Sulla celebre rivista scientifica Nature Medicine sono stati pubblicati i risultati di due sperimentazioni che si sono svolte in Pakistan sulla depressione in gravidanza. Problema, questo, che affligge buona parte delle (future) mamme, specialmente durante il primo trimestre, con un’incidenza stimata (dato che in molte decidono di non rivolgersi ai professionisti) del 13%, che diminuisce tra il 2,5 e il 7% per quanto riguarda il secondo trimestre ed, ulteriormente, del 2,3/6,3% durante l’ultimo trimestre. Proprio per evitare alle donne in gravidanza l’onere di parlare della loro depressione con un esperto, spesso oggetto di stigmatizzazione, una delle due sperimentazioni riguarda un’app sviluppata dall’Università botanica di Liverpool.



L’app che aiuta le donne in gravidanza affette da depressione

Secondo i risultati pubblicati sulla rivista, l’app sviluppata in Inghilterra potrebbe rivelarsi in molti casi un aiuto contro la depressione per le donne in gravidanza. L’app, che non è ancora stata distribuita al grande pubblico ed è stata solo testata in alcune zone rurali del Pakistan, serve a creare una rete tra le mamme in difficoltà e quelle che, invece, attraverso quei problemi ci sono già passate e ne sono, fortunatamente, uscite. Nulla di ‘medico’, insomma, ma comunque un luogo in cui parlare, confrontarsi e scoprire le storie di altre donne.



Nel corso della sperimentazione per l’app di aiuto alle donne in gravidanza a rischio depressione, i risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli del programma ‘Thinking Healthy‘, già approvato dall’Organizzazione mondiale della sanità che ne ha suggerito l’adozione in tutto il mondo. Il programma ha già dato ottimi frutti in tutta l’Asia meridionale, contribuendo al benessere  materno, all’interazione tra madre e bimbo e al supporto sociale materno. Tuttavia, il grosso ‘svantaggio’ del programma è la stigmatizzazione di cui prima, che porta tantissime donne in gravidanza affette da depressione ad evitare le richieste di aiuto ai professionisti, nel timore (spesso) di essere considerate madri poco degne del loro ruolo.

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