La nascita di un bambino è una grande gioia, ma nasconde anche grandi difficoltà. Gli studi confermano i numeri sulla depressione post-parto, che tocca oltre il 16 per cento delle donne. Il congedo di maternità aiuta ad affrontare gli ostacoli sul percorso, ma anche i padri devono fare i conti con momenti di difficoltà. Secondo uno studio britannico pubblicato il 1° gennaio sulla rivista The Lancet, oltre il 5 per cento degli uomini accusa sintomi depressivi dopo la nascita di un figlio.



La ricerca ha confermato che i padri che prendono un congedo dopo il parto sono meno esposti al rischio depressione. Utilizzando i dati del French Longitudinal Study since Childhood (ELFE), i ricercatori hanno incontrato più di 24 mila padri e madri affetti da depressione post-parto e in congedo. Ebbene, il 4,5 per cento dei padri che hanno usufruito del congedo di paternità è stato colpito da depressione post-parto. Una percentuale più bassa rispetto al 5,7% di uomini rientrati subito a lavoro dopo il lieto evento. Prendersi un periodo di pausa – dunque – ha un effetto tangibile sulla salute mentale dei papà.



Depressione post-parto colpisce anche i padri

Secondo quanto confermato dalla ricerca pubblicata da The Lancet, se il padre è in congedo ci sono delle ripercussioni sulla madre: il 15,1% delle donne è affetto da depressione post-parto quando il coniuge torna al lavoro, la percentuale sale al 16,1% se il coniuge è in congedo. La presenza del partner, dunque, accentua il rischio nelle donne di presentare sintomi depressivi. Intervistata da Liberation, la coordinatrice dello studio Maria Melchior ha spiegato che è da poco tempo che gli esperti si sono interessati alla salute degli uomini dopo la nascita di un figlio: “La depressione nei padri segue lo stesso processo delle madri: si manifesta entro un anno dall’arrivo del bambino, non necessariamente nelle prime settimane, ma piuttosto entro tre-sei mesi”. I fattori di rischio sono principalmente psicosociali e possono manifestarsi entro un anno dalla nascita del bimbo.  Per l’esperta, è possibile che i padri la cui partner è più rischio a soffrire della patologia siano più propensi a prendere il congedo di paternità.

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