Giovanna Di Benedetto di Save the Children ha evidenziato, ai microfoni di Giù la maschera su Radio Rai, un aspetto importante del fenomeno dell’immigrazione in Italia. “Il numero di minori non accompagnati arrivati quest’anno, secondo dati ufficiali del Ministero dell’Interno, è di 11.600. L’aumento rispetto allo scorso anno è notevole. Inoltre, sono sempre di più i bambini piccolissimi, sotto i 10 anni. L’incremento è stato dallo 0,2% al 2,1%”, ha rivelato.
I motivi, secondo l’esperta, sono diversi. “In alcuni casi capita perché questi minori sono stati separati dalla famiglia durante le fasi concitate della partenza, mentre in altri perché sono stati affidati a dei conoscenti per cercare di raggiungere un parente già arrivato in Italia in precedenza”. I rischi, in ogni caso, sono tanti. “I minori non accompagnati che viaggiano da soli sono particolarmente vulnerabili e sono particolarmente esposti al rischio di tratta e sfruttamento. È necessaria una cura e una protezione adeguata”, ha avvertito.
Di Benedetto (Save the Children): “Migranti non accompagnati sempre più piccoli”. Il problema
L’Italia, secondo Giovanna Di Benedetto di Save the Children, non è ancora pronta ad accogliere i migranti non accompagnati che arrivano illegalmente. “È importante che già dal momento dell’arrivo nei luoghi di sbarco, per esempio gli hotspot, vengano trasferiti al più presto in strutture a loro dedicate, quindi esclusivamente per minori, che hanno gli standard qualitativi adeguati. Quando non avviene, c’è una falla. Il sistema di accoglienza non è stato adeguatamente attuato”.
E precisa: “Sulla carta abbiamo una delle legislazioni più avanzate in Europa per quanto riguarda la protezione dei minori non accompagnati, ma di fatto certe parti non vengono attuate, per esempio mancano i centri governativi di prima accoglienza in tutte le regioni e questo provoca delle difficoltà nel sistema. Per esempio, quando i minori arrivano nei vari hotspot o nelle strutture in prossimità dei luoghi di sbarco, essendo vulnerabili dovrebbero essere tra i primi a essere trasferiti e invece sono quelli che spesso rimangono più a lungo proprio perché mancano i posti nella prima accoglienza”.