È morto l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, Premio Nobel nel 1984 e simbolo della resistenza contro l’apartheid in Sud Africa: con Nelson Mandela, amico fraterno, riuscirono a rappresentare un segno di speranza e riconciliazione nelle decennali guerre civili sulla segregazione razziale.
Morto a 90 anni, Tutu è stato il primo arcivescovo anglicano di colore a Città del Capo: a comunicare la scomparsa l’attuale Presidente del Sud Africa, Cyril Ramaphosa: «La scomparsa dell’arcivescovo emerito Desmond Tutu è un altro capitolo del lutto nell’addio della nostra nazione a una generazione di eccezionali sudafricani che ci hanno lasciato in eredità un Sudafrica liberato». In occasione del Freedom Day del 2014, Tutu ebbe parole molto amare per descrivere l’attuale situazione del suo Paese: «Sono contento che Mandela, anzi Madiba come lo chiamavano gli amici, sia morto, sono contento che la maggior parte delle persone come lui non ci sia più così che non possono vedere tutto questo». Va infatti ricordato che Desmond Tutu non venne addirittura invitato ai funerali dell’amico Mandela dall’ANC (African Nazionale Congress, il partito di Mandela).
SUD AFRICA, CHI ERA DESMOND TUTU
Numerose le iniziative fatte partite da Desmond Tutu nella storia recente del Sud Africa, la maggior parte delle quali realizzate grazie alla fraterna amicizia personale, religiosa e politica con Nelson Mandela: lui coniò il termine “Rainbow Nation”, nazione arcobaleno, per descrivere il suo Paese. Con i suoi scritti seppe rappresentare un punto di esempio e di riconciliazione davanti agli orrori commessi dal regime durante la segregazione dei bianchi contro la popolazione nera. Dopo la fine dell’apartheid e dopo che finalmente Nelson Mandela venne eletto presidente del nuovo Sud Africa, Desmond Tutu ideò nel 1995 – divenendone anche il primo presidente – la Commissione per la Verità e la Riconciliazione (Trc): un modo per mettere in luce quanto fosse stato doloroso e drammatico il processo di pacificazione tra bianchi e neri, con tanto di documenti sulle atrocità commesse durante i decenni di repressione razziale. L’arcivescovo operò pubblicamente il perdono completo a chi, tra i responsabili delle atrocità durante l’apartheid, avesse pienamente confessato i propri crimini: fu in questo modo “creata” da Tutu una forma di “riparazione morale” anche nei confronti dei familiari delle centinaia di migliaia di vittime. Nel 2016 in Italia sorsero diverse polemiche dopo le parole del Premio Nobel Tutu sulla possibilità di accedere all’eutanasia: «chiedo per me il diritto di decidere come e quando andarsene da questo mondo».