Alla base della depressione potrebbe esservi un amminoacido comune, leggasi la glicina: potrebbe essere tale componente a fornire un segnale di “rallentamento” al cervello, contribuendo quindi a creare uno stato di disagio psichico purtroppo comunissimo. A sostenerlo, come si legge sul sito di Repubblica, sono gli scienziati del Wertheim UF Scripps Institute for Biomedical Innovation & Technology, e la loro scoperta è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista Science. Si tratta di un risultato che potrebbe portare a migliorare in maniera importante la comprensione delle cause biologiche legate alla depressione, sviluppando così nuovi farmaci di azione rapida per trattare questi disturbi.



“La maggior parte dei farmaci per le persone con depressione impiegano settimane prima che facciano effetto, se mai lo fanno. Sono davvero necessarie nuove e migliori opzioni”, sono le parole di Kirill Martemyanov, a capo dipartimento di neuroscienze presso l’istituto di Jupiter, e neuroscienziato autore dello studio. Stando a quanto fatto sapere dagli scienziati che hanno dato vita a questo importante lavoro, il gruppo avrebbe lavorato per anni a questa scoperta, ponendosi una domanda fondamentale “In che modo i sensori sulle cellule cerebrali ricevono e trasmettono segnali nelle cellule?”.



DEPRESSIONE, LA CAUSA BIOLOGICA E’ LA GLICINA: “ABBIAMO BISOGNO DI NUOVI TRATTAMENTI…”

Nel 2018 il team di Martemyanov aveva scoperto che il nuovo recettore era coinvolto nella depressione provocata dallo stress: se i tipo non avevano questo gene per il recettore, il GPR158, allora non subivano stress. Nel 2021, quindi, una scoperta importante, il funzionamento dello stesso recettore: “Di solito i recettori come GPR158, noti come recettori accoppiati a proteine G, legano le proteine G. Questo recettore si legava a una proteina RGS, che è una proteina che ha l’effetto opposto dell’attivazione”, le parole di Thibaut Laboute, ricercatore del gruppo di Martemyanov e primo autore dello studio. “Da decenni – ha aggiunto – gli scienziati catalogano il ruolo dei recettori cellulari e dei loro partner di segnalazione. Quelli che ancora non hanno segnalatori noti, come GPR158, sono stati soprannominati “recettori orfani”. La scoperta significa che GPR158 non è più un recettore orfano”.



Laboute ha aggiunto: “Ciò che mi rende davvero entusiasta di questa scoperta è che potrebbe essere importante per la vita delle persone. Questo è ciò che mi fa alzare la mattina”. Martemyanov ha chiosato: “Abbiamo un disperato bisogno di nuovi trattamenti per la depressione. Se possiamo mirare a questo con qualcosa di specifico, ha senso che possa essere d’aiuto. Ci stiamo lavorando ora”.