Luigi Di Maio guarda con fiducia al futuro dell’emergenza Covid-19 nel nostro Paese dopo l’accordo raggiunto al Consiglio Europea sul Recovery Fund: al netto dei rumors che danno il Governo tutt’altro che unito nel come e dove spendere quei 209 miliardi che arriveranno tra un anno, e con la spada di damocle del Mes che ancora pende sulle teste di M5s (contrari), Pd e Italia Viva (favorevoli), l’ex leader grillino racconta i dettagli del negoziato europeo ospite al Villaggio Rousseau. «Io credo che la più grande idea ribelle sia mettere in grado questo Paese di spendere quello che ha», è il tema rilanciato da Di Maio in primis al Movimento 5 Stelle e poi in realtà al Premier Conte e agli alleati di Governo. L’idea del Ministro della Farnesina è quella di eliminare ogni possibile ostacolo normativo e strutturale (a cominciare dal codice degli appalti, ma non solo) alla “potenza di fuoco” dei fondi europei in arrivo nei prossimi mesi: ottenuti i 209 miliardi, spiega Di Maio, «ora bisogna dirci: oggi la struttura normativa non è in grado di spendere questi soldi, mettiamola in discussione. Dobbiamo abolire un po’ di leggi. Cominciamo ad abolire tutte le leggi che saranno nemiche della capacita dello Stato di spendere il Recovery Fund».



DI MAIO “LODA” LA GERMANIA

Secondo l’ex vicepremier l’Europa dopo il Consiglio Ue e dopo soprattutto l’emergenza coronavirus «è davvero cambiata»: per Di Maio infatti «il Recovery Fund è figlio di tanti fattori. L’Italia ha saputo negoziare con la grande volontà di creare un piano ambizioso, ma è figlio anche di una svolta della Germania». Un Di Maio che loda Angela Merkel era qualcosa che solo un anno e mezzo fa non si poteva neanche immaginare, ma tant’é in questa lunga fase post-Covid l’Italia non può permettersi di rimanere isolata vista la crisi attuale: «la vera svolta è stata però favorita dal fatto che le nostre imprese hanno dato alle aziende di tutta Europa tantissimo in termini di qualità e di competenze, per cui se l’Italia ha una crisi economica ne risentono tanti altri sistemi industrial dell’Ue». Non poteva poi mancare l’accenno, nella casa di Rousseau dove gran parte degli inizi M5s sono stati lanciati, al referendum sul taglio dei parlamentari, un po’ la madre di tutte le riforme grilline: «Passiamo da circa mille a circa 600 parlamentari, un obiettivo che avevamo da inizio legislatura. Il governo che ha fatto saltare Salvini era anche perché non voleva tagliare il numero dei parlamentari. Ci siamo, ora siamo nelle mani dei cittadini italiani». Secondo Di Maio il vantaggio non sarebbe solo economico, ma «se noi riduciamo il numero di parlamentari ridurremo anche la complessità delle nostre proposte di legge. Spero che i cittadini votino per il sì».

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