La Russia si è dimostrata resiliente, in grado di resistere alle sanzioni occidentali. Lo evidenzia Oleg Deripaska, oligarca del metallo che in un’intervista al Financial Times non nasconde il suo stupore per l’andamento dell’economia russa dopo l’invasione dell’Ucraina: pensava che la guerra avrebbe mandato in bancarotta il Cremlino. Invece, Mosca è sopravvissuta all’isolamento della sua economia, sviluppando nuovi legami commerciali con il sud del mondo e aumentando gli investimenti nella produzione interna. Nel frattempo, il settore privato si è dimostrato più solido di quanto si aspettasse. «Mi ha sorpreso che le imprese private fossero così flessibili. Ero più o meno sicuro che fino al 30% dell’economia sarebbe crollato, ma è stato molto meno», spiega Deripaska. Pur ammettendo che le spese di guerra, sussidi e supporto governativo hanno un costo economico non indifferente, evidenzia che il rallentamento che ha registrato la Russia è «sorprendentemente basso. L’economia privata ha trovato il modo di operare e di farlo con successo». La Russia è stata tagliata fuori dai mercati globali e dalle catene di approvvigionamento, eppure ha mostrato una capacità di ripresa.
Le parole dell’oligarca Oleg Deripaska, fondatore del principale produttore di alluminio Rusal e della società energetica En+, confermano la crescente fiducia da parte dell’élite moscovita riguardo la possibilità che la Russia esca relativamente indenne dalle sanzioni, nonostante la paura che potessero distruggere l’economia dopo lo scoppio della guerra in Ucraina. «Ho sempre dubitato di questa wunderwaffe (arma prodigiosa, ndr), come dicevano i tedeschi, delle sanzioni, dell’armamento del sistema finanziario come una sorta di strumento per negoziare», dichiara al Financial Times. L’oligarca è contrario all’uso delle sanzioni come “armi”: «Abbiamo fatto tanti sforzi per rendere il mondo globale, in termini di commercio, investimenti, flussi di informazioni. È davvero finita quando si possono usare le sanzioni, è una specie di strumento del XIX secolo. Non riusciamo a capire se sia efficiente nel XXI secolo».
“RUSSIA SOPRAVVIVE ALLE SANZIONI OCCIDENTALI”
Per spiegare la “resilienza” dell’economia russa, Deripaska indica gli investimenti del Cremlino nell’industria e gli sforzi per costringere le imprese statali ad aumentare le proprie capacità, in parte a sostegno dello sforzo bellico. «Il capitalismo di Stato ha creato questi enormi conglomerati con bassa produttività, bassi tassi di utilizzo, bassi salari. Oggi sono rimasto sorpreso nel vedere che in alcune delle loro fabbriche i salari erano simili a quelli delle aziende che ho fondato nella stessa regione. Hanno soldi, assumeranno, saranno competitivi».
Deripaska, che dal 2018 è sottoposto a sanzioni personali da parte degli Usa e dal 2022 da parte dell’Ue, rivela che i suoi viaggi in Asia lo hanno convinto che i Paesi del Sud del mondo avrebbero resistito alle pressioni per unirsi alle sanzioni occidentali, offrendo alla Russia un’ancora di salvezza. «Queste persone devono sfamare un miliardo di persone al giorno e voi chiedete loro di impegnarsi o di soffrire. È stato un grave errore di chi pensava di poter usare questo eccellente meccanismo per fare pressione sui regimi autocratici».
“SANZIONI NON FERMERANNO LA GUERRA IN UCRAINA”
Le parole di Deripaska sono importanti anche perché è stato uno dei pochi oligarchi a criticare, seppur con cautela, l’invasione nei primi mesi. «Non vedo perché non si debba fermare il conflitto da entrambe le parti, non vedo come qualcuno possa raggiungere l’obiettivo dichiarato. Darete F-16, F-35? L’unico obiettivo che si raggiungerebbe sarebbe una maggiore sofferenza e la perdita di più vite, più feriti per forse 5, 10, 20, 25 chilometri a destra o a sinistra», aggiunge a proposito della guerra in Ucraina. Kiev ha finora sempre respinto gli appelli come quello di Deripaska per un vero negoziato, perché legittimerebbe le conquiste territoriali della Russia.
Ma per l’oligarca, ulteriori combattimenti causerebbero «altri 50.000 morti da entrambe le parti e forse 150.000 feriti» entro il prossimo anno. Quindi, tramite i microfoni del Financial Times, rilancia: «Credete davvero che sia saggio avere altre 200.000 persone… che soffrirebbero per altri 12 mesi?». Infine, Deripaska avverte l’Occidente: «Credere che le sanzioni fermeranno la guerra o creeranno un cambiamento di regime o in qualche modo ci avvicineranno alla fine del conflitto… No. No. Abbiamo bisogno di un’altra soluzione».