Partendo dalla situazione tra Hamas e Israele – impegnate in una violenta e distruttiva guerra che continua ormai da 7 mesi – il filosofo francese Alain Finkielkraut in un’intervista per Le Figaro arriva fino ad un’aperta condanna alla deriva antisemita a cui l’occidente assiste, a metà tra l’impotenza e il disinteresse. Da poco il filosofo ha deciso di respirare in prima persona l’aria belligerante di Tel Aviv, rivendicando che “non potevo più sopportare di condividere da lontano la tristezza e l’angoscia degli israeliani” per capire come mano, spiega Alain Finkielkraut, come vivono “quello che descrivono come il periodo peggiore della loro storia“.



Non è rimasto deluso dal sentire alla radio “uno specialista di relazioni internazionali [che] ha paragonato i bombardamenti dell’esercito israeliano su Gaza a quelli di Coventry e Dresda“: visione che condivide ricordando che nella seconda guerra mondiale non c’erano “corridoi umanitari”, oppure “aiuti alimentari”, né tanto meno i bombardieri avvertivano “gli abitanti degli edifici presi di mira”. In tal senso, Alain Finkielkraut non si capacita di come si possano chiedere tutte queste tutele ad Israele, pur ritenendo che “la compassione [sia] legittima”, ma solo se “accompagnata dal discernimento“.



Alain Finkielkraut: “Israele e gli ebrei trasformati da vittime eroiche a potenze imperialiste e genocide”

Soffermandosi ancora un attimo su Israele, inoltre, il filosofo Finkielkraut ci tiene a ricordare che il paese – descritto in occidente come “conquistatore, colonialista ed espansionista” – nella realtà “è grande come un francobollo e, dal 1980, si è costantemente ridotto”: la ricompensa è stata “Hezbollah e Hamas” oltre a tutti i decenni di guerre culminati nell’ultima fase partita il 7 ottobre. Logico, in questo contesto, volersi difendere e voler vedere il proprio nemico storico sconfitto, esattamente come fecero gli Alleati con i nazisti nel parallelismo caro a Finkielkraut.



Spostandosi all’occidente e al suo clima antisemita, il filosofo non usa mezzi termini e ritiene “quello che sta accadendo orribile. Non avrei mai potuto immaginare di vivere un simile incubo”, con il sionismo nuovamente descritto come “movimento politico legato all’imperialismo, ostile al progresso” e la memoria della Shoah strumentalizzata per rendere “la vittima di ieri nel genocida di oggi”. Chiudendo, Finkielkraut si dice ancora preoccupato di una cosa: “Questa nuova sacralità apre un capitolo completamente nuovo nella storia dell’antisemitismo“, nel quale “siamo solo all’inizio”.