. L’attuale Esecutivo dovrà fare i conti col percorso parlamentare delle misure appena adottate. Un percorso parlamentare faticoso attende la smart/manovra che sarà tanto breve, dovendosi evitare entro la fine dell’anno il ricorso al cosiddetto esercizio provvisorio, quanto a rischio di incidenti o, quanto meno, imprevisti perché la maggioranza è pur sempre composita. E a palazzo Madama, con tutti i senatori imbarcati nel Governo come ministri e sottosegretari, i margini sono, come al solito, dannatamente stretti.

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