La lunga “scia” del caso Renzi-Mancini arriva in pieno anche nel Movimento 5 Stelle: secondo quanto riportano oggi “Domani” e “Il Fatto Quotidiano” lo 007 incontrato da Matteo Renzi nell’ormai famoso autogrill in autostrada – svelato dal servizio di Report, con immediata replica stizzita del leader di Italia Viva («solito complottismo inutile») – in realtà ha visto anche molti altri politici negli ultimi mesi. Da Salvini a Conte, fino a Luigi Di Maio: all’inizio del 2020 il Ministro degli Esteri ha ricevuto la spia del caso Abu Omar direttamente alla Farnesina.



Fonti del Ministero raccontano al “Domani” che per quel giorno era in agenda un incontro con il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, ma con lui si presentò anche Marco Mancini. Per l’allora caporeparto del Dipartimento Servizi per l’Informazione e la Sicurezza (Dis) la volontà di una promozione appoggiato dagli uomini del Governo Conte pare fosse vicenda piuttosto consolidata – spiega Emiliano Fittipaldi sul “Domani” – ma non è su questo che si concentra l’interesse di quell’incontro al momento segreto nei suoi contenuti: «l’incontro dimostra come Gratteri, che nei giorni scorsi ha smentito seccamente di aver favorito l’incontro tra Renzi e la spia, abbia un consolidato rapporto di stima con Mancini tanto da andare a trovare insieme a lui un potente ministro della Repubblica».



CONTE ACCUSA RENZI SUL CASO MANCINI

Al di là delle teorie e retroscena partoriti di continuo in questi giorni sulla figura di Mancini, sono le parole di Gratteri a confermare il tutto ponendo anche i vertici del M5s “coinvolti” nel giro di incontri e influenze dello 007 Dis (elemento che non costituisce alcun reato, occorre ricordarlo): «ci siamo incontrati per motivi istituzionali», spiega il procuratore al “Domani”, «la presenza di Mancini non era prevista» continua Gratteri spigando che fu la spia a chiedergli di accompagnarlo da Di Miao. Nel momento dell’arrivo alla Farnesina ci fu un «rapido scambio di saluto» ma al colloquio vero e proprio Mancini rimase fuori, secondo Gratteri «Tra lui e il ministro c’è stato solo uno scambio veloce, tipo ‘piacere, piacere, sarà durato un minuto. Durante la riunione istituzionale tra me e il ministro, invece, Mancini non c’era. E naturalmente non chiesi niente per nessuno». L’incontro è avvenuto in un momento decisamente diverso da quello tra Renzi e il sottoposto di Gennaro Vecchione al Dis (da poco sostituito per scelta di Draghi da Elisabetta Belloni). Nell’incontro con Di Maio la caduta del Governo Conte-bis era ancora molto lontana, ma resta da capire il perché per diversi mesi lo 007 “discepolo” di Niccolò Pollari ebbe più volte visita dei principali leader politici italiani. «Matteo Renzi dice che Marco Mancini era mio uomo? E’ un uomo dell’intelligence, una concezione abnorme dire ‘uomo di questo o di quello’. Io sono stato il presidente del Consiglio e ho lavorato con l’Intelligence nell’ambito del mio ruolo istituzionale. L’ho incontrato in incontri ufficiali e istituzionali», ha spiegato ieri Conte a Report in merito ai suoi incontri con Mancini, «La richiesta di Mancini per diventare vicedirettore del Dis sul mio tavolo? Non entro in queste valutazioni, perché ho sempre esercitato mio ruolo con responsabilità istituzionale. Non commento aspirazioni di singoli», conclude Conte, «Siccome sono informazioni di cui sono in possesso in virtù del mio ruolo istituzionale, non credo sia opportuno fare commenti pubblici».

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