Prevedere le recessioni è difficile a causa delle troppe variabili incalcolabili, come ad esempio il Covid o la guerra in Ucraina, tanto per rimanere in tempi recenti. Gli economisti di Deutsche Bank, tuttavia, non rinunciano a prevedere la recessione dell’economia Usa, nonostante la continua resilienza del sistema statunitense. Gli esperti dell’istituzione tedesca fondata 153 anni fa hanno messo in guardia su quello che potrebbe un “ciclo di boom e fallimento” americano. Per sostenere le loro previsioni, un team della Deutsche Bank guidato da Jim Reid, responsabile dell’economia globale e della ricerca tematica, all’inizio di questo mese ha analizzato 34 recessioni statunitensi risalenti al 1854, alla ricerca di modelli nella storia economica.



Dallo studio, il gruppo ha evidenziato quattro fattori chiave macroeconomici che hanno causato recessioni in passato: tassi di interesse a breve in rapido aumento, inflazione in aumento, inversioni della curva dei rendimenti e shock dei prezzi del petrolio. Per ciascun fattore scatenante, il team di Reid ha calcolato un “hit ratio” storico, ovvero la percentuale di volte in cui si sono verificati questi eventi che hanno portato a una recessione. Nessun singolo fattore macroeconomico può prevedere con precisione una recessione, ma tutti e quattro quelli associati ad essa si stanno verificando ora e in passato hanno portato appunto ad un crollo dell’economia, spiega Fortune.com.



Economia Usa: i fattori sintomo di recessione

Reid, del team della Deutsche Bank, ha spiegato nel corso di una discussione di follow-up dello studio: “È impossibile prevedere con precisione ogni recessione utilizzando i macro trigger. Ma è giusto dire che i fattori scatenanti più significativi sono stati violati in questo ciclo e che gli Stati Uniti tendono ad essere storicamente più sensibili a questi”. Quali sono allora, secondo il team di Deutsche Bank, i fattori che potrebbero portare ad una recessione? Innanzitutto, l’aumento dei tassi di interesse tende a pesare sulla crescita economica aumentando il costo del denaro per imprese e consumatori, il che spesso porta a recessioni. Negli ultimi 18 mesi, la Federal Reserve ha aumentato il tasso dei fondi Fed di circa 5,2 punti percentuali nel tentativo di domare l’inflazione. L’inflazione, poi, è salita al livello massimo degli ultimi quattro decenni, superiore al 9%, nel giugno del 2022: da allora è scesa a un livello molto più basso del 3,7%. Storicamente, l’economia statunitense non ha gestito molto bene i picchi di inflazione.



A seguire, il rendimento delle obbligazioni a lungo termine è superiore a quello delle obbligazioni a breve termine perché gli investitori si assumono maggiori rischi prestando i propri soldi per un periodo di tempo più lungo. A volte l’equazione può ribaltarsi per una serie di ragioni, come spiega Fortune.com. I titoli del Tesoro statunitensi sono bloccati in inversione dal luglio 2022 e, secondo Deutsche Bank, storicamente non è stato un buon segnale per l’economia. Infine, i prezzi del petrolio greggio Brent sono aumentati di circa il 33% da giugno a oltre 95 dollari al barile. Deutsche Bank ha scoperto che gli shock del prezzo del petrolio hanno meno probabilità di segnalare recessioni rispetto ad altri fattori macroeconomici, almeno negli Stati Uniti. Quando i prezzi del petrolio sono aumentati del 25% in un periodo di 12 mesi, gli Stati Uniti hanno sperimentato una recessione nel 45,9% dei casi.