Sopra le nostre teste orbitano ogni giorno i cosiddetti detriti spaziali, ed è pressoché impossibile capire dove si schianteranno una volta rientrati nell’atmosfera del nostro pianeta. Si tratta di un rischio concreto destinato a diventare sempre più urgente. Un caso particolarmente eclatante si è verificato il 4 novembre con un razzo cinese inviato nello spazio e di cui non si poteva prevedere con esattezza il punto di impatto e, di conseguenza, evacuare eventuali persone in pericolo. È stato solo un fortuito caso se il razzo è alla fine precipitato nell’Oceano Indiano: pesava 22 tonnellate.



Come ha spiegato Christophe Bonnal, del dipartimento di strategia del Centre national d’études (CNES) a Tolosa interpellato dal quotidiano Le Monde, dieci giorni prima del previsto impatto del razzo cinese la zona interessata era stimata in 1,2 milioni di chilometri. Un’ora prima dell’impatto, era di 2.700 chilometri. Un’area decisamente troppo grande e imprecisa per consentire efficaci misure di sicurezza e di evacuazione della popolazione coinvolta in un eventuale pericolo. Ma non si tratta solo del razzo cinese: l’esperto ha spiegato che ogni giorno un oggetto di oltre 10 centimetri di dimensione ritorna sulla Terra dopo essere stato messo in orbita. La maggior parte di questi oggetti, spesso provenienti dai satelliti e in generale dai cosiddetti detriti spaziali, solitamente si disintegra a contatto con l’atmosfera terrestre. Tuttavia, il 10%-40% della loro massa resta intatta.



Detriti spaziali, un potenziale pericolo sulle nostre teste: “basta un millimetro di raggio per…”

Detriti spaziali, al momento gli scienziati possono prevedere soltanto dove non cadranno, ma non la zona precisa dove impatteranno sulla Terra dopo essere stati messi in orbita e aver esaurito il loro compito. Sebbene sia estremamente difficile che un frammento dei detriti spaziali possa colpire una zona abitata, che costituiscono il 3% circa della superficie terrestre, si tratta di un rischio concreto e reso ancora più imprevedibile dall’impossibilità di sapere con esattezza dove si schianteranno questi frammenti. Il numeri di satelliti in funzione è aumentato da 900 a 6.750 in appena dieci anni e, come riferisce Le Monde, si prevede che nel 2030 raggiunga quota 40.000.



L’Agenzia Spaziale Europea ha stimato 36.000 frammenti di detriti con dimensioni superiori ai 10 centimetri e 5.000 satelliti inattivi. Sarebbero milioni invece i pezzi di dimensioni inferiori al centimetro o addirittura dell’ordine del millimetro. Come ha spiegato Christophe Bonnal a Le Monde, “un detrito di alluminio di un millimetro di raggio equivale a una palla da bowling lanciata a 100 chilometri orari”. Il problema è così urgente che Paesi come gli Stati Uniti e gli operatori stanno rinunciando alla bassa orbita per posizionare i loro satelliti, in modo da tenerli lontani dai detriti spaziali e dai possibili impatti. Ma superpotenze rivali come Stati Uniti, Europa, Cina e Russia, responsabili di oltre il 60% dei detriti spaziali, dovranno cooperare per risolvere il problema.