Alla scissione del Movimento 5 Stelle seguirà la diaspora. Ne è certo un deputato M5s, che vuole mantenere l’anonimato e per adesso sta a guardare gli eventi, ci dice, “con amarezza e delusione”. “Andranno via – prospetta – diversi colleghi rimasti con Giuseppe Conte e Beppe Grillo. Alcuni passeranno subito nel Misto e io sto valutando questa strada, per coerenza”. Altri, aggiunge il deputato, cercheranno di ricollocarsi entro ottobre, con l’obiettivo di essere rieletti o almeno di giocare la partita delle prossime politiche.
Il nostro confidente è un attivista della prima ora. Vinse il posto alla Camera, ci racconta, “in un collegio uninominale che doveva andare al centrodestra, secondo le previsioni”. Il deputato M5s confessa d’aver creduto nel grillismo originario, “ora annacquato – lamenta – per colpa di Grillo, che ha dimenticato le sue battaglie e la sua storia, che ci ha abbandonato a lungo e poi ci ha spinto ad appoggiare l’esecutivo Draghi con la scusa del nuovo ministero della Transizione ecologica”. “Dovevamo cambiare la politica, invece – prosegue – la politica ha cambiato noi. Le condizioni c’erano tutte e il vento era favorevole, ma ci è mancata la testa per pensare, la volontà di darci un’organizzazione concreta, la responsabilità di guidare il governo secondo il nostro programma. Le invidie interne e l’assenza di un timoniere hanno determinato l’affondamento della nave”.
Oggi, a più di quattro anni dal boom elettorale dei 5 Stelle, il deputato si sfoga: “Avevamo il popolo dalla nostra parte, ma poi abbiamo fallito al governo, in Parlamento e nei territori. Pensavamo che il potere si potesse gestire come un blog, come un profilo social. Venivamo dalla piazza, virtuale e reale. Eravamo abituati alla denuncia pubblica, all’indignazione, al rifiuto delle logiche e delle manovre dei partiti. Non avevamo capito, però, che il palazzo è un campo minato, pieno di trappole, di veti incrociati, di burocrati più forti degli eletti. Ci eravamo illusi d’aver riscritto la storia con il Reddito di cittadinanza e poi con la riduzione del numero dei parlamentari. Non siamo stati capaci di intercettare i bisogni della gente e siamo serviti, in ultima analisi, a rafforzare la tecnocrazia. Ne siamo stati strumento, con la nostra ingenuità, la nostra inesperienza, la nostra confusione, la nostra incapacità di confrontarci”.
Altrettanto netto è il giudizio sul presidente del partito, Giuseppe Conte. “Con noi non c’entra affatto, è arrivato grazie a Luigi Di Maio. Dopo ha interpretato un copione – attacca lo stesso deputato dei 5 stelle – per buona parte della pandemia. Su consiglio di Rocco Casalino, Conte ha approfittato del momento per rassicurare gli italiani, per tenerli in casa buoni e quieti, per nascondere l’inadeguatezza dell’esecutivo giallorosso e costruirsi uno spazio tutto suo, alla sinistra del Pd. Il suo scopo è gestire un partito di fedelissimi che nel prossimo Parlamento porti una cinquantina dei suoi, tra Camera e Senato. Il suo cerchio magico è pronto, ed è già chiuso”.
“A Conte – dice un altro deputato del Movimento 5 Stelle che medita di iscriversi nel Misto – non importa dei territori. Ha nominato i coordinatori regionali senza alcun confronto con la base, li ha scelti soltanto per amicizia personale. Nel merito non ha seguito alcun criterio politico, non ha affatto premiato l’impegno. Soprattutto, si è mosso con grave ritardo. Per le elezioni amministrative, poi, ha girato alcune piazze e badato alla propria immagine, piuttosto che ad occuparsi del radicamento territoriale. L’ha fatto di proposito: il Movimento 5 stelle gli serve come marchio, poi gli cambierà il nome. Lo conferma un fatto: Conte non ha nemmeno aperto una riflessione interna sul recente calo verticale dei consensi”.
Fra stanchezza, rabbia e scoramento, nei parlamentari del Movimento 5 Stelle c’è la consapevolezza che la legislatura è alla fine e tanti di loro torneranno a casa, dato il taglio dei seggi previsto dalla legge costituzionale dell’ottobre 2020: da 600 a 400 per la Camera e da 300 a 200 per il Senato. Alcuni parlamentari M5s temono che Conte chieda loro di restituire parte dell’assegno mensile, questione di cui si è persa traccia. Tra questi ci sono deputati e senatori che dovrebbero versare fra i 20 e i 30mila euro, che però hanno già speso. Ci sono anche parlamentari 5 Stelle che temono il biasimo popolare, se non dovessero rinunciare al trattamento di fine mandato, pari all’80 per cento dell’importo mensile lordo dell’indennità, per ogni anno di mandato effettivo. Si tratta di oltre 40mila euro, cui Alessandro Di Battista rinunciò per intero, motivando: “Una promessa in campagna elettorale è debito: troveremo un altro modo per sostenere la famiglia”.
Sul limite del secondo mandato, Grillo sarebbe disposto a cedere a qualche deroga. Insieme a Conte, il cofondatore del Movimento 5 Stelle teme la “transumanza” di altre decine di parlamentari verso i Gruppi di Camera e Senato di Insieme per il Futuro. “Di Maio – riferisce a bassa voce l’assistente di un senatore pentastellato – è più bravo, ha colto le conseguenze della guerra in Ucraina e ha lavorato per restare a galla nello scenario politico attuale, segnato dal dominio delle posizioni euroatlantiche. Vuole un dato a questo proposito? Di Maio ha già dato incarichi nelle varie commissioni parlamentari a deputati e senatori in gamba che con Conte erano rimasti invece ai margini. Gli italiani hanno bisogno di sicurezza e serenità, si annuncia l’autunno più caldo degli ultimi 50 anni, tra aumento dei prezzi, crisi energetica, licenziamenti e tasse”.
“Conte – continua l’assistente, che una decina di anni fa militava nell’Italia dei Valori – non ha una linea politica. La cambia in base ai sondaggi che gli passano. Ora si è tuffato nell’area pacifista, come Salvini. Qualcuno gli ha detto che conviene. Ma gli elettori sanno benissimo che fece votare per la risoluzione che spianò la strada al decreto Ucraina sull’invio di armi. La verità è che l’ex presidente del Consiglio non sa che pesci prendere. Ma ha una certezza: se lascia il governo, il Movimento 5 Stelle è letteralmente finito”.
“Il Movimento – sostiene un dotto albergatore romano che ne conosce bene le dinamiche interne – è già morto. Ha dovuto ingoiare tutti i rospi possibili, senza poter fiatare. Ritengo probabile che nel decreto Aiuti rinviino la norma sull’inceneritore di Roma, giusto per gettare un’esca a Conte e Grillo, che, ricordo, usa il suo blog, e di certo non gratis, per evitare il tracollo elettorale dei 5 Stelle”. “Conte e Grillo – conclude – hanno infilato il Movimento in un vicolo cieco. Dell’ambientalismo delle origini non è rimasta alcuna memoria e l’Italia ha già acquistato carbone per rimettere in funzione le vecchie centrali. La transizione ecologica si è arenata. Oggi gli italiani hanno il problema del prezzo dei carburanti, del pane, delle bollette. Per questo ritengono inattendibile un Movimento che non ha più peso in Parlamento e che, a pochi mesi dalle prossime politiche, vorrebbe pentirsi dell’abbraccio a Draghi e usare lo strappo di Di Maio per nascondere le proprie responsabilità”.
Comunque vada, nulla sarà come prima. Nel lontano 2012 Grillo fu profetico. “Il futuro del Movimento 5 Stelle – anticipò – è sciogliersi”.
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