Curare la depressione solo assumendo farmaci non sembra uno scenario plausibile, almeno al momento. C’è bisogno di migliorare l’assistenza e di andare avanti con la ricerca scientifica: infatti, il 30% delle persone che soffre di depressione acuta non risponde ai trattamenti disponibili, come spiega Le Figaro. Nonostante le terapie siano ancora molto indietro, si tratta di una malattia tutt’altro che rara: in Francia ne soffrono più di 2 milioni di persone e, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è sul punto di diventare, entro il 2030, la prima causa di disabilità. La risposta, secondo un recente studio, potrebbe essere però nei neuroni. Un team di ricercatori francesi e canadesi ha sviluppato un nuovo metodo che è valso a Jocelyne Caboche, direttrice della ricerca del CNRS, il premio Marcel-Dassault 2023 per l’innovazione in psichiatria.



er trasmettere informazioni, il neurone utilizza segnali elettrici che viaggiano attraverso una gigantesca rete all’interno del nostro cervello. Arrivando all’estremità, ossia alla sinapsi, questo segnale rilascerà messaggeri chimici chiamati neurotrasmettitori. Trasmesse al neurone successivo, queste molecole lo ecciteranno, o lo inibiranno, per poi essere ritrasformate in un segnale elettrico, e così via. Nella depressione, osserviamo un’interruzione nell’emissione o nella ricezione di questi neurotrasmettitori, principalmente la serotonina (responsabile dell’equilibrio del sonno, dell’appetito e dell’umore), la dopamina (che regola umore e motivazione) e la norepinefrina (coinvolta nell’attenzione e nel sonno). I classici antidepressivi prendono di mira i recettori di queste molecole ma impiegano molto tempo per fare effetto e hanno molti effetti collaterali.



Un peptide migliora la risposta contro la depressione: la terapia del team franco-canadese

“Abbiamo bisogno di innovazione per i pazienti, in particolare per quelli affetti da patologie” ha spiegato Jocelyne Caboche, direttrice della ricerca al CNRS. Con un team franco-canadese ha sviluppato un peptide che, somministrato ai topi, ha migliorato la loro risposta allo stress. La ricerca risale al 2018, quando il team ha proposto su Nature Medicine un nuovo bersaglio terapeutico: la proteina Elk-1, che controlla l’espressione dei geni coinvolti nella regolazione dell’umore. I ricercatori hanno dimostrato che questa proteina è sovraespressa nei casi di depressione. Si sono prima concentrati sul cervello di pazienti depressi morti per suicidio, confrontandoli con quello di persone senza malattie mentali, poi su topi di laboratorio. Campioni di sangue di pazienti hanno dimostrato che gli RNA messaggeri coinvolti sono ridotti nelle persone che rispondono al trattamento antidepressivo.



Gli autori hanno sviluppato così un peptide (una piccola catena di aminoacidi) chiamato PepElk. Una volta penetrato cervello e nei neuroni, questo impedisce l’attivazione della proteina Elk-1. La somministrazione sui topi adulti ha dato buone risposte ma resta da dimostrare la sua efficacia sull’uomo, ed è proprio questo lo scopo del premio Dassault: “La somma stanziata è lontana dall’importo totale necessario, ma questo ci permetterà di iniziare il primo lavoro, e questa è una leva molto importante per trovare investitori pronti a sostenerci” ha spiegato Jocelyne Caboche. Bisognerà poi trasformare il composto sperimentale in un vero e proprio farmaco. “A priori, il peptide è troppo fragile per passare attraverso lo stomaco sotto forma di compresse” ha aggiunto il team.