Il “c’eravamo tanto amati” è un refrain che viene di continuo citato in questi giorni per la situazione tutta interna al M5s tra Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista: gli attacchi, le mezze parole di critica, il citare continuamente (da parte di DIbba) tutti gli errori che i Ministri grillini stanno facendo, in primis ad andare dietro a Salvini, e poi ancora la Tav e tutte le scommesse più grandi del Movimento 5 Stelle. Tutto, ma proprio tutto, vede ultimamente i due leader “naturali” post Grillo a distanza siderali, molto più di quanto già non lo sia tra Roberto Fico e il vicepremier M5s: dopo le interviste e il libro presentato “Politicamente scorretto”, è stato durissimo il messaggio lanciato da Di Maio contro il suo stesso amico e compagno di battaglie Di Battista: «Se qualcuno destabilizza il M5s con dichiarazioni, eventi, libri, destabilizza anche la capacità del Movimento di orientare le scelte di governo», il tono e soprattutto il riferimento è chiaro e da quel momento il M5s è divenuto ancora più una polveriera. La Nugnes se n’è andata ufficialmente, i ministri quasi al completo sono stati contestati ieri a Taranto per l’ex Ilva e l’indice di gradimento sulla leadership di Di Maio cala vistosamente.



DI MAIO, DI BATTISTA E LA GUERRA A 5 STELLE

È una “guerra a 5 Stelle” potremmo dire anche se con una tregua “armata” tutta tesa ad evitare troppo caos visto il peso di quanto già Di Maio deve affrontare: l’altra tregua con Salvini per evitare la procedura d’infrazione e i calcoli-strategie per l’immediato futuro. Oggi su La Stampa Ilario Lombardo riunisce alcune voci di corridoio interne al M5s che spiegherebbero il perché di un improvviso strappo tra i due leader grillini: Di Battista avrebbe voluto il Ministero agli Affari Ue, una “poltrona” per poter rientrare nella politica che conta e preparare il suo futuro sempre interno al Movimento magari anche come alternativa all’attuale compagno Di Maio. «Potevo fare il ministro e invece…»; «Ho rosicato quando i miei compagni sono diventati ministri», lo ha ripetuto più volte Di Battista in questi mesi e forse ora i nodi sono venuti tutti al pettine. Secondo Elena Fattori, dissidente assai vicina alla Nugnes, il momento della scadenza sulla leadership Di Maio sembra vicino: «Il suo mi sembra un richiamo a un’unità ormai impossibile. In un Movimento grande come il nostro esistono tante anime. Alessandro Di Battista rappresenta un pezzo di M5S e non può essere ripreso come fosse un ragazzino. Sia lui che Paola Nugnes (che ha lasciato il gruppo M5S; ndr) sono stati attivisti prima che lo fosse l’attuale capo politico. Di Maio fa di tutto per dividere, poi chiede di compattarsi». Dibba voleva un ruolo di Governo ma ora il forte rischio, raccontano ancora le voci interne al M5s raccolte da La Stampa e Italia Oggi questa mattina, è che Di Maio lo escluda più di prima: fino almeno a quando avrà la piena leadership di decidere, ovvero l’appoggio di Casaleggio.

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